Il 4 ottobre 2020, il Presidente della Repubblica dell’Azerbaigian Ilham Aliyev si è rivolto alla nazione. Nel suo appello, innanzi tutto, ha espresso le sue sentite congratulazioni al suo popolo e ai soldati azerbaigiani – che si sono battuti coraggiosamente – per aver ottenuto la liberazione della città di Jabrayil e di nove villaggi del distretto di Jabrayil. La liberazione del distretto era iniziata 4 anni fa con il villaggio di Jojug Marjanli. “Jojug Marjanli mostra che il popolo azerbaigiano non si riconcilierà mai con l’occupazione e il nostro ritorno in altre terre occupate è iniziato con Jojug Marjanli”, ha evidenziato il Presidente nel suo appello, sottolineando come tutte le città azerbaigiane saranno ricostruite e gli antichi nomi azerbaigiani saranno ripristinati.
Si è poi rivolto agli abitanti dei territori liberati, evidenziando che “il vostro desiderio è esaudito e tutti gli altri nostri rifugiati e profughi interni dovrebbero sapere che li restituiremo alle loro terre ancestrali. Con la forza! Volevamo che questo problema venisse risolto tramite negoziati, siamo stati pazienti. Siamo sempre stati corretti nelle trattative, volevamo ciò che ci appartiene. Non abbiamo mai rivolto lo sguardo verso la terra di nessun altro. Ma abbiamo detto che tutto ciò che era nostro, del nostro popolo, della nostra nazione, doveva tornare a noi, attraverso i negoziati. Ma questi colloqui hanno, di fatto, portato al congelamento del conflitto.”
Il Presidente si è rivolto anche alla Comunità internazionale, denunciando i 30 anni di trattative senza il raggiungimento di nessun risultato. “Per trent’anni abbiamo vissuto nella speranza che la comunità internazionale risolvesse questo problema. I paesi e le organizzazioni internazionali coinvolti nella risoluzione di questo problema diranno la loro. Il più alto organo internazionale del mondo, il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, lavorerà per attuare le sue risoluzioni. Queste risoluzioni sono sulla carta da 27 anni. Per ventisette anni abbiamo mostrato una posizione costruttiva, una posizione giusta in ogni momento, in tutti i periodi di negoziazione. Ma cosa abbiamo visto in cambio? L’aggressore è diventato ancora più disonesto. L’avidità dell’aggressore è cresciuta e ha messo gli occhi sulla nostra terra ancestrale. Di conseguenza, ha assegnato tutte le terre occupate alla così detta “Repubblica del Nagorno-Karabakh”, ha pubblicato nuove mappe e ha presentato tutti i territori occupati come Nagorno-Karabakh. Cosa è successo dopo? Poi hanno affermato che non avrebbero restituito un pollice di terra all’Azerbaigian”, ha continuato il Presidente, ricordando anche nei particolari le proposte azerbaigiane, rifiutate dalla parte armena, di una restituzione graduale delle terre dall’Armenia all’Azerbaigian “5 distretti restituiti in una fase, 2 distretti nella seconda fase, gli azerbaigiani tornano in Nagorno-Karabakh, tornano a Shusha, e le popolazioni azerbaigiane e armene vivono insieme come una volta.” Ma come risposta, evidenzia Ilham Aliyev, l’Azerbaigian è stato coinvolto in una nuova guerra.
