LA RICERCA…

LA RICERCA RICHIEDE ATTENZIONE

Il segno libero della ricerca scientifica non è sufficiente a produrre avanzamenti, necessita anche l’aiuto dello Stato o di chi per esso, dato che occorrono risorse talora ingenti perché possa essere portata avanti.    

A ciò va aggiunta anche l’attenzione che la Comunità scientifica deve avere nei riguardi di chi ha in atto una ricerca che, se in relazione a quanto riferibile alla salute, potrebbe essere salvezza di infinite vite umane. La non adeguata valutazione finisce col non produrre quei benefici che spesso sono relativi non a una parte ma alla totalità del pianeta. Talora, purtroppo, la sete di sapere, da sempre presente nell’essere umano, che poi si rivela pure risoluzione di certi problemi, viene frenata proprio dalla inadeguata attenzione da parte della Comunità scientifica; per quanto riguarda quella italiana, ciò rientra forse anche, al di là dell’invidia che non manca mai, nella scarsa stima che gli italiani hanno di loro stessi.

 A quasi tutti, se non proprio a tutti, è Alexander Fleming noto come scopritore della penicillina, mentre ancora ben pochi sanno del medico molisano Vincenzo Tiberio (Sepino 1869 – Napoli 1915) anticipatore della scoperta di Fleming circa 35 anni prima.  “Primo nella scienza, postumo nella fama, dal 1893 rivelò il misterioso potere degli antibiotici” è scritto sulla lapide commemorativa affissa il 2011 sul muro della sua casa ad Arzano, l’anno stesso in cui il Consiglio Nazionale delle Ricerche si ricordò di lui col documentario “Vincenzo Tiberio, l’uomo che scoprì gli antibiotici”. Alexander Fleming (Darvel 1881 – Londra 1955) per quella scoperta fu insignito nel 1945 del Premio Nobel, ed Ernst Boris Chain, pure in quell’anno Premio Nobel insieme a Howard Walter Florey, ammise in una trasmissione radio del 1946 di aver letto gli studi di Vincenzo Tiberio.

 Fu Giuseppe Pezzi, allora tenente colonnello, a scovare il 1948 in uno scaffale polveroso dell’Istituto di Igiene il fascicolo della ricerca dello scienziato molisano e a porlo all’attenzione con l’articolo “Un italiano precursore degli studi sulla penicillina”. Il lavoro di Vincenzo Tiberio, pubblicato nel gennaio del 1895 su “Annali di Igiene sperimentale”, rivista allora prestigiosa, col titolo “Sugli estratti di alcune muffe”, non aveva avuto l’attenzione dovuta, era rimasto a giacere nella polvere.

Vincenzo Tiberio, laurea in Medicina a 22 anni, ebbe nella sua vita piuttosto breve (un infarto lo stroncò a 46 anni) la passione per la ricerca e l’amore per la cugina Amalia di cui s’era sin da studente innamorato che poi sposò, nonostante le titubanze dovute alla consanguineità, divenendo padre di tre figlie.

Il giornalista Ruggiero Corcella, in un articolo del Corriere della Sera (9 febbraio 2011) intitolato “La penicillina? Una scoperta italiana” definisce Vincenzo Tiberio “lo scienziato dimenticato” ponendo, tra l’altro, in rilievo la scarsa importanza data da parte dell’ambiente ufficiale allo studio del ricercatore molisano. Si riteneva che il potere battericida nelle infezioni da “Bacillo del tifo” e “Vibrione del colera”, dallo scienziato rilevato, dopo meticolose analisi e tra difficoltà e diffidenze, nelle muffe raschiate dal pozzo presente presso la sua casa ad Arzano, fosse solo coincidenza. Nell’articolo si fa riferimento alla testimonianza del medico Giulio Capone nipote di Vincenzo Tiberio che, sulla scorta dei racconti della nonna Amalia, riferisce che lo scienziato, fortemente deluso dalla scarsa considerazione, lasciò l’Istituto di Igiene e si arruolò nella Regia Marina dove proseguì la sua opera di medico. E lo stesso Giulio Capone in un video dove rievoca la scoperta del nonno, al di là di ogni polemica, ribadisce: “Vogliamo che si sappia che l’osservazione principale è stata fatta in Italia, nell’Ottocento”.

Nel 2006 i nipoti Vincenzo Martines e Anna Zuppa Cavalli pubblicano il libro “La vita e i diari di Vincenzo Tiberio”, fonte di informazioni non solo private anche delle conoscenze mediche messe a frutto per le popolazioni sfortunate, del suo prodigarsi nell’eruzione del Vesuvio e nel terremoto di Messina, del suo acume di igienista a salvezza di tante vite pure a Tobruk.

Ancora oggi alla memoria dello scienziato molisano non viene dato il rilievo dovuto; comunque, al di là di ogni postuma considerazione, resta il fatto che per la scarsa attenzione alla ricerca di Vincenzo Tiberio si è forse negata la salvezza a tante vite umane ed è stato inoltre deluso il suo anelito alla scoperta per la risoluzione di  problemi.

Chi è insignito del ruolo giudicante non sempre è in grado di valutare gli approdi significativi dell’altro. Non lo fu nel 1895 la Comunità scientifica italiana nel leggere, senza la necessaria ponderatezza, lo studio meticoloso dello scienziato molisano.

Anche nel nostro tempo ci sono giovani che hanno passione per la ricerca, ad essi va rivolta grande attenzione perché le belle menti possano essere poste in rilievo e fornite inoltre nella loro terra di strumenti adeguati ad operare.

                                       Antonietta Benagiano

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