IL PUNTO n. 827 del 25 agosto  2021 di MARCO ZACCHERA

SOMMARIO: CROLLO VACCINALE – LAMORGESE INADEGUATA – RITORNO A SCUOLA (?) – PINETA MUSSOLINI – Approfondimento: DISONORE A KABUL

 

Ai lettori!

Visto che d’estate non si devono disturbare troppo i lettori, come ogni anno IL PUNTO si prende  un po’ di relax e ricordo che fino a settembre uscirà in linea di massima OGNI QUINDICI GIORNI anziché settimanalmente. Buone vacanze a chi le ha fatte, le sta facendo oppure le farà (e solidarietà per chi invece come me è dovuto restare a casa…).

 

CROLLO VACCINALE

Siccome “Tutto va ben madama la marchesa” NON si deve  ricordare attraverso i media che i numeri delle vaccinazioni in Italia sono drammaticamente calati rispetto alla primavera. Siamo ormai largamente sotto i 250.000 vaccinati al giorno rispetto ai 5/600.000 che erano stati ipotizzati. Il risultato è che neppure a settembre si raggiungerà l’immunità di gregge nonostante le molte promesse e le dichiarazioni del generalissimo Figliuolo. Le classi più giovani di età sono tuttora largamente scoperte, così come gli under 50. Davanti all’impennata dei casi forse qualcuno dovrebbe riflettere sulla OBBLIGARIETA’ del vaccino in molte situazioni, anche per incentivarne la somministrazione tra i giovani. So che diversi lettori non condividono, ma credo che vaccinarsi sia un dovere, ferme restando doverose critiche doverose al “sistema” e al business vaccinale.

 

LAMORGESE INADEGUATA

La ministro dell’interno Luciana Lamorgese mi sembra del tutto inadeguata al suo ruolo e soprattutto contraddice con la sua azione una linea di governo che dovrebbe avere un ben diverso profilo.

A parte la questione immigrazione che si subisce e basta senza nessuna controindicazione o iniziativa politica, ci hanno messo meno tempo i Talebani a riconquistare l’Afghanistan che l’ineffabile ministro a far sgombrare un accampamento di drogati a Viterbo senza autorizzazioni, controlli e permessi. Anzi, la ministro non ha fatto né ordinato nulla visto che dopo sei giorni i “campeggiatori” se ne sono andati tranquillamente per fine party senza essere stati minimamente disturbati nonostante ci sia anche scappato un morto. Violate le norme Covid, spaccio in libertà, nessuna regola e nessuna sanzione visto che evidentemente la legge NON è uguale per tutti.

 

SI RITORNA(?) A SCUOLA

Chissà che fine hanno fatto le centinaia di migliaia di banchi a rotelle acquistati l’anno scorso di questi tempi dalla ministra Azzolina e che non sono serviti assolutamente a nulla. Chissà perché il governo (e la Corte dei conti) non intervengono per questo spreco di milioni di euro, né inquisiscono l’ex supercommissario Arcuri che tra mascherine, banchi, e acquisti cinesi ne ha fatte più di Bertoldo, ma che pacificamente continua a trascorrere i suoi mesi dopo aver ricevuto –  anziché avvisi di garanzia – altre consulenze governative.

Tra pochi giorni dovrebbe riaprire la scuola per il nuovo anno scolastico, ma siamo ancora praticamente sempre allo stesso punto da mesi: niente certezze, vaccini “si-no-si-no-forse”, professori ed aule che mancano…insomma il solito caos.

 

PINETA MUSSOLINI

Non c’è pace per ANALDO MUSSOLINI, fratello del Duce, cui a Latina il leghista Durigon vorrebbe fosse re-intitolato il parco già a suo nome. Mentre il sottosegretario rischia il posto, a Sormano (Como) un incendio ha bruciato una pineta e dalla cenere delle sterpaglie è saltato fuori un cippo che intitolava la pineta allo stesso fratello del Duce.

Apriti cielo: il sindaco Giuseppe Sormani (di sinistra) vorrebbe mantenere la lapide che non dà fastidio a nessuno considerandola una “memoria storica” ma – poteva mancare? – è saltata fuori l’ANPI di Como che è insorta: «Nome da cancellare immediatamente! Bisogna togliere qualsiasi riferimento ai criminali fascisti e basta, senza possibilità di equivoci e poco cambia se l’intitolazione è ad Arnaldo e non a Benito Mussolini. Per noi devono essere eliminate a prescindere tutte queste intitolazioni. Stiamo avviando piuttosto una battaglia per dedicare luoghi, piazze e parchi a persone che hanno lottato per la libertà contro il fascismo, questo è importante. Nessuno a Sormano si ricordava di quella intitolazione, ora che è stata riscoperta bisogna eliminarla e basta, senza lasciare spazio a equivoci». Quando l’antifascismo scende a questi livelli viene da pensare che ai tempi del Duce almeno i boschi li piantavano, adesso al massimo li bruciano.

