L’Intervento di Francesco Molinari, membro esecutivo nazionale dell’Italia dei Valori.

Continuo a scrivere dice Francesco Molinari dell’Italia dei Valori,  sui temi che riguardano l’Italia e l’Europa e nel frattempo che il governo giuri e inizi ad operare con atti,; così da poterlo giudicare.

Per me continua ad essere questo fare Politica.

Amaro constatare, comunque e a differenza di altri paesi prosegue l’esponente dell’Italia dei Valori, che quasi tutto l’apparato comunicativo somigli più ad un cicaleggio che al sistema funzionale per una sana democrazia che deve essere cane da guardia del potere e di informazione non partigiana per consentire ai cittadini di conoscere fatti e dati per renderli consapevoli e partecipare attivamente alla vita democratica.

Ma questo è lo stato della nostra Democrazia.

Inizio con il cercare di esporre in sintesi cos’è e come funzionerà il principale strumento dell’UE puntualizza Molinari, quel New Generation EU (Recovery Fund e suo Recovery Plan) su cui è caduto il Governo precedente e verrà giudicato questo. Il dispositivo per la ripresa e la resilienza di cui si è dotata l’Unione europea attraverso (per la prima volta nella sua storia) la possibilità di reperire risorse sul mercato dei capitali per 750 miliardi di euro, è destinato alla concessione di sovvenzioni (per circa 390 miliardi, cioè prestiti a fondo perduto per capirci) e prestiti (360 miliardi, da restituire) agli Stati membri, è lo strumento chiave che l’EU ha costruito per sostenere le riforme in risposta alla crisi pandemica e che va a sommarsi alle somme già in bilancio previste nel Quadro Finanziario Pluriennale 2021-2027 di circa 1110,00 miliardi di euro, per come precedente post sull’argomento. Lo stanziamento, definito NGE degli aiuti per i vari paesi dell’UE sarà basato su diversi criteri e dovrà servire per non far ricadere sulle future generazioni di cittadini europei la crisi che oggi viviamo. Nella iniziale, che durerà fino a fine 2022, per la sua consistenza e ricadute sui diversi Stati, sono stati presi in considerazione la popolazione, il PIL pro capite e i tassi di disoccupazione 2015-2019.  Per cui sono parzialmente vere le questioni poste dal presidente ISVMEZ e dai movimenti meridionalisti sul punto e che hanno portato a dire che la somma “impegnata” per l’Italia è stata determinata dalla grave situazione di diseguaglianza esistente fra le regioni meridionali ed il resto del Paese, in termini di tasso di disoccupazione e PIL pro-capite. Infatti, successivamente, il criterio di disoccupazione sarà sostituito da quello sull’andamento dell’economia nel 2020 e nel 2021.  La Commissione europea dovrà procedere a soddisfare gli impegni per l’intera somma delle sovvenzioni destinate agli Stati membri entro la fine del 2023 e le somme dovranno essere stanziate entro la fine del 2026. Secondo le previsioni sopra dette, l’Italia riceverà 68,9 miliardi di euro di sovvenzioni dal solo dispositivo per la ripresa e la resilienza e le cifre verranno definite entro giugno 2022 in base alla crescita del PIL nel 2020-2021. I prestiti, invece, verranno erogati dietro richiesta degli Stati membri fino alla fine del 2023 per un massimo di 360 miliardi di euro e l’importo massimo del prestito per ogni Stato membro, non supererà il 6,8% del suo reddito nazionale lordo. I fondi del NGE, però, non sarà uno sportello bancomat per le politiche nazionali e le agende interne e potranno essere utilizzate solo in linea con le priorità dell’UE, perché i fondi dovrebbero mitigare l’impatto sociale immediato della crisi e a sostenere gli obiettivi dell’UE a lungo termine, quali la transizione verde e quella digitale.  I regolamenti elencano diversi settori di azione per il dispositivo per la ripresa e la resilienza, ovvero la transizione verde e la transizione digitale; la crescita inclusiva, sostenibile e smart; la coesione sociale e territoriale; la resilienza economica e la preparazione alle crisi; le politiche per le nuove generazioni. Ogni piano nazionale per la ripresa e la resilienza dovrà destinare almeno il 37 % di spesa per il clima e la biodiversità, oltre a un altro 20% per il digitale.

Come funzionerà

Per poter ricevere gli aiuti, gli Stati membri devono preparare il piano per la ripresa e la resilienza con una lista di riforme (PNRR) e investimenti pubblici che potrebbero essere implementati entro il 2026, che devono essere presentati entro il 30 aprile 2021 e saranno integrati nel ciclo di coordinamento delle politiche economiche del semestre europeo.La Commissione europea valuterà i piani e presenterà una proposta al Consiglio sulle somme di sovvenzioni e prestiti da destinare a ciascun paese dell’UE, oltre agli obiettivi intermedi e finali da raggiungere. Il Consiglio dovrà poi approvare i piani.

Su quello inviato dal Conte I e II in fase di pre-analisi alla Commissione (il Piano definitivo ed ufficiale deve essere inoltrato entro il 30 aprile per come sopra detto; il cd detto Recovery Plan, all’inglese), in modo informale la Commissione aveva già informato che non rispettava i requisiti e, quindi, rischiava la bocciatura. Questo, uno dei motivi per cui ci ritroviamo il governo Draghi; per chi fa finta di non averlo capito. Cosa che l’Europa intera non si poteva permettere, perché con l’emissione dei titoli di credito condivisi a finanziare il NGE, vi è una co responsabilità di tutti e con effetti sui bilanci dei vari stati. Questa è l’altra faccia della medaglia di quello che si definisce “Europa dei popoli” o solidarietà comune, in cui ogni singolo stato cede parte o tutta (al termine del processo che porterà alla nascita dell’Europa come Stato Federale o Stati Uniti d’Europa) la sua sovranità che, però, non vuol dire perdita dell’identità nazionale. I pagamenti, poi, saranno erogati solo dopo che gli Stati membri raggiungeranno gli obiettivi intermedi e finali (meccanismo simile a quello che avviene per erogazione dei fondi europei in cui, in tutti questi anni, noi italiani non abbiamo eccelso; ad essere buoni. Anche nella stagione “2014-2020” appena conclusa, non supereremo il 44% di fondi utilizzati), ma i paesi possono richiedere un prefinanziamento fino al 13% del totale (cosa che il governo Italiano ha già fatto e messo nei conti della Legge di Bilancio votata a dicembre. Come ogni “buon” debitore, in pratica ci stiamo già spendendo soldi che non abbiamo), che verrà assegnato una volta che il Consiglio adotterà il piano. Gli Stati membri hanno l’obbligo, infine, di relazione sui progressi raggiunti due volte l’anno all’interno del quadro del semestre europeo che verrà sottoposto a controllo ed approvazione da parte della Commissione. Se non si rispettano i parametri e i criteri, in poche parole, niente soldi per i successivi anni. La Commissione europea è anche chiamata a preparare le relazioni annuali sull’esecuzione dello strumento e gli altri resoconti di valutazione. In pratica controllo…controllo..controllo, perché i soldi della NGE non sono dei singoli stati ma della futura generazione di europei e non possono essere sprecati o buttati.

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