A luglio, senza una ragione apparente, la città di Tovuz e altri insediamenti sono stati presi di mira, militari e un civile sono stati uccisi. Un gruppo di sabotaggio è stato inviato ad agosto. Il Presidente ha ricordato tutte le provocazioni del Primo Ministro dell’Armenia, che hanno minato il processo negoziale, tra cui l’aver affermato, un anno fa, che “il Karabakh è Armenia, punto”. Il Primo Ministro dell’Armenia ha anche tentato di cambiare il formato dei negoziati, inserendo la giunta del regime fantoccio illegale. Ilham Aliyev ha ricordato di aver ripetutamente detto “ai copresidenti del gruppo di Minsk, agli ambasciatori dei copresidenti, ad altre organizzazioni internazionali e all’Unione europea di influenzare l’Armenia, imporre sanzioni ed esercitare pressioni su di essa. Questo era inaccettabile. Senza una forte influenza, l’Armenia sarebbe diventata ancora più disonesta, più infuriata e avrebbe fatto nuove rivendicazioni. Non mi hanno sentito. Volevo che questo problema venisse risolto pacificamente. Non hanno sentito.” Pensavano forse, ha affermato il Presidente, che l’Azerbaigian si sarebbe riconciliato con tutto ciò, mentre la parte dell’Armenia affermava che avrebbe spostato a Shusha il parlamento della così detta “Repubblica del Nagorno Karabakh”, costruito una strada dall’Armenia a Jabrayil. “Ciò significa”, ha ricordato il Presidente, “che ci sarebbe stato un insediamento illegale. Gli armeni vengono già portati dal Libano e da altri luoghi, reinsediati nella nostra antica città, Shusha, vengono mostrati in televisione, violando le convenzioni internazionali, violando le convenzioni di Ginevra.” Nonostante l’informazione data a tutte le organizzazioni internazionali e agli stati esteri, nessuno è intervenuto denunciato l’illegalità di questi atti. Ora alcuni stati si dicono preoccupati, circolano calunnie contro l’Azerbaigian. Ma nessuno, ha chiosato il Presidente, “può impedire che l’Azerbaigian conquisti il Nagorno-Karabakh. Il Nagorno-Karabakh è nostro, la nostra terra, dobbiamo tornare lì, stiamo tornando lì e torneremo lì!”.
Tornando ai colpevoli,, Ilham Aliyev ha sottolineato che “il primo colpevole nella situazione attuale è la leadership armena. Allo stesso tempo, ci sono circoli di alcuni paesi che sono indifferenti a questo problema e sostengono sempre l’Armenia e vogliono perpetuare questa occupazione. L’Azerbaigian sta risolvendo questo problema da solo, e ho detto all’Armenia, prima degli eventi del 27 settembre, combattiamo da soli. Vediamo chi è chi! Cos’è successo ora? Pashinyan chiama ogni giorno un leader mondiale. Ogni giorno! Io non ho chiamato nessuno, non ho chiamato nessun leader. Ho avuto contatti e mi hanno chiamato. Ma non è rimasto nessuno che lui non chiami, supplichi, a cui non mandi un emissario, pianga, non cada ai loro piedi. Questa è la sua fine.”
Al termine del suo appello il Presidente ha chiarito le condizione perché termini il confronto. Non è la la parte armena a poter dettare condizioni “Ci propone sette condizioni. Chi sei tu per imporre una condizione?! Il cessate il fuoco è stato ripristinato per due anni su richiesta del primo ministro armeno. Mi diceva che la situazione interna era difficile. La mia condizione è la stessa: che lasci le nostre terre. Ma non a parole, con i fatti. Che dica che riconosce l’integrità territoriale dell’Azerbaigian, come affermato nei principi di base. Che dica che ritirerà le sue truppe dai territori occupati, come affermato nei principi di base. Che dica che si scusa con il popolo azerbaigiano e dica che il Karabakh non è l’Armenia. L’ultima condizione è dare un programma e che ci dia un programma per il ritiro delle forze armate armene dai territori occupati. Quindi, ovviamente, ripristineremo il cessate il fuoco. Tuttavia, è difficile farlo ora che ci sono feroci battaglie. Perché se ci fermiamo, non si fermeranno. Ma in ogni caso è possibile lavorare su questo. Mi dicono fermati e dai loro tempo. Perché dare tempo? Dare loro il tempo di raccogliere le forze? Diamo loro il tempo di riunirsi di nuovo per attaccarci? Ci considerano così ingenui?”, ha concluso, sottolineando ancora che “Siamo dalla parte della giustizia. Viviamo i momenti più gloriosi della storia. Il popolo azerbaigano è un popolo antico. Ci sono stati molti momenti gloriosi, eventi e vittorie nella nostra storia. Gli eventi di oggi hanno un posto speciale tra questi. Stiamo ripristinando la giustizia, ripristinando la nostra integrità territoriale, realizzando le speranze del popolo azerbaigiano e continueremo a farlo. Abbiamo ragione, vinceremo! Il Karabakh è nostro, il Karabakh è l’Azerbaigian!”