Foto: i membri dei Mojahedin del Popolo Iraniano in Ashraf 3 in Albania, commemorazione della rivolta del 2019

Iran, la rivolta di novembre 2019, un anno dopo

L’annuncio sulla triplicazione dei prezzi della benzina venerdì sera, 15 novembre 2019, ha avviato una rivolta nazionale che è continuata per diversi giorni. La fulminea diffusione delle proteste, con le giovani generazioni in testa, in particolare i più indigenti, precedentemente ritenuti erroneamente la base del potere del regime, hanno aperto la strada, ha scosso le fondamenta del regime clericale.

Il regime ha reagito con la massima brutalità per preservare il suo governo, trasformando le proteste in un bagno di sangue. L’IRGC, i paramilitari Bassij, le Forze di Sicurezza dello Stato (SSF) e gli ufficiali in borghese hanno usato il fuoco vivo per colpire i dimostranti disarmati con l’ordine di sparare per uccidere. In alcune zone, come Mahshahr, hanno usato anche veicoli corazzati, elicotteri e mitragliatrici di grosso calibro. Almeno 1.500 persone sono state uccise, 4.000 ferite e 12.000 arrestate durante la repressione.

Nonostante tale barbarie, e con l’aumento del prezzo della benzina che ha agito da scintilla, la rivolta ha travolto quasi 200 città, con i manifestanti che chiedevano il rovesciamento del regime nella sua totalità.

Quello che ha reso questa rivolta diversa dai precedenti sommovimenti è stata la sua natura organizzata, poiché le unità di resistenza affiliate alla principale opposizione iraniana, i Mujahedin-e Khalq (MEK), erano attivamente coinvolte. Il leader supremo del regime Ali Khamenei ha ammesso questo fatto poche settimane dopo. Un altro tratto distintivo della rivolta è stato il ruolo diffuso e di primo piano svolto dalle donne, che hanno mostrato uno straordinario coraggio e competenza nel guidare le proteste.

Ora, la domanda fondamentale e di grande importanza è questa: la rivolta del novembre 2019 appartiene al passato o è un movimento continuo?

“Questa rivolta continua, si espande e si approfondisce. È collegata e sostenuta dalla resistenza organizzata. Il regime non ha via d’uscita e non ha carte vincenti “. Lo ha detto il leader della resistenza iraniana Massoud Rajavi.

La rivolta del novembre 2019 e i disordini del gennaio 2020 hanno dimostrato la correttezza di tali osservazioni. Ci sono anche molti altri segni e ragioni. Ancora più importanti, le reazioni del regime mostrano chiaramente il fatto che lo spirito della rivolta del novembre 2019 è presente nella società iraniana come “braci sotto le ceneri” e prima o poi esploderà.

I seguenti punti  spiegano come lo spirito di resistenza e ribellione sia vivo, più che mai,  in Iran:

  • la povertà e la miseria che hanno colpito in modo terribile,  il popolo iraniano negli ultimi quattro decenni si sono aggravate;
  • la catastrofe del Coronavirus, effetto dell’insabbiamento, della cattiva gestione, dell’incompetenza e della corruzione del regime, ha fatto infuriare l’opinione pubblica, che incolpa i funzionari per l’incredibile numero di morti e infezioni;
  • durante la rivolta del 2019, una nuova generazione di giovani è emersa, chiedendo un cambiamento radicale, puntando  al rovesciamento del regime, prendendolo completamente alla sprovvista. Una generazione che è cresciuta sotto questo regime ed è stata costantemente esposta alla sua propaganda e alle campagne di demonizzazione contro il MEK, ma che ha scelto di seguire il percorso del MEK e ha rifiutato questo regime in tutte le sue finte e articolate fazioni. Una generazione che pensa solo alla completa distruzione di questo sistema e non ha nulla da perdere. Una generazione assetata di libertà e giustizia sociale che è giunta a credere che l’unico modo per raggiungere questi ideali sia il rovesciamento del regime. Una generazione che è stata ed è al centro della rivolta e non può essere eliminata. Questa è una generazione nata dalla povertà, dalla fame, dall’oppressione, dalla discriminazione, dalla disoccupazione e dalla rabbia; una generazione che ha il potenziale per diventare ed è la forza effettiva delle unità di resistenza.

In altre parole, a tutt’oggi, entrambe le cause alla base della rivolta continuano ad persistere, e anche i giovani e le unità di resistenza del MEK, avendo l’esperienza delle rivolte precedenti, si stanno preparando per quella successiva.

D’altro canto, il regime è molto più vulnerabile oggi che in qualsiasi altro momento dei suoi 41 anni di storia. È circondato da crisi irrimediabili a livello interno, regionale e internazionale. L’unico motivo per la sopravvivenza del regime è la brutale repressione, le esecuzioni e le impiccagioni pubbliche di giovani.

Questa situazione, ovviamente, non è nascosta agli occhi della gente, che vede la debolezza del regime e assume continuamente una posizione di attacco contro il regime. Lo si può vedere negli eventi che commemorano i martiri della rivolta da parte delle famiglie, nella continua diffusione di immagini e nomi dei martiri in diverse città e nelle dichiarazioni a sostegno dei prigionieri politici, tra gli altri.

D’altra parte, il regime, nonostante le sue azioni ostili e feroci, come l’esecuzione criminale di due eroi della rivolta, Navid Afkari e Mostafa Salehi, e l’arresto e la perpetrazione della tortura dei detenuti durante la rivolta, mostra la sua paura e debolezza.

In breve, come ha affermato Maryam Rajavi, la presidente eletta del Consiglio nazionale della resistenza iraniana (NCRI): “La rivolta del novembre 2019 non è stata una meteora fugace. Piuttosto, è stata una manifestazione dell’ardente determinazione che continuerà fino a quando la dittatura religiosa dei mullah non sarà rovesciata “.

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