Violenze contro le donne: contrastiamo il silenzio

 

di Nicla Vassallo

Le differenti violenze contro le donne sono in qualche senso mascherate: conoscerle e parlarne non può che smascherarle. Per tale ragione ho da poco girato un video con Carla Signoris che verrà reso pubblico in occasione dell’imminente 25 novembre, Giornata Internazionale per l’Eliminazione della Violenza contro le Donne, istituita dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un video in cui dialoghiamo, intitolato Il silenzio aiuta il carnefice, mai il torturato, affermazione del premio Nobel Èlie Wiesel.

La violenza contro le donne costituisce dal 1996 (solo da 1996!) un reato contro la persona disciplinato dagli art. 609 bis e segg. del codice penale italiano. Ma chi sono persone? Le donne violentate o gli uomini violentatori? Nessuno di loro?

In Italia, a partire dallo scorso marzo, nel corso del lockdown, i numeri delle chiamate al 1522 (help line violenza e stalking), analizzati dall’Istat, rivelano un aumento del 73% rispetto allo stesso periodo del 2019, il che rende del tutto palese il darsi delle violenze nelle quattro mura di casa; più nello specifico, entro tali mura, avviene il 94,4% dei casi. Altri due dati Istat allarmanti relativi alle vittime: per il 74,6% le violenze si protraggono da anni e non vengono denunciate nel 72,8%.

Il problema è senz’altro italiano, ma non solo. Le violenze trascendono le culture, i confini, i contesti, e s’intersecano con diverse appartenenze, per esempio economiche, etniche, politiche, religiose, sociali, impedendo a bambine, donne, ragazze, di sviluppare il proprio essere se stesse, di giungere, insomma, a “conquistare” quella specifica identità personale, per cui ci si attesta uniche.

Nel mondo si stima che, in media, solo quattro donne su dieci giungano a denunciare i violentatori. Inoltre, se una su tre donne, subisce violenze di ogni tipologia dal proprio partner, il digitale ha fatto e fa sì, soprattutto da quanto esiste l’emergenza Covid-19, che una su due donne subisca violenze online.

A fine settembre, António Manuel de Oliveira Guterres, politico e diplomatico portoghese, alto ufficiale delle Nazioni Unite, di cui è segretario generale dal 2017, dichiara: “All’inizio della pandemia avevo chiesto un cessate il fuoco di tutti i conflitti nel mondo. Lo chiedo anche per la violenza che ha luogo nelle case”. Non si può negare che, appunto con l’emergenza pandemica e lockdown, si sono accresciute le violenze di genere in ogni luogo del nostro pianeta.

Le violenze vengono spesso connesse all’appartenenza a un gender (genere), più che ad altre appartenenze. Come ho avuto modo di raccontare e scrivere, tale appartenenza si condensa in stereotipi che limitano la libertà individuale, poiché impongono alle donne una “vera donna” irraggiungibile, e, di conseguenza, assurdamente, si tacciano le donne di non essere vere. Le si insulta.

A volte capita pure a me di venire insultata, sulla scorta del banale fatto che porto i capelli corti, che non indosso scarpe coi tacchi, né minigonne, che sono un’intellettuale impegnata a difendere diversi e emarginati, incluse le bambine, le donne, le ragazze violentate.

Come, del resto molte altre, pur con caratteristiche diverse dalle mie, non sono una vera donna ovvero non sono una bella donna, rispetto a uno standard occidentale-contemporaneo, stereotipato: una bella donna è alta senza eccessi, bionda, presenta un fisico snello e scolpito, è giovane, ha labbra carnose e sensuali, occhi verdi, seno di una specifica forma e misura.

E, allora, Venere, che non soddisfa tale standard? Di nuovo, all’epoca, fino a giungere a Botticelli, la dea incarna l’immensa bellezza femminile, un canone estetico sempre fuori della portata delle donne “comuni”.

Le donne dovrebbero ribellarsi, attestandosi autonome rispetto a troppi sguardi maschili, spesso maschilisti. Ribellione, o meglio trasgressione, garantita da una certa filosofia, evoluta e internazionale, che abbraccio e sviluppo da sempre, teorizzando la necessità di abbandonare la nozione di apparenza al genere femminile, il che determinerebbe un arresto della violenza degli uomini sulle donne, con la dissoluzione dell’idea dell’uomo attivo in tutto e per tutto, contrapposto alla donna passiva in tutto e per tutto. Il punto è che La Donna non esiste.

Per ulteriori informazioni: nicla.vassallo@unige.it

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