Il tempo del tradimento è la negazione della proprio consapevolezza in disonore di salvezza

Pierfranco Bruni

Una donna incontrata sul monte Tabor mi parlò con le parole e senza le parole. Non soltanto con la voce. Aveva sguardi immensi e fedeli. Non era una zingara venuta dall’Est.
Prese la mia mano e con un suo dito, l’indice, scrisse tra le pieghe una nuvola e poi allungò le ombre tra le rughe.

Mi disse:
“La vita sembra inavvicinabile e inavvertibile fino a quando non scopri il dolore. Quello che scava, quello che è profondo sprofondando tra le macerie. Ma non bisogna mai temere. L’importante è che non affidi il tuo cammino alla luce. La luce è semplicemente una illusione. No! Devi invece arrivare all’ombra. Devi trovare l’ombra e convivere con le penombra e i lanci di riflessi portati dal vento in brughiera. Ricordati di amare il necessario. L’amore si interesserà a te se lo riterrà opportuno. Ama per congiungerti. Ama ciò che in te già esiste. Sii maestro di te stesso e vivi come se accanto ci fosse solo deserto. Non ti fidare mai. Non credere a chi giura fedeltà. La fedeltà e il perdono non esistono. Sono invenzione per ingannare. Trovati nelle ombre senza temerle perché non sono definizione”.

Restai stupito. Perplesso. Attonito. Non capii nello spazio dell’immediato. Le parole non sono cose o oggetti. Lo so. Essere affidabili non è neppure una virtù o un’etica. L’affidabilità è un fallimento perso tra le strade di Gerico.
Il tempo è una enigma risonanza che percepisce onde magiche. Ma l’età scompare proprio nel tempo.
C’è un paradosso in cui l’assurdo vorrebbe sostituirsi alla chiarezza, ovvero alla chiarità. Impossibile. Una volta credevo che tutto favoleggiasse intorno al possibile necessario. Oggi è necessario, invece, che si imponga l’impossibile. L’impossibile necessario, a volte, diventa una salvezza o la salvezza.
Si cammina non per andare oltre ma per restare dentro. La inaffidabilità è resa tale per aver dato alla affidabilità l’espressione più alta senza rendersi conto che la menzogna è la dominatrice nella vita corruttibile. La vita non solo si corrode ma è un agguato tra il tempo della falsa misericordia e la penombra della ricerca.  Bisogna sentirsi umani nella penombra. Non disumani nella misericordia.
La donna incontrata sul monte Tabor non era una zingara. Osservava le stelle danzanti. Eppure non c’era il buio. Ma lei vedeva e non aveva bisogno della notte o del chiaro del mattino. Penetrava. Mi tenne ancora la mano e mi parlò sempre non usando le parole.

Cosi:
“Tutto ciò che accade accade perché è inevitabile il non accadere. La prova del cerchio è qui. Riscopri la solitudine perché è bellezza e libertà. È ciò che tu stesso chiami spesso metafisica, ovvero essere liberi, sentirsi liberi, restare liberi. Solo la solitudine non condiziona. Perché non chiede. Perché non ha tenerezza ma la dolcezza della tenacia. Perché non pone compromessi. L’inaffidabilità nasce dal compromesso e dall’aver venduto al mercato delle terze scarpe la propria dignità. Dignità? Scusami. È un termine antico ora che leggerezza ha preso il sopravvento. La luce è una leggenda della leggerezza. L’ombra no. L’ombra è il profondo che scalfisce il sottosuolo rendendolo corpo vagante. L’ombra non oggetto. Gli oggetti sì. Ci sono uomini che sono oggetti. E persone che conoscono la bellezza delle ombre e il fascino delle parole in spazio di penombra. Pensare ad una scelta è quell’impossibile che credevi possibile. Il tempo ha le parole che non ha scelto. Perché? Siamo eredi! Convinciti che le religioni sono la morte di Dio. I miti sono la morte degli Dei. La moralità è un moralismo degli imbecilli. Il perdono serve per chi crede di purificarsi uccidendo la fedeltà. Il silenzio è restare immensamente in solitudine senza mai sentirsi soli. Il resto aggiungiamo tu”.

Si concedò con questo suo ultimo dire. L’ho cercata la donna del monte Tabor in altri luoghi tempi spazi. Non ha senso cercare. Ritornerà. Tra le ombre e le parole non ci sono abissi. Soltanto penombre. Gli oggetti hanno ombre sempre o quasi. Le parole no se non diamo ad esse delle considerazione metaforiche. Gli oggetti sono cose. Le parole sono spazi di pensieri.

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