Continua “Voices of Squash”: una serie di approfondimenti sullo squash in cui diamo la parola a campioni, allenatori, tecnici ed appassionati di questa affascinante disciplina sportiva. Il protagonista di questa intervista è Marcus Berrett, allenatore delle squadre nazionali FIGS Seniores e Juniores maschili
Marcus Berrett, classe 1975, ex giocatore professionista di squash di origine inglese che ha rappresentato l’Italia a livello internazionale, è l’attuale allenatore delle squadre Nazionali FIGS Seniores e Juniores maschili. Grande appassionato di questa affascinante disciplina sportiva, dal carattere mite ma con una tenacia e una professionalità da vendere, vanta un prestigioso passato da giocatore e un curriculum squashistico di tutto rispetto.
Nel gennaio 1999, Marcus raggiunge il ranking mondiale più alto della sua carriera classificandosi al 37° posto, nel 1996 vince il British Under-23 Championship e nel 1998 si classifica tra i primi sedici giocatori durante i Campionati Mondiali Individuali. Marcus ha vinto in totale ben 5 tornei PSA, ha disputato 9 finali, ha vinto il Campionato Europeo a Squadre con l’Inghilterra nel 1999, ha conquistato il terzo posto ai Campionati Europei Assoluti a Squadre disputati in Finlandia con la squadra Nazionale Maschile italiana nel 2011 e ha vinto i Campionati Assoluti Individuali nel 2011, nel 2012 e nel 2013. Inoltre, negli anni tra il 2000 e il 2014, in Inghilterra prima e in Italia poi, è stato l’allenatore dell’irlandese Madeline Perry, ex campionessa numero tre del mondo.
Nato a Halifax, in Inghilterra, Marcus si è trasferito nel 2005 in Italia per continuare a coltivare la sua professione di istruttore di squash: dopo Milano (presso il PoliSquash e il GetFIT di Via Vico) e Reggio Emilia (presso il Beriv), vive da sei anni a Riccione dove allena le squadre nazionali maschili presso la Federazione Italiana Giuoco Squash.
Abbiamo avuto il piacere di intervistare Marcus e di sottoporgli qualche domanda riguardante la sua passione per lo squash, non senza carpire alcuni dei suoi segreti tecnici per attuare delle strategie vincenti in campo, utili anche per chi è un giocatore alle prime armi e vuole misurarsi con questo avvincente sport di racchetta.
Lo squash è uno sport che appassiona, emoziona ed entusiasma chiunque per la prima volta si trovi catapultato tra quattro pareti all’inseguimento di una velocissima pallina di gomma, in cerca del colpo perfetto per spiazzare l’avversario. Marcus, come ti sei avvicinato al mondo dello squash? Ricordi ancora le sensazioni della prima volta in campo? Fu da subito amore?
Sì, fu amore dal primo giorno. Sono stato fortunato perché quando ero piccolo abitavo a cento metri di distanza da un piccolo centro di squash: i miei genitori praticavano questo sport e mi portavano sempre con loro. Ricordo, a sei anni, di aver chiesto una racchetta da squash come regalo per il mio compleanno. Da quel momento, sono stato in campo quasi ogni giorno e lo sono ancora sebbene siano passati quarant’anni. La gioia pura dello squash viene da quel particolare movimento, dall’azione di colpire la pallina con la racchetta in maniera pulita. È questo il motivo per il quale la maggior parte degli squashisti, durante la quarantena, non ha mai smesso di praticare lo squash nel proprio garage o su qualsiasi altra parete a disposizione: semplicemente per vivere ancora quella primordiale e affascinante sensazione di colpire la palla contro il muro concentrandosi sulla traiettoria del colpo.
In qualità di istruttore di squash, se dovessi spiegare ad un neofita regole e astuzie fondamentali per avere successo in campo, quali sarebbero i tuoi suggerimenti?
Ci sono tante caratteristiche che possono valorizzare un giocatore di squash, sicuramente non va sottovalutata una buona preparazione fisica. Ma secondo la mia personale visione di questa disciplina, lo squash è uno sport di precisione e di controllo degli spazi. Sono due le astuzie fondamentali per avere successo in campo: la prima, è la capacità di inviare la pallina il più vicino possibile alla parete laterale; la seconda, è l’abilità di conquistