Margherita Corrado (Senato, L’alternativa c’è – Commissione Cultura) – Sulla programmazione triennale dei lavori pubblici del Ministero della Cultura

Pochi giorni fa, la Direzione generale Bilancio del Ministero della Cultura (MiC) ha reso noti (con grande anticipo), mediante apposita circolare, la programmazione triennale dei lavori pubblici per il 2021-2023, del valore di 232 milioni di euro, e l’elenco annuale degli stessi per il 2021, del valore di 28.029.806,00 euro – i soliti 28 milioni! –, adottati con Decreto Ministeriale del 26 aprile (rep. 170). Al netto delle eventuali ma poco probabili modifiche attese entro il 28 maggio prossimo, qual è la situazione per l’anno in corso in tema di fondi ordinari di bilancio del MiC? In generale, per il 2021 salta all’occhio la sproporzione delle risorse destinate alla voce archeologia, leggermente superiori a 5 milioni, e agli archivi, con poco meno di 1,5 rispetto alle ben più doviziose voci musei e belle arti e paesaggio, con 6,5 e 11 milioni rispettivamente, nonché alle biblioteche, con 3,2; fanalino di coda gli Istituti, con mezzo milione. Com’è noto, il 97% dei dipendenti del MiC è impegnato nel settore tutela, al quale spettano ben 640 dei suoi organi periferici, mentre la valorizzazione è compito di pochi uffici centrali ma l’indirizzo politico di Franceschini, ormai consolidato, mortifica puntualmente la prima a vantaggio della seconda. Si rifletta soltanto sul fatto che la voce musei si riferisce ai soli ‘luoghi della cultura’ in capo alla Direzioni Regionali Musei, mentre tutti gli spazi espositivi minori rimasti alle Soprintendenze ABAP ricadono anch’essi sotto la voce archeologia. Dal confronto tra i quadri regionali emergono disparità di cui è arduo darsi spiegazione, soprattutto quando puniscono regioni del Sud Italia la cui rilevanza dal punto di vista del patrimonio culturale pubblico è indubbia. Certo, altre e più cospicue risorse verranno dalla cooperazione europea, che in particolare per le regioni meridionali ha sempre avuto un occhio di riguardo, salvo poi scontrarsi, troppo spesso, con l’incapacità di spesa degli Enti locali. La Sicilia, fra tutte (anche se dipende da Roma solo per gli Archivi), dei fondi strutturali europei 2014-2020 ha speso appena 900.000 euro a fronte di 65 milioni assegnati. Che il MiC di Franceschini non ami tutto ciò che si trova a Sud di Eboli e fino allo Stretto è però innegabile: c’è troppo poco da sfruttare, oltre la foce del Sele, secondo i canoni delle società private che hanno un posto speciale nel cuore dell’eterno ministro… e Velia resta, in ogni senso, l’estremo baluardo, presidiato da truppe mercenarie su cui Roma disconosce qualsiasi responsabilità.

 

Margherita Corrado (Senato, L’alternativa c’è – Commissione Cultura)

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