False identification and true identity – Falsa identificazione e verà identità

“Identifying oneself with a specific shape name absolutely does not correspond to the truth and moreover if one identifies with the” person “one cannot help but assume its strengths and weaknesses, to welcome its nuances and stains, but we are Harlequin or Pulcinella? ” (Saul Arpino)

Spiritual experience and stable self-realization.

In truth “I” (as consciousness) I observe the character who can manifest himself only through my conscious observation. I don’t judge him, I love him as I love anyone who enters my conscious sphere.

The experience of the ultimate state, of consciousness free from identification, is exhibited in various spiritual schools such as: Satori, Holy Spirit, Samadhi, Shaktipat, etc. It is usually understood that this experience of “awakening” to one’s nature is consequent to a particular condition of openness in which the “grace” of the Self (pure Awareness) can manifest itself and impart knowledge of what we have always been and always will be.  Unfortunately, due to the accumulation of “vasana” mental tendencies, the lived experience does not always stabilize in permanent realization.

The awakening therefore does not correspond to the realization (or only in rare cases of full spiritual maturity). And here we are faced with a paradox, on the one hand there is the unequivocal awareness of the ultimate state that can never be erased, on the other a partial obscuring of this truth following the residual activity of the vasanas that continue to operate in the mind of the seeker …

Once revealed, knowledge takes time to stabilize. The Self is certainly within the direct experience of everyone, but not as one can imagine, it is simply what it is. This “experience” is called samadhi. But due to the fluctuation of the mind, knowledge takes practice to stabilize.

Therefore the work of the lay spiritual seeker consists in eliminating the vasanas. A great help in this cleansing work – as Ramana Maharshi stated – results in being near a realized saint, so the vasanas cease to be active, the mind becomes quiet and samadhi occurs. In this way the seeker gets a correct experience in the presence of the teacher.

One practice to keep awareness fixed on the Self (Noumenon or real subject) is the questioning of “who am I?”, And if thoughts arise during self-inquiry, one should ask “to whom do these thoughts arise?” . In this way it will be possible to remain as long as possible on the sense of presence, without giving an objective identification to this pure subjective identity.

To keep this experience stably, an effort is necessary and finally the seeker will know his true nature even in the midst of everyday life. this is the state that lies beyond our effort or lack of effort.

From here we understand the importance of “awakening” for which, once the “joy of the Self” has been tasted, the seeker cannot help but turn to it repeatedly trying to regain it.

Once the joy of peace has been experienced, no one will want to turn to some other research.

Paolo D’Arpini

Fonte: https://bioregionalismo.blogspot.com/2021/06/false-identification-and-true-identity.html

 

Testo Italiano: 

“Identificarsi con uno specifico nome forma non corrisponde assolutamente al vero ed inoltre se ci si identifica con la “persona” non si può fare a meno di assumerne i pregi ed i difetti, di accogliere le sue sfumature e macchie, ma siamo noi Arlecchino o Pulcinella?” (Saul Arpino)

In verità “io” (in quanto coscienza) osservo il personaggio che solo attraverso la mia osservazione consapevole può manifestarsi. Non lo giudico, gli voglio bene come voglio bene a chiunque entri nella mia sfera cosciente.

L’esperienza dello stato ultimo, della coscienza libera da identificazione, è esposta in varie scuole spirituali come: Satori, Spirito Santo, Samadhi, Shaktipat, etc. Di solito si intende che questa esperienza di “risveglio” alla propria natura sia conseguente ad una particolare condizione di apertura in cui la “grazia” del Sé (la pura Consapevolezza) può manifestarsi ed impartire la conoscenza di quel che sempre siamo stati e sempre saremo. Purtroppo dovuto all’accumulo di tendenze mentali “vasana” non sempre l’esperienza vissuta si stabilizza in permanente realizzazione.

Il risveglio quindi non corrisponde alla realizzazione (oppure solo in rari casi di piena maturità spirituale). E qui ci troviamo di fronte ad un paradosso, da un lato c’è la consapevolezza inequivocabile dello stato ultimo che non può mai più essere cancellata, dall’altro un oscuramento parziale di tale verità in seguito all’attività residua delle vasana che continuano ad operare nella mente del cercatore…

La conoscenza una volta rivelata prende tempo per stabilizzarsi. Il Sé è certamente all’interno dell’esperienza diretta  di ognuno, ma non come uno può immaginare, è semplicemente quello che è. Questa “esperienza” è chiamata samadhi. Ma dovuto alla fluttuazione della mente, la conoscenza richiede pratica per stabilizzarsi.

Quindi il lavoro del cercatore spirituale laico consiste nell’eliminazione delle vasana. Un grande aiuto in questo opera di pulizia – come affermò Ramana Maharshi- risulta nello stare in prossimità di un santo realizzato, così le vasana cessano di essere attive, la mente diventa quieta e sopravviene il samadhi. In questo modo il cercatore ottiene una corretta esperienza alla presenza del maestro.

Una pratica per mantenere fissa la consapevolezza sul Sé (Noumeno o soggetto reale) è l’interrogarsi su “chi sono io?”, e se dovessero sorgere pensieri, durante l’auto-indagine, bisognerebbe chiedersi “a chi sorgono questi pensieri?”. In tal modo si potrà restare il più a lungo possibile sul senso di presenza, senza dare un’identificazione oggettiva a questa pura identità soggettiva.

Per mantenere stabilmente questa esperienza uno sforzo è necessario ed infine il cercatore conoscerà la sua vera natura anche nel mezzo della vita di tutti i giorni. questo è lo stato che sta oltre il nostro sforzo o la mancanza di sforzo.

Da qui si intuisce l’importanza del “risveglio” per cui, una volta assaggiata la “gioia del Sé”, il cercatore non potrà fare a meno di rivolgersi a questa ripetutamente cercando di riconquistarla.

Una volta sperimentata la gioia della pace nessuno vorrà indirizzarsi verso qualche altra ricerca.

Paolo D’Arpini

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