C’E’ UNA SCUOLA CHE INSEGNA A NON DIRE “GRAZIE”!

Di Pasquale D’Aiuto, Avvocato. Dodici maggio ventiventuno (per questo ed altre storie, sparappecoglie.it)

Esiste. Deve esistere. È la scuola in cui ti insegnano come non dire “grazie”. Un istituto efficacissimo come pochi, che saprà garantirti questa difficile arte per tutta la vita. E senza mostrare nessuna apparente vriògna!

I docenti sono coloro che applicano alla perfezione la regola dello sminuire, del travisare, del mal comprendere, dello schernire, del minimizzare. I discenti… beh, aspirano a tanto e, spesso, diventano insegnanti. Come, pure, spesso apprendono male.

L’accesso alla scuola è legato a criteri rigidissimi ma eterogenei, perché i suoi studenti appartengono alle più svariate estrazioni e condizioni, ad ogni genere, colore e provenienza. La caratteristica irrinunciabile che accomuna questi eroi del pensiero moderno, questi mostri dell’etica e dell’estetica dell’attuale, questi neo-sapienti, questi menefreghisti del karma è la straordinaria capacità di non attribuire al prossimo, MAI, alcun merito, nemmeno quando sia palese.

Rechi un dono? È la ricompensa insufficiente per qualche loro benevolenza pregressa. Risolvi loro un problema? Sarà certamente stata qualche altra felice e casuale combinazione di eventi! Porti il consiglio dell’esperienza? In fondo, avevano già considerato quell’idea, quindi non hai fatto nulla di utile. Elargisci cure? Beh, tanto prima o poi bisogna pur lasciare questo mondo! Che so, fai un dolce? Amano il salato. Porti un rustico? Viva il babà! “Rimani in casa?” “Voglio essere libera!” “Esci pure con chi ti pare.” “Non ti interessi mai di quello che faccio!” (cit.).

Questi geni del male sono assistiti anche dalla tecnologia, che evita persino quel minimo contatto personale che potrebbe (?) tradire un minimo di scuorno: penso a qualche goccia di sudore sulla fronte, allo sguardo basso, al tono di voce alterato…

Il fatto è che questo mondo è fatto per loro: il telefono è l’amico vero, la tastiera lo strumento perfetto per la loro ipocrisia. Ché, poi, non sono mica scemi?! Anzi, spesso sono intelligenti, magari colti, preparati. Anche simpatici. Empatici… uhm, non direi.

Una volta ho risolto un problema ad uno, sempre a costo zero. Oh: me lo aveva chiesto, aspettava. Non sapevo ancora di esserci riuscito: lo scopro grazie ad un suo messaggio su un social, dove – senza minimamente riferirsi a me – afferma: “Grazie al Cielo!”, con una bella immagine esemplificativa della MIA opera in suo favore. Un grazie? Un tag? Un messaggio? Macchè. È il Cielo, che ha operato in modi misteriosi.

Ma peggiori, forse, sono coloro che affermano di voler as-so-lu-ta-men-te darti un segno della loro gratitudine e tu, dopo esserti schernito per giorni, perché l’hai fatto davvero per affetto, dichiari la verità: non hai bisogno di nulla, “basta che mi vuoi bene… fai così: tessi le mie lodi!”. Ma questi insistono! Quindi, vanno dal cinese (con tutto il rispetto) più vicino e ti comprano e spediscono (dico per dire) uno di quei gatti che fanno ciao-ciao.

Cosa hanno ottenuto? Beh, di certo che non avranno più la tua attenzione. Perché credono, così facendo, di essere stati pure furbi, e questo è inaccettabile: non soltanto chiedono il tuo favore ma, dopo, non vogliono nemmeno sentirsi in obbligo! Straordinari. E noi avvocati ne conosciamo tanti ma tanti…

(Eppure, la stessa tecnologia di cui sopra, che li esenta dall’incontro personale, potrebbe aiutarli, se realmente volessero darti un segno di riconoscenza: penso ad Amazon ma andrebbe bene pure Interflora!).

Una volta risposi ad un amico caro e stimato (che resta sempre un amico stimato ma un po’ meno caro), cui avevo offerto una consulenza abbastanza complessa, che, se proprio proprio voleva ricambiare, poteva aiutarmi a pubblicizzare il mio blog, sparappecoglie.it. Risultato? Uno stitico post su Facebook in cui condivideva un mio singolo pezzo (non il blog!), chiosando qualcosa del tipo “Non lo leggo spesso, non dico di approvarne le tesi ma in fondo non causa la morte improvvisa o l’impotenza”. Fine ed amen. (Amico, se ti riconosci: si scherza. Però dubito mi leggerai, visto l’entusiasmo mostrato nel condividermi).

Va beh, forse questi ultimi sono solo cattivi studenti. Saranno stati rimandati o bocciati perché, a ben vedere, non hanno appreso le astute sottigliezze del non-dir-grazie!

Poi certo, ci sono quelli che ti riconciliano col mondo. Per esempio, l’autore del quadro che ho da qualche tempo nel mio studio, dipinto apposta per me.

Perché, alla fine, le persone si confermano per quel che sono. E sono proprio quelli più vicini che apprezzano maggiormente la tua amicizia, il tuo favore.

Un circolo virtuoso: del resto, la grazia non si insegna in nessun istituto.

 

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