‘INCLUDENDO 360’, ECCO LA GUIDA PRATICA INTERSOCIETARIA SULLA DISABILITÀ PER INFORMARE E FORMARE MEDICI E FAMIGLIE

‘INCLUDENDO 360’, ECCO LA GUIDA PRATICA INTERSOCIETARIA SULLA DISABILITÀ PER INFORMARE E FORMARE MEDICI E FAMIGLIE

 

AIMATI (SIPPS): “I GENITORI VANNO SOSTENUTI, DOPO LA SCUOLA C’E’ VUOTO SOCIALE”. VILLANI (SIP): “STRUMENTO CHE CONSENTE DI PARLARE LINGUAGGIO COMUNE”

 

Caserta, 26 settembre – “Un tempo, quando si aspettava un bambino, i nonni ci dicevano: ‘Non importa che sia maschio o femmina, l’importante è che nasca sano e libero’. Ecco, quando si parla di disabilità quello che manca è la libertà e il primo a perderla è proprio il bambino affetto dalla patologia”. A sottolinearlo è Marina Aimati, medico di Medicina Generale, membro della Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale (SIPPS) e presidente dell’associazione ‘Il senso della vita onlus’, presentando ‘Includendo 360’, la prima Guida pratica intersocietaria sulla tutela della disabilità, promossa dalla SIPPS e sostenuta dalla Società italiana di Pediatria (SIP).

“Essere informati e aiutati non solleva i genitori di bambini disabili dalle proprie responsabilità o dal proprio dolore, ma aiuta moltissimo- continua Aimati, nel suo intervento al XXXIII congresso SIPPS in corso a Caserta- In Italia, abbiamo tante leggi che in gran parte tutelano la disabilità, ma il problema è conoscerle e saperle mettere in atto”. Da qui l’idea di realizzare una Guida in grado di informare e formare “non solo le famiglie- dice Aimati- ma tutti gli operatori che ruotano intorno alla disabilità, a partire dai medici. Io stessa- sottolinea- pur essendo un medico, quando si è trattato di mio figlio, che è un ragazzo con una disabilità cerebrale, mi sono dovuta formare perché ero totalmente impreparata sull’argomento”.

‘Includendo 360’ è un Guida che “assolve, tra i suoi compiti, soprattutto quello di creare un comune linguaggio tra famiglia del bambino con necessità assistenziali complesse e pediatri, perché spesso ci sono dei problemi che apparentemente non dovrebbero riguardare specificamente la parte della professionalità pediatrica, ma che di fatto poi investono i pediatri”, evidenzia Alberto Villani, Past President SIP. “Disporre di uno strumento che possa garantire questa unione di percorso e fare in modo che possa costituire l’elemento di un linguaggio comune- aggiunge- è sicuramente un valore aggiunto significativo”.

Il volume ha messo insieme avvocati, commercialisti, esperti di patronato, esperti di assicurazioni, insegnanti, medici e ovviamente genitori “perché è importante far incontrare tutti questi mondi diversi- sottolinea Aimati- Se, infatti, il problema si conosce allora si impara ad affrontarlo, se non si conosce è chiaro che il percorso può essere buio e faticoso”. Così faticoso che a un certo punto “molte famiglie depongono le armi- dice il medico- soprattutto quando i ragazzi crescono ed escono dalla scuola c’è un vero e proprio vuoto sociale, si rimane da soli. In molti casi uno dei due genitori deve lasciare il lavoro per seguire il proprio figlio. Il problema è la cronicità della disabilità, spesso sono condizioni che non migliorano col tempo, anzi. Un bambino disabile è ben voluto e amato da tutti, un adulto disabile è ben altra cosa”. Scuola e famiglia “sono i due ammortizzatori più importanti per la disabilità- sottolinea la presidente de ‘Il senso della vita Onlus’- ma una volta finita la scuola quello che resta sono i centri diurni, luoghi dove molto spesso si perde tutto il progresso e il lavoro che la famiglia ha fatto con grandi sacrifici di tempo, energia, denaro. Di norma, infatti- spiega Aimati- se in un centro diurno ci sono 10 ragazzi, quello meno grave si adegua a quello più grave e questo fa sì che si abbassino improvvisamente le poche competenze ottenute negli anni. Senza contare- aggiunge- che in molti centri bisogna pagare una retta e non tutte le famiglie hanno la disponibilità economica necessaria per affrontare tutte le spese che servono per sostenere il figlio disabile”.

Di qui ancor di più l’importanza di conoscere e far conoscere percorsi, strumenti e tutele legate al mondo della disabilità. “Alcune famiglie scoprono che al proprio figlio spetta un’invalidità civile o di accompagnamento magari dopo 3, 4 o 5 anni dalla diagnosi. Sono cose che non devono accadere”, rimarca in conclusione Aimati.

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