Ps. Segnalo all’ANPI di Verbania che sulle mappe catastali risulta che tutto il versante nord del Monterosso sia stato rimboschito nel bieco ventennio con quello che è tuttora denominato in catasto “Bosco del Littorio”. E adesso, come la mettiamo?!

 

Approfondimento:  DISONORE A KABUL

“Ma come si potrà mai controllare questo paese?” Me lo chiedevo quando – a bordo di un G 222 della nostra aeronautica militare – da Abu Dhabi volavo verso Kabul sorvolando   per   ore   montagne   e   montagne   tra   vallate   brulle   e   desolate,   che sembravano susseguirsi all’infinito. Era il 2003, da pochi mesi era operativo un nostro contingente in Afghanistan e volevo capire, vedere, rendermi conto di come fosse la situazione… Kabul sembrava Pompei, si girava scortati tra le macerie, mentre oggi è (era) una città   caotica,  inquinata,   sporca,   in   un   caos   urbanistico   cresciuto   tra   mille contraddizioni, governata soprattutto dalla corruzione. Tra parabole TV, cellulari, karaoke e polvere sono ora tornati – più forti, ma soprattutto più furbi di prima – i vecchi padroni e mi chiedo come sarà la vita nella Kabul di domani.

 

Oggi in me prevalgono rabbia, vergogna, preoccupazione e tristezza: sono i sentimenti che mi hanno colto quanto i talebani sono entrati a Kabul vedendo sfasciarsi in poche ore – come ampiamente annunciato – il castello di carta della presunta presenza occidentale in Afghanistan e lo stato-fantoccio che faceva finta di governare il paese o almeno le sue città principali. Va dato atto che la guerra in Afghanistan non è riuscita a risolvere nessuno dei problemi che pretendeva di risolvere. Il terrorismo, le atrocità dei talebani, le crudeltà contro le donne e le bambine, le violazioni dei diritti umani, la produzione e il commercio della droga: se ci fosse un ipotetico tribunale politico internazionale gli USA con in testa il presidente Joe Biden e l’intero Occidente dovrebbero essere condannati dalla storia.

Una sentenza non per la decisione di lasciare l’Afghanistan che aveva ed ha una sua logica, ma per l’evidente impreparazione, faciloneria e assurdità di comportamento nell’applicare un ritiro previsto da tempo, ma organizzato nel peggior modo possibile.

Il risultato di questa catastrofe militare e di intelligence è stato che non solo si è lasciato nella assoluta disperazione una popolazione intera che aveva credito in una qualche forma di miglioramento sociale dopo 20 anni di presenza occidentale, ma si è consegnato agli estremisti islamici un incredibile arsenale di armi sofisticate e pericolose che potranno essere utilizzate nel mondo in qualunque scenario terroristico internazionale. Una fuga così incredibile da consegnare armi, munizioni, droni, aerei, elicotteri, artiglieria: tutto intatto e pronto all’uso.

Non solo, l’Afghanistan tornerà e continuerà ad essere ufficialmente il crocevia della droga – soprattutto di oppio ed eroina – con i talebani che potranno continuare su sempre più larga strada ad impestare il mondo in stretto contatto con i cartelli narcotraffici ed autofinanziandosi avvelenando le gioventù occidentali. Un aspetto che Saviano ha giustamente rilanciato perché è un clamoroso “buco nero” nelle ricostruzioni storico-politiche di questi giorni.

In più si è dato mano libera alla Cina di impossessarsi del cuore dell’Asia con le sue materie prime, con i pachistani che potranno diventare sempre più potenza regionale contro l’India (vedrete, altro conflitto incombente) e permettendo al premier turco Erdogan di aumentare i prezzi del suo consueto ricatto-rifugiati.

Come Biden e come al solito l’Europa è rimasta annichilita e sorpresa, incapace di una qualsiasi reazione che sia andata al di là delle parole e delle frasi fatte e dove la polemica è ora sull’accoglienza dei futuri rifugiati, ma dove nessuno sembra aver pensato a quanto sarebbe successo.

C’è infatti modo e modo di ritirarsi e Biden ha permesso (e voluto?) che si realizzasse nel modo peggiore senza minimamente organizzare con gli alleati una strategia nella ritirata ritardandone gli effetti e mettendo prima in salvo – anche attraverso convogli umanitari su terra – la migrazione volontaria di chi si era “compromesso” con la democrazia.

