In considerazione della conclusione del primo anno di attuazione di quanto previsto dall’art. 3 della legge 20 agosto 2019, n. 92 “Introduzione dell’insegnamento scolastico dell’educazione civica” nelle scuole di ogni ordine e grado riteniamo opportuno proporre alcune riflessioni circa l’esito della sperimentazione della nuova disciplina nelle scuole italiane.
Va segnalato, innanzitutto, che la disciplina è stata configurata come trasversale e con un monte ore annuo di 33 ore (ciò anche qualora non sussistesse un insegnamento specifico di diritto). Tale stato di cose ha comportato una serie di anomalie funzionali e strutturali.
Dal punto di vista strutturale l’insegnamento si è visto frammentato tra vari insegnamenti e dipartimenti determinando un aggravio burocratico. In sintesi, i docenti si sono dovuti accollare l’ulteriore responsabilità di completare il proprio programma d’indirizzo e far quadrare i conti cercando di far confluire il monte ore dell’insegnamento dell’educazione civica all’interno del monte ore della disciplina. Ciò comporta una notevole incoerenza in un sistema amministrativo in cui risulta sempre necessario poter individuare un unico responsabile in corrispondenza di ogni insegnamento. È stato spesso assegnato il coordinamento sulla base dell’accentramento delle stesse in capo a soggetti già titolari di altre funzioni e non già in base ai curricula.
Sotto il profilo funzionale, la soluzione adottata non garantisce il raggiungimento dell’obiettivo previsto dal legislatore né dalla prospettiva docente, né da quella dei discenti. La disciplina assume un carattere episodico-casuale al punto che la trasmissione delle competenze viene affidata alla buona volontà del docente di turno, che -come già segnalato- può vedersi costretto a sacrificare la materia educazione civica a favore della propria disciplina, confidando nell’attività svolta dai colleghi.
È sconfortante pensare che effettuare un’innovazione così epocale come l’introduzione di una nuova disciplina sia stata immiserita da ristrettezze economiche, quando, invece, investire in cultura dovrebbe essere prioritario per un Paese che ambisca a rimanere competitivo nel mondo.
Secondo taluni, la soluzione adottata sarebbe giustificabile dalla necessità di non determinare costi aggiuntivi. Invero, la frammentazione della materia ha generato ulteriori costi sotto il profilo organizzativo e in termini di attività di riunione e coordinamento gestiti in maniera del tutto autonoma e senza una linea guida comune.
Secondo il CNDDU, sarebbe stato preferibile non erodere le ore destinate alla veicolazione dei programmi curriculari, ma istituire un’ora in più, in considerazione della necessità stringente dell’approfondimento delle tematiche civiche nella complessità della società moderna, da affidare agli specialisti del settore, ossia ai docenti della classe A-46 discipline giuridiche ed economiche.
Tale soluzione non genera ulteriori costi, in quanto si tratta di docenti che sono già di ruolo e che ben possono ricoprire tale incarico. Va precisato, infatti, che gran parte dei docenti della citata classe viene spesso destinato ad attività di supporto non coerente con l’insegnamento, fino ad assumere incarichi sul sostegno o, in taluni casi, restare a disposizione per eventuali sostituzioni.
Il CNDDU, ad oggi, non è in grado di comprendere la motivazione economico-giuridica che sia alla base della volontà di conferire la materia a qualsiasi classe di abilitazione, lasciando docenti della A-46 anche in situazione di mera attesa. Viceversa, l’assegnazione ancorché sperimentale dell’insegnamento ai docenti (già di ruolo) della classe A-46 potrebbe, da un lato, garantire con maggior enfasi il buon andamento dell’amministrazione, in virtù del principio meritocratico, per cui la specifica funzione pubblica debba essere svolta da coloro che abbiano le corrispondenti competenze in materia e, dall’altro, generare maggiore mobilità, riducendo il prevedibile contenzioso che si genererà in conseguenza dei mancati trasferimenti nelle procedure di mobilità. La norma istitutrice della materia “educazione civica” secondo, infatti, il CNDDU si palesa, infatti, in contrasto con la Costituzione sotto molteplici profili e mal si concilia con il resto dell’ordinamento scolastico.
Relativamente ai corsi di formazione, va segnalato che i risultati di adesione non possono essere adeguatamente valutati, proprio perché destinati ad un ambito di pubblico indeterminato facente parte delle più svariate classi di concorso.
Il CNDDU auspica un nuovo intervento normativo atto a rimuovere le criticità rilevate. L’importanza della cultura della legalità meriterebbe scelte coerenti con la maggiori e migliori investimenti.
Prof. Romano Pesavento | Prof. Alessio Parente |
Presidente | Segretario generale |