La teoria bioregionale ha destato l’interesse di scienziati, ecologisti, agronomi, ed economisti di tutto il mondo.

Ad oggi, è possibile attingere a numerose definizioni di “Bioregione” e “Bioregionalismo”, fornite dalle più varie personalità mondiali e sulla base di approcci eterogenei. Nel complesso, si può affermare che tutti concordano nel sostenere che per “bioregione” si intende “un territorio non delimitato da confini politici o amministrativi ma da confini ‘oggettivi’ (ecosistemi naturali) e ‘soggettivi’ (identità sociali); quindi un’area geografica circoscritta da limiti fisici e da un’omogeneità ambientale e naturale degli ecosistemi (clima, suolo, flora, fauna) e delle caratteristiche sociali delle comunità locali(costumi, tradizioni, identità collettiva, senso di appartenenza al territorio)”.

Per quanto riguarda la definizione di “bioregionalismo”, la questione è più complessa: nelle intenzioni dei suoi fondatori, il
bioregionalismo è una scelta di vita prettamente ideologica e radicale che comporta, in primo luogo, l’esperienza dell’ecologia profonda, dell’auto sostentamento e dell’autosufficienza, è la capacità degli abitanti di una bioregione di organizzarsi autonomamente e di reperire tutte le risorse di cui necessitano entro i confini della propria bioregione, annullando la pratica del trasferimento di risorse nello spazio e nel tempo ed estendendo, dunque, il concetto di sostenibilità all’intero ecosistema e non soltanto in riferimento all’ambiente naturale e alle sue risorse.

Comunque, il bioregionalismo prevede una scelta di vita che evita l’inquinamento e lo speco, che promuove la conservazione e il riciclaggio, che valorizza i prodotti tipici della regione, che adatta i sistemi produttivi ai caratteri ambientali del luogo e che, soprattutto, implica un ridimensionamento al livello locale della gestione delle risorse naturali, come punto di partenza imprescindibile per un qualsivoglia tentativo di sostenibilità ambientale.

In Italia il “movimento bioregionale” si è andato affermando agli inizi degli anni ’80 coordinato da un gruppo di attivisti riconducibili al giornale “AAM Terra Nuova” ed al periodico “Frontiere”.

Nel 1996 a Monterufeno  nasce la Rete Bioregionale Italiana, “un insieme di gruppi, associazioni, comunità e singole persone che condividono l’idea bioregionale e in prima persona, nel proprio luogo, si danno da fare per praticarla”. In breve tempo, la Rete, attraverso incontri periodici, diffusione di newsletter, pubblicazioni a vario titolo e contributi all’interno di riviste specializzate, diventerà il principale punto di riferimento nazionale per tutti coloro che, in un modo o nell’altro, intendono intraprendere una scelta di vita bioregionalista.

Coerentemente con il carattere prettamente locale della pratica bioregionalista e, considerando che “l’idea bioregionale è ispirata dai sistemi naturali”, anche la struttura organizzativa
interna della rete mira al decentramento della “gestione” eliminando figure che rivestano ruoli dirigenti nazionali, ritenute poco utili, e limitandosi a costituire un Coordinamento di referenti tematici formato da soggetti con qualifiche diverse, ognuno dei quali, secondo le proprie competenze, porta avanti le specifiche attuazioni del bioregionalismo.

Rete Bioregionale Italiana – bioregionalismo.treia@gmail.com


Carta degli intenti della RBI:    http://retebioregionale.ilcannocchiale.it/?r=28856  

 

Fonte: https://bioregionalismo-treia.blogspot.com/2021/06/bioregionalismo-e-finalita-della-rete.html

 

 

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