Iran: Conferenza internazionale con 1.000 ex prigionieri politici

Iran: Conferenza internazionale con 1.000 ex prigionieri politici

Il massacro e genocidio del 1988
No all’immunità, sì all’obbligo di rendere conto del proprio operato

Discorsi di Guy Verhofstadt, Franco Frattini, Giulio Terzi, John Baird e molte personalità politiche e dei diritti umani
Esperti di diritto internazionale definiscono il massacro del 1988 un genocidio e un crimine contro l’umanità

Maryam Rajavi:

  • Appello a USA e Europa perché riconoscano il massacrodel 1988 in Iran come genocidio e crimine contro l’umanità, e deferiscano il dossier delle violazioni dei diritti umani in Iran al Consiglio di Sicurezza dell’ONU.
  • Il movimento Call-for-Justice (Appello per la Giustizia) è sinonimo di perseveranza, fermezza e resistenza per rovesciare questo regime e stabilire la libertà con tutte le nostre forze. Negare il massacro, minimizzare il numero delle vittime e cancellare le loro identità è ciò che il regime cerca di fare poiché questo serve i suoi interessi e in definitiva aiuta a preservare il suo dominio.

In una conferenza in concomitanza con il 33° anniversario del massacro del 1988, più di 1.000 prigionieri politici e testimoni di torture nelle carceri e nelle segrete del regime clericale hanno chiesto la fine dell’impunità di cui godono i leader del regime e di perseguire Khamenei, Raisi, il capo della magistratura, Eje’i e altri perpetratori del massacro. Durante il massacro del 1988, basato sulla fatwa di Khomeini, il regime clericale giustiziò almeno 30.000 prigionieri politici, oltre il 90% dei quali erano attivisti Mujahedin-e Khalq (MEK/OMPI). Furono massacrati per il loro fermo impegno verso gli ideali del MEK e la libertà del popolo iraniano.

Alla conferenza hanno partecipato la signora Maryam Rajavi, presidente-eletta del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI) e centinaia di personalità politiche di primo piano, nonché giuristi ed esperti di spicco in materia di diritti umani e diritto internazionale di tutto il mondo. Alcuni dei relatori della conferenza sono stati Guy Verhofstadt, Primo Ministro del Belgio (1999-2008), Franco Frattini, Ministro degli Esteri italiano (2002-2004 e 2008-2011), Giulio Maria Terzi, Ministro degli Esteri italiano (2011-2013), John Baird, ministro degli Esteri del Canada (2011-2015), Audronius Ažubalis, ministro degli Esteri della Lituania (2010-2012), Kumi Naidoo, segretario generale di Amnesty International (2018-2020), Dominique Atias, presidente della European Bars Federation (Federazione Europea degli Ordini Forensi) dal marzo 2021, Geoffrey Robertson, primo presidente della Corte speciale delle Nazioni Unite per i crimini di guerra in Sierra Leone, Eric David, professore di Diritto Internazionale, Valeriu M. Ciuca, ex giudice della Corte dell’Unione Europea, e Gulnara Shahinian, Relatore Speciale delle Nazioni Unite sulle forme contemporanee di schiavitù (2008-2014).

Nel suo discorso, la presidente eletta Maryam Rajavi ha fatto riferimento ai circa 1.000 prigionieri politici presenti alla conferenza, che erano stati torturati sotto le dittature dei mullah e dello scià, un quarto dei quali donne, e ha affermato: “Il regime clericale voleva spezzare e abbattere ogni membro e sostenitore del MEK torturando, bruciando e fustigando. Provò tutte le tattiche malvagie, crudeli e disumane. Inflissero le torture più depravate alle detenute del MEK nelle cosiddette ‘unità residenziali’. Li rinchiusero in ‘gabbie’ per settimane e mesi per spezzare il loro spirito di resistenza. Infine, nell’estate del 1988, ai membri del MEK fu offerta la possibilità di scegliere tra la morte o la sottomissione insieme alla rinuncia alla loro lealtà al MEK. Tuttavia, la generazione che aveva intrapreso questa strada ispirata da Massoud Rajavi [il leader della Resistenza iraniana] e desiderosa di libertà ha resistito eroicamente nelle carceri, sotto tortura e nelle condizioni più dure. Anche quando dovettero scegliere tra la resa e l’esecuzione, rimasero coraggiosamente aderenti ai loro principi: il rovesciamento del regime clericale e l’instaurazione della libertà per il popolo”.

