C’è una risoluzione pendente alla Camera dei Rappresentanti che chiede una serie di politiche più assertive verso il regime iraniano.
H. Res. 118 è stata presentata al pubblico in una conferenza stampa martedì, quando aveva acquisito una lista bipartisan di 225 co-sponsor.
Un accordo politico così ampio sottolinea l’importanza delle osservazioni della risoluzione, che arriva in un momento di polarizzazione senza precedenti nella maggior parte delle altre questioni.
Gli sponsor della risoluzione e tutti gli altri sostenitori di una politica più dura verso l’Iran sono sicuri di vedere questo bipartitismo come una risorsa, quando si tratterà della nuova politica sull’ Iran.
H. Res. 118 richiama l’attenzione su due risoluzioni precedenti che hanno evocato più o meno lo stesso scopo.
Una di queste, H. Res. 4744 del 115°Congresso, esortava il governo degli Stati Uniti a ” condannare formalmente gli abusi dei diritti umani contro i dissidenti iraniani, compreso il massacro del 1988 e la soppressione delle manifestazioni politiche nel 1999, 2009 e 2017″.
La nuova risoluzione inizia ribadendo l’aspettativa di responsabilità per il movimento di protesta del 2017, che è durato per gran parte del gennaio 2018. Aggiunge, poi, che un’azione simile è necessaria sulla repressione ancora più severa del dissenso da parte del regime durante un’altra rivolta nazionale nel novembre 2019.
Le due rivolte consecutive erano caratterizzate da simili slogan anti governativi e da esplicite richieste di cambiamento di regime.
La rivolta del novembre 2019 era anche quasi due volte maggiore di quella precedente, interessando quasi 200 città. Per far fronte a ciò, le autorità di regime hanno aperto il fuoco immediatamente e dopo giorni di scontri, il bilancio delle vittime era di 1.500. Questa cifra è stata confermata da Reuters, e più tardi nel 2020, Amnesty International ha pubblicato un rapporto che descriveva in dettaglio i mesi di torture subite dai partecipanti.
La brutalità della repressione politica di Teheran è inequivocabile e gli impegni dell’Occidente in materia di diritti umani si rivelerebbero sicuramente privi di significato se non prendesse provvedimenti e non facesse dichiarazioni sull’argomento.
Sfortunatamente, i critici del regime iraniano hanno poche basi storiche per la fiducia nella risposta del governo statunitense a tali questioni. Lo stesso è vero, probabilmente su una scala ancora maggiore, per le nazioni europee.
Nel 1988, la maggior parte del mondo occidentale ha chiuso un occhio su quello che è considerato il peggiore crimine contro l’umanità della fine del XX secolo.
Nell’estate di quell’anno, le prigioni iraniane istituirono le ” commissioni di morte” per far rispettare una fatwa dell’Ayatollah Khomeini che dichiarava gli oppositori del sistema teocratico meritevoli di morte, poiché erano in guerra con Dio stesso. Chiunque non riuscisse o si rifiutasse di convincere le commissioni di morte della propria fedeltà alla guida suprema, veniva prontamente impiccato e, si stima, che circa 30.000 iraniani siano stati uccisi in questo modo per diversi mesi.
L’eredità di quelle uccisioni persiste sotto forma di impunità di Teheran in materia di diritti umani. Nel corso degli anni questa impunità si è estesa fino ad includere incidenti che avvengono sia all’interno che all’esterno dei confini dell’Iran.
H. Res. 118 accenna a questa situazione dedicando una parte del suo testo alle violazioni interne dei diritti umani e una parte alle recenti e continue minacce di terrorismo provenienti direttamente dal regime iraniano o attraverso i suoi delegati.
Nel giugno 2018, pochi mesi dopo la prima delle recenti rivolte, diverse forze dell’ordine europee hanno esposto quello che è probabilmente l’esempio più significativo di questo fenomeno in molti anni.
La loro operazione congiunta ha interrotto un complotto terroristico che coinvolgeva un diplomatico iraniano di alto livello che trasportava esplosivi in Europa, tramite un volo commerciale, per poi consegnarli ad un paio di operatori con le istruzioni per infiltrarsi nel raduno annuale di attivisti espatriati e sostenitori politici, organizzato dal Consiglio Nazionale della Resistenza dell’Iran.
La recente risoluzione della Camera nota che ” diversi eminenti ex funzionari bipartisan del governo degli Stati Uniti, diversi generali degli Stati Uniti in pensione, personale del Congresso e migliaia di cittadini americani hanno partecipato al raduno”.
Allo stesso modo, erano presenti anche dignitari europei di alto profilo e, non c’è dubbio, che alcuni di questo personale occidentale sarebbero stati tra le vittime dell’esplosione pianificata, che mirava principalmente al leader del NCRI : Maryam Rajavi.
Il complotto contro il raduno del NCRI è stato almeno il secondo attentato alla vita della signora Maryam Rajavi nel solo 2018.
Questa è una testimonianza della minaccia del regime verso la coalizione e soprattutto al suo principale gruppo costituente, la People’ s Mojahedin Organization of Iran (PMOI/MEK).
Ma l’ escalation è anche una testimonianza del fatto che Teheran sente una sconvolgente quantità di fiducia nella sua capacità di attaccare i dissidenti iraniani sul suolo occidentale e affrontare poche o nessuna conseguenza.
Questo senso di impunità è stato finalmente sfidato lo scorso novembre con il processo in Belgio al terrorista- diplomatico iraniano Assadollah Assadi e i suoi tre co-cospiratori.
Tutti e quattro sono stati condannati a febbraio a pene detentive che vanno dai 15 ai 20 anni.
Ma i critici della politica occidentale verso l’Iran sono giustamente enfatici sul fatto che la responsabilità non deve finire qui.
H. Res. 118 si unisce a quel coro notando, per esempio, che la sentenza nel caso Assadi ha sostenuto che ” i quattro imputati fanno parte di un gruppo terroristico più ampio all’interno di uno specifico servizio di intelligence iraniano”.
La risoluzione ha elogiato l’espulsione dei diplomatici iraniani in risposta a quel complotto terroristico e ad uno precedente in Albania.
Questo ha detto, ” manda il giusto messaggio che nessuna ambasciata iraniana dovrebbe essere usata per tramare il terrore e condurre attività di spionaggio contro i dissidenti”.
Ma il documento continua a sottolineare la necessità di una pressione più completa, che potrebbe essere ottenuta in parte chiudendo del tutto le ambasciate iraniane.
Il messaggio della risoluzione ai politici occidentali è che non dovrebbero essere fissati a salvare l’accordo nucleare iraniano del 2015.
Per quanto importante sia il dossier nucleare iraniano, non dovrebbe mettere in ombra altre questioni che presentano minacce più immediate per la vita sia iraniana che occidentale.