L’Afghanistan torna ora indietro di decenni e pensare che 60 anni fa era un paese progredito dove le ragazze giravano in minigonna, frequentavano l’università e c’era un volo regolare dell’Alitalia che collegava Kabul a Roma.

Non è un caso che la credibilità del presidente Usa sia ai minimi storici e che perfino i democratici comincino a chiedersi i perché di questa catastrofe, oltre che i suoi evidenti limiti personali e di impotente “comandante in capo”.

Tra l’altro siamo tutti rimasti colpiti dalle immagini di Kabul, ma non sappiamo nulla di quanto succede nelle altre città. Ad Herat, per esempio, nell’area controllata dai militari italiani per tanti anni, che cosa sarà effettivamente successo a chi aveva collaborato con noi?

Impossibile verificare, come arrivare da Herat a Kabul senza essere depredati, mentre casa per casa si moltiplicano le vendette ed i rastrellamenti dei “collaborazionisti” che avevano solo avuto il torto di credere agli “occupanti” che si sono invece dimostrati assolutamente incapaci di mantenere un minimo della parola data, italiani compresi.

Adesso si parla di fare entrare in Italia alcune migliaia di persone che avevano collaborato con la nostra presenza militare, ma che avverrà dei loro parenti e di tutti gli altri che si ritrovano obbligati a seguire la Sharia?

Penso agli insegnati, agli avvocati, ai giudici che avevamo formato in Italia per un codice che ora non vale più nulla perché imperverserà solo nuovamente l’ottuso medioevo musulmano.

L’esercito di Kabul si è dissolto, ma è crollato perché improvvisamente è venuto meno qualsiasi appoggio esterno ed internazionale con i soldati che sono rimasti senza speranze, garanzie e vie di fuga. In situazioni come queste quando ti senti sconfitto e circondato diventa naturale cedere le armi: nessuno ci aveva pensato?

Ci preoccupiamo ora per le donne afghane, ma non ho sentito i vari leader dei diritti umani o gender alzare la voce e soprattutto imporsi con atti concreti all’attenzione dei politici nostrani, che una volta di più hanno denunciato un pressapochismo mostruoso. Ma come può un ex presidente del consiglio come Conte parlare di “talebani distensivi” facendo il paio con l’ineffabile nostro ministro degli esteri che nel pieno della crisi era in Puglia in vacanza e non ha sentito neppure la necessità di ritornare precipitosamente a Roma? Quale dialogo si può mai intavolare con dei tagliagole senza avere almeno un punto di forza, una alternativa politica o diplomatica? Non sarebbe (non è) un dialogo ma una resa, come è avvenuto ed avverrà.

Lo stesso dialogo interreligioso come può essere minimamente credibile quando dall’altra parte c’è un estremismo violento, bigotto ed assoluto? D’altronde quanti sanno che in 20 anni di occupazione occidentale in Afghanistan era però rimasto l’obbligo di non poter svolgere alcuna funzione religiosa cristiana e che l’unica cappella cattolica era all’interno della nostra ambasciata?

Forse – oltre che di dialogo – in Vaticano si potrebbe finalmente cominciare anche a chiedere con un minimo di determinazione anche un rispetto reciproco e la tutela dei diritti dei cristiani che restano nei paesi islamici, temi però scomodi e quindi poco approfonditi per una Chiesa che vuole essere sempre più “sociale” ma che sempre di meno sembra credere in sé stessa.

Ci sono poi le note di contorno come la fuga del nostro ambasciatore da Kabul con il primo volo (onore al console Tommaso Claudi che è invece rimasto sul posto) richiamato in Italia nella logica del “Non vogliamo diventi un ostaggio” quando la nostra ambasciata e le nostre caserme potevano essere il punto di ritrovo più logico (e difeso) per recuperare chi aveva collaborato con noi, anziché far correre tutti in aeroporto dove prima i fuggitivi vengono spogliati dei loro beni da miliziani e banditi comuni, poi rischiano la vita tra la folla. Incredibile e sconcertante vedere poi l’ambasciatore in fuga circondato da armati a Fiumicino (!!!) quasi rischiasse anche in patria chissà che cosa.

Ma la domanda vera, irrisolta, drammatica è quella che tutti ci poniamo: l’Occidente ha ancora un senso, uno spirito di sacrifico, un minimo di volontà comune nel proteggere e diffondere i propri valori fondamentali? Un nugolo di dichiarazioni, incontri, chiacchiere, auspici e speranze ma –  nel concreto – a Kabul ancora una volta è sembrato proprio di no.

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Un saluto a tutti                               MARCO ZACCHERA

 

 

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