La signora Rajavi ha affermato: “Il massacro del 1988 è un chiaro esempio di genocidio. Nel gennaio 2010, Ebrahim Raisi, l’attuale presidente del regime, dichiarò: ‘Tutti i Mojahedin sono nemici di Dio e punibili con la morte’. Pertanto, il raduno di 1.000 ex prigionieri MEK è un capitale unico per il Movimento ‘Appello per la Giustizia’ e per il movimento di Resistenza che cerca di rovesciare il regime… Questa straordinaria assemblea è la punta di una grande piramide nella società iraniana che consiste in centinaia di migliaia di ex prigionieri torturati e nelle famiglie di 120.000 martiri per la causa della libertà. Insieme ai loro compagni d’armi ad Ashraf-3, formano il cuore pulsante della resistenza nazionale organizzata del popolo iraniano”.

La signora Rajavi ha affermato che la nomina di Ebrahim Raisi a presidente è stata un’aperta dichiarazione di guerra al popolo iraniano e all’OMPI/MEK, che è al centro dell’esercito della libertà del popolo iraniano. Evidenziando che il movimento Appello per la Giustizia non è un fenomeno spontaneo, ha aggiunto: “Per noi, il movimento Call-for-Justice è sinonimo di perseveranza, fermezza e resistenza per rovesciare questo regime e stabilire la libertà con tutte le nostre forze. Per questo motivo, negare il massacro, minimizzare il numero delle vittime e cancellare le loro identità è ciò che il regime cerca di fare poiché questo serve i suoi interessi e in definitiva aiuta a preservare il suo dominio. Nascondere i nomi e distruggere le tombe delle vittime serve allo stesso scopo. Come si può cercare di distruggere il MEK, schiacciare le sue posizioni, i suoi valori e le sue linee rosse, eliminare il leader della Resistenza e definirsi un simpatizzante dei martiri e cercare giustizia per loro? Questo è lo stratagemma dei servizi segreti dei mullah e dell’IRGC [Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica] per distorcere e deviare il movimento per l’appello alla giustizia e minarlo”.

La presidente-eletta dell’opposizione iraniana ha invitato gli Stati Uniti e l’Europa a riconoscere il massacro del 1988 come genocidio e crimine contro l’umanità. “Non devono accettare Raisi nei loro Paesi. Devono perseguirlo e chiamarlo a rispondere del suo operato” – ha aggiunto. La signora Rajavi ha inoltre ribadito il suo appello al Segretario Generale delle Nazioni Unite, all’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, al Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, ai Relatori Speciali delle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali per i diritti umani a visitare le carceri del regime iraniano e incontrare i prigionieri, soprattutto i prigionieri politici. Ha aggiunto che il dossier sulle violazioni dei diritti umani in Iran, in particolare per quanto riguarda la condotta del regime nelle carceri, dovrebbe essere presentato al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.

Nelle sue osservazioni, Geoffrey Robertson, primo presidente della Corte Speciale delle Nazioni Unite per la Sierra Leone, ha affermato: “Da secoli uccidere i prigionieri è un crimine. La differenza è che se si tratta del particolare crimine di genocidio, esiste una Convenzione internazionale che vincola gli Stati ad agire e punire quel genocidio”.
Riferendosi alla fatwa di Khomeini che chiedeva l’annientamento del MEK e li definiva ‘Mohareb’ (nemici di Dio), usata dal regime come base del massacro, ha ribadito: “Mi sembra che ci siano prove molto forti che questo sia stato un genocidio. Questo si applica all’uccisione o alla tortura di un determinato gruppo, ad esempio per le credenze religiose. Un gruppo religioso che non ha accettato l’ideologia arretrata del regime iraniano… Non c’è dubbio che ci sia motivo di perseguire [il presidente del regime Ebrahim] Raisi e altri. È stato commesso un crimine che impegna la responsabilità internazionale. Bisogna fare qualcosa al riguardo come è stato fatto contro gli autori della strage di Srebrenica”.

Kumi Naidoo, già segretario generale di Amnesty International (2018-2020), ha dichiarato: “Il massacro del 1988 è stato un massacro brutale e sanguinario, un genocidio. È commovente per me vedere la forza e il coraggio delle persone che hanno attraversato tanto e hanno visto tante tragedie e sopportato queste atrocità. Vorrei rendere omaggio a tutti i prigionieri del MEK e applaudirvi… L’UE e la più ampia comunità internazionale devono assumere un ruolo guida su questo tema. Questo governo, guidato da Raisi, ha colpe ancora maggiori sulla questione della strage del 1988. I governi che si comportano in questo modo devono riconoscere che tale comportamento non è tanto una dimostrazione di forza quanto un’ammissione di debolezza”.

Anche Eric David, esperto di diritto internazionale umanitario, ha confermato la caratterizzazione di genocidio e crimini contro l’umanità per la strage del 1988.

Franco Frattini, ex ministro degli Esteri italiano (2002-2004 e 2008-2011) e commissario europeo per la Giustizia, la libertà e la sicurezza (2004-2008) ha dichiarato: “Le azioni del nuovo governo iraniano sono in linea con la storia del regime. Il nuovo ministro degli Esteri ha prestato servizio sotto i precedenti governi. Non c’è differenza tra conservatori e riformisti. È lo stesso regime. Lo conferma la vicinanza del ministro degli Esteri al comandante della Forza Quds. Ha anche confermato che continuerà il percorso di Qassem Soleimani. Infine, spero in un’indagine indipendente senza limitazioni sul massacro del 1988. È in gioco la credibilità del sistema delle Nazioni Unite. Il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha un dovere morale. L’ONU ha questo dovere morale per le vittime innocenti. Battiamoci per la giustizia. Andiamo avanti con la richiesta di una seria indagine internazionale”.

Giulio Terzi, ex ministro degli Esteri italiano (dal 2011 al 2013), ha dichiarato: “Oltre il 90% delle persone giustiziate nel massacro del 1988 erano membri o sostenitori del MEK. Quei prigionieri scelsero di rimanere a testa alta rifiutandosi di rinunciare al loro sostegno al MEK. Molti hanno chiesto un’indagine internazionale sulla strage del 1988. L’Alto Rappresentante dell’Unione Europea Josep Borrell dovrebbe porre fine al suo consueto approccio al regime iraniano. Dovrebbe incoraggiare tutti gli Stati membri delle Nazioni Unite a chiedere che i dirigenti dell’Iran siano chiamati a rispondere per quel grande crimine. Ci sono migliaia di persone che si aspettano un approccio più assertivo da parte della comunità internazionale, in particolare dell’Unione Europea”.

Guy Verhofstadt, ex primo ministro del Belgio (dal 1999 al 2008), ha dichiarato: “Sono ancora scioccato da quello che accadde nel 1988. Il massacro del 1988 prese di mira un’intera generazione di giovani. È fondamentale sapere che questo era stato pianificato in anticipo. Fu pianificato ed eseguito rigorosamente con in mente un chiaro obiettivo. Si qualifica come genocidio. Il massacro non è mai stato ufficialmente indagato dalle Nazioni Unite e gli autori non sono stati incriminati. Continuano a godere dell’impunità. Oggi il regime è guidato dagli assassini di allora”.

Anche John Baird, ex ministro degli Esteri canadese (2011-2015), ha parlato alla conferenza e ha condannato il massacro del 1988, unendosi alla richiesta di un’indagine internazionale su questo crimine contro l’umanità.

Audronius Ažubalis, ex ministro degli Esteri della Lituania (2010-2012), ha affermato: “Nessuno ha ancora affrontato la giustizia per questo crimine contro l’umanità. Non c’è la volontà politica di chiedere conto ai colpevoli. Un’indagine delle Nazioni Unite sul massacro del 1988 è d’obbligo. L’Unione Europea ha ignorato questi appelli, non ha mostrato alcuna reazione e non si è preparata a mostrare una reazione. Voglio invitare l’UE a sanzionare il regime per i crimini contro l’umanità. Penso che la Lituania possa assumere un ruolo guida su questo tra i membri dell’UE”.

Segretariato del Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran (CNRI)
27 agosto 2021

 

 

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