Si è votato per le amministrative in diverse regioni d’Italia, sia del Nord che del Sud.
Gli schieramenti erano notevolmente diversi e disomogenei in quasi tutte le regioni interessate ma secondo il Sinalp è emerso un dato incontrovertibile, aldilà di chi sia il vero o presunto vincitore.
I veri vincitori sono stati quei Presidenti che hanno dimostrato di lavorare per la loro Regione, aldilà dell’appartenenza politica, dimostrato che Governare e lottare per difendere i buoni diritti della loro Terra alla fine paga.
I cittadini sono stanchi di subire angherie e ritorsioni da apparati politici nazionali che per interessi sovra regionali penalizzano la crescita economico e sociale della loro regione.
Il Sinalp Sicilia ha voluto evidenziare tale risultato perchè si augura che anche in Sicilia finalmente il suo Presidente mostri una volontà coesa nel difendere gli interessi dei suoi cittadini e chieda il rispetto e la completa applicazione dello Statuto della Regione Siciliana che è Carta Costituzionale del Parlamento più antico d’Europa.
Il Presidente della Regione Siciliana oggi è chiamato a fronteggiare diverse emergenze, tra le quali emergono, la pandemia, il flusso di immigrati che per il 90% sbarcano nella nostra isola, la viabilità fatiscente che diventa un freno allo sviluppo delle nostre aziende, e la crisi economica endemica che da sempre ci portiamo dietro e che ogni anno che passa diventa sempre più grave e di difficile soluzione.
Sulla Sicilia si è detto di tutto, si è proposto di tutto, si sono approvate leggi “speciali” per investimenti “speciali”, che erano così speciali che alla fine di questi investimenti abbiamo visto solo il passaggio dei soldi che sono stati regolarmente incamerati dalle aziende del Nord, titolari di tutti i grandi appalti realizzati negli ultimi 50 anni in Sicilia.
Questo perchè i media e la volontà politica è riuscita ad insinuare nelle menti di tutti i siciliani l’idea che le aziende, se hanno sede in Sicilia, allora molto probabilmente saranno in “odor di mafia”, quindi meglio assegnare i grandi appalti alle aziende del nord che in quanto tali risulteranno sicuramente esenti dalle mefitiche infiltrazioni mafiose.
Immagine stereotipata di una Sicilia alla quale di fatto non si è mai dato una risposta concreta e così facendo i dominatori nordici sono riusciti a cancellare millenni di Storia Siciliana di altissimo livello, negando in questo modo tanti diritti e tante opportunità necessarie per uscire dall’emarginazione, facendo ripartire lo sviluppo di questa terra che è stato violentemente interrotto con l”unità d’Italia.
La Sicilia è una Nazione dalle grandi potenzialità che non riesce ad esprimere, e questo per demerito dei propri amministratori ma anche principalmente per una precisa volontà politica italiana.
Politica Italiana che fa risaltare solo la grande criminalità isolana e non le grandi opportunità esistenti nella nostra terra, delle quali nessuno ne parla.
Basterebbe che il Governo Regionale gestisse in prima linea il petrolio siciliano invece di darlo alle multinazionali del petrolio, ENI compresa.
La Sicilia, con lo sfruttamento dei giacimenti del Gelese e del Ragusano e del grosso giacimento al largo di Trapani, del pozzo “Nilde”, produce il 75% del petrolio italiano e con i suoi pozzi potrebbe soddisfare l’interno fabbisogno siciliano e vendere le eccedenze diventando un grande paese produttore di petrolio.
Con il solo incasso degli utili petroliferi si potrebbero finalmente autofinanziare tutti quei grandi progetti di sviluppo ed ammodernamento delle infrastrutture siciliane.
Poi esiste l’irrisolta questione degli agrumi, grande ricchezza di molte province, che per ottusità politica nazionale ma anche regionale vengono distrutti per non “disturbare” gli equilibri dell’Europa, costringendo i Siciliani a comprare le arance dalla Spagna e dal Marocco, per non considerare i limoni del Cile.
Identica accusa è per la pesca, per molti prodotti agricoli, quali il frumento dell’Ennese e dei seminativi asciutti, che sempre per un assurdo ed autolesionista “rispetto” verso l’Europa stiamo distruggendo.
Ricordiamo a tutti che negli anni novanta in Sicilia si erano iniziati ad impiantare allevamenti di aragoste ed altri prodotti ittici pregiati in vasche nella terraferma, ma una norma europea ne ha bloccato la produzione con scuse più o meno risibili tra le quali “la violenza imposta agli animali” costringendoli a svilupparsi in vasche di cemento realizzate su terraferma.
Il risultato oggi è che in Italia, Sicilia compresa, compriamo aragoste ed altri prodotti ittici provenienti dai più disparati Paesi del mondo che non hanno questi “scrupoli” ma ci permettono sicuramente di stare “in pace con la coscienza” non essendo stati noi ad usare “violenza” a questi animali; concetto che non ha rivali per stupidità intelletiva.
L’apoteosi dell’assurdo concetto di sviluppo e utilizzo delle proprie risorse in Sicilia si è raggiunto nel 1981 quando nei Nebrodi si scoprì il TUNGSTENO grazie ad una équipe di scienziati dell’Università di Messina, Milano, Padova e Palermo, che svolgevano da diversi anni ricerche per conto dell’Ente minerario siciliano, sovvenzionato dal CNR.
La notizia della scoperta del Tungsteno in Sicilia mise in subbuglio il mondo economico internazionale poichè il Tungsteno è un metallo raro le cui riserve vanno esaurendosi, ed è essenziale per la tecnologia di alto livello ed in special modo per l’industria aerospaziale.
La quantità di tungsteno presente nelle viscere della Sicilia sembrerebbe essere economicamente rilevante per come dichiarato da un comunicato dell’allora Ente Minerario Siciliano poiché nel mondo esiste un giacimento minerario, al confine tra Russia e Cina, che da solo produce circa il 75% del fabbisogno di tungsteno nel mondo.
Ma di quella scoperta non si seppe più nulla, come di tante altre opportunità, e la Sicilia continua a “galleggiare”, sola ed abbandonata da tutti, verso la sua completa distruzione sociale ed economica.
L’Ufficio Studi Economici Sinalp Sicilia
Il Segretario
Dr. Andrea Monteleone