Da tempo sostengo che l’infezione virale in corso viene ulteriormente sviluppata dalle modalità materiali, strumentali e psicologiche con le quali in Italia ci si approccia al malato Covid. Lo dico senza nulla togliere all’abnegazione ed alla professionalità degli operatori sanitari, a partire dal primario all’ultimo infermiere, personaggi tutti a cui è stato dato il titolo di eroi ma, seppur condividendo questa aggettivazione assai positiva, io penso sarebbe quanto mai necessario ed utile aggiungere un’anamnesi anche attraverso un’altra ottica.
Unica attenuante a quando vado dicendo è che questa infezione virale si presenta per la prima volta e quindi del tutto sconosciuta fino a qualche mese fa. Sostengo tuttavia, – ipotesi assai probabile con i tempi che corrono – anche perché tutto ciò potrebbe capitare anche me non appena ho finito di scrivere, che il raggruppamento forzatamente massiccio dei malati in concentrazioni ospedaliere da far impazzire non solo i pazienti ma anche il personale medico, ha inciso in alta percentuale nel gran numero di decessi, aspetto che non si è riscontrato in tutti gli altri Paesi del mondo, come si evince dai numeri anche odierni qui sotto riportati.
E’ legittimo chiedersi se si è sbagliato qualcosa ? Dando già per scontato che si è voluto privilegiare erroneamente le grosse strutture ospedaliere nelle grandi città a danno dell’assistenza territoriale che ora soffre a dismisura perché i soloni della sanità hanno preferito appunto l’accentramento sanitario ? Ipotizzo anche per prestigio ?
Tutti avremo sulla coscienza questi errori senza che qualcuno, offendendosi, eccepisca che io parlo con il senno di poi. Cosa che respingerei immediatamente al mittente, atteso che da anni sollevo per iscritto questo problema, senza insistere troppo ad evitare di venir guardato storto da chi magari deve assistermi per un banale mal di pancia ? Come è già successo solo parlandone per strada con un medico che mi ha tolto il saluto.
Da alcuni giorni in Italia i decessi sono altalenanti fra 750 e 850 mentre negli altri Paesi essi sono molto meno, quasi un numero fisiologico. Che vuol dire ? Che chi entra in terapia intensiva ha il 70-80 % delle probabilità di andare all’altro mondo ? Non vorrei, come del resto si evince dai numeri che gli attuali pazienti in terapia intensiva e decessi correlati ci mostrano, che ciò dipendesse davvero dalle modalità strutturali e psicologiche di cui in premessa. Infatti, oggi, fatte le debite proporzioni, i decessi da Coronavirus in Germania sono 389, in Francia 339, in Inghilterra 498 , in Austria 106 ed in Italia ben 822 !!!
O, in Italia, sono inseriti tutti in un unico calderone Covid anche per… una infiammazione di appendice ?
Arnaldo De Porti