ROMA, 16.06.21- I volontari e le volontarie di Greenpeace sono entrati in azione ieri dal Nord al Sud del Paese per chiedere di cambiare il nostro sistema di produzione di cibo e abbandonare il sistema degli allevamenti intensivi. Gruppi di volontari dell’associazione ambientalista hanno allestito dei punti informativi di fronte ai supermercati con “carrelli parlanti” che mostravano le conseguenze ambientali e sanitarie della zootecnia intensiva, mentre dei finti spot promozionali invitavano a scoprire le “offerte sconvenienti” del sistema degli allevamenti intensivi.
“La produzione intensiva di carne è uno dei principali motori di deforestazione e perdita di biodiversità, due importanti fattori di rischio per il verificarsi di epidemie, perché possono favorire nuovi salti di specie (spillover) di virus e batteri dagli animali agli esseri umani. Negli allevamenti intensivi, inoltre, tanti animali sono costretti a vivere in spazi ristretti: un ambiente ideale per il proliferare di agenti patogeni come i coronavirus e i virus dell’influenza. Anche se non compare in etichetta, il rischio di nuove epidemie è un prezzo troppo alto da pagare per continuare a produrre sempre più carne a basso costo”, dichiara Simona Savini, campagna Agricoltura di Greenpeace Italia.
Invertire la rotta è possibile: Greenpeace chiede al governo di usare i fondi pubblici per accompagnare una transizione ecologica del settore, sostenendo economicamente le aziende che producono su piccola scala e gli allevatori che intendono uscire dal modello intensivo riducendo anche il numero degli animali allevati. Questo dovrebbe essere un pilastro delle politiche agricole che l’Italia dovrà definire entro dicembre 2021.
La scorsa settimana gli attivisti e le attiviste di Greenpeace erano invece entrati in azione davanti al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali (Mipaaf), riuscendo a ottenere un incontro con il ministro Stefano Patuanelli, che si è mostrato favorevole al confronto sulle proposte dell’associazione per superare il problema posto dagli allevamenti intensivi italiani.
Firma la petizione: stopallevamenti.greenpeace.it