Abbandonata -pare definitivamente- l’ipotesi dell’introduzione della sin qui tanto dibattuta flat tax, l’ennesima riforma del fisco si avvicina sempre più al modello fiscale tedesco, indirizzandosi verso una revisione delle aliquote Irpef volta, nelle sue intenzioni, a favorire ed offrire i maggiori benefici ai ceti medio-bassi.
Il Ministro Gualtieri sembra dunque orientato verso un piano che preveda “tasse progressive”, perché “con la progressività possiamo avere riduzione del carico fiscale sul lavoro e sui redditi medio-bassi, per un fisco più semplice meno astruso”. Due le ipotesi al vaglio, provenienti, come evidente, dai due “azionisti di riferimento”: la prima, sostenuta dal Pd, prevede una no-tax area fino a €.8.000,00 e, a seguire, tre scaglioni Irpef: aliquota al 27,5% per redditi fino a €.15.000,00 euro; aliquota al 31,5% per redditi fino a €.28.000,00=; aliquota al 42/43% per redditi oltre i €.28.000,00=; la seconda, supportata dal M5s, mira invece ad alzare la no-tax area fino a 10mila euro di reddito, tutelando i redditi superiori a 100mila euro con i seguenti scaglioni: aliquota Irpef al 23% per i redditi tra 10mila e 28mila euro; aliquota Irpef al 37% per i redditi tra 28mila e 100mila euro; aliquota Irpef al 42% per i redditi superiori a 100mila euro.
Tra le politiche di supporto che il governo ha inserito nello schema del suo recovery plan, va segnalato poi il -pure ennesimo, plurievocato- tentativo di varare una riforma dell’Iva, con l’introduzione di un meccanismo di cash flow tax, che preveda pagamenti automatici a scadenza mensile e trimestrale, in base ai dati ricavati dalle fatture elettroniche, in modo da superare l’attuale meccanismo di anticipi e conguagli, così poco apprezzato, per usare un eufemismo, dal contribuente.
Quanto al tema da sempre più caldo e, cioè, quello della atavica lotta all’evasione fiscale, il Governo ha deciso promuovere (qui utilizzando, per non confondere il lettore, la rigorosa terminologia originale) il cashless, puntando tutto sull’incoraggiamento all’utilizzo della moneta elettronica, premiandolo con cospicui cashback e bonus.
Dal primo dicembre è prevista dunque l’introduzione di un cashback, di un rimborso cioè del 10% su quanto si spende, fino a una spesa massima di 3000 euro che, per i più agguerriti, si trasformerà in un super-cashback di 3000 euro l’anno il quale, esattamente come il primo, sarà rimborsato ogni sei mesi ai 100mila cittadini che useranno maggiormente la carta, indipendentemente dalla cifra spesa: più si usa la carta e più si guadagna. Conta dunque il numero di operazioni, non la cifra: insomma, uno (un caffè) vale uno (un televisore). Fuoco d’artificio finale, ci saranno fino a 50 milioni di euro in palio con la lotteria degli scontrini, solo per chi usa la moneta elettronica, naturalmente, e con premi singoli, udite udite, anche di 50 milioni di euro.
Al di là della facile ironia, ampiamente dilagata sul web, che equipara la manovra alle più note televendite nostrane, non ci si può che augurare che essa, indipendentemente dalle forze politiche dalle quali scaturisca, possa apportare il maggior beneficio possibile ad una economia, per mantenere la sottile similitudine .. decisamente alla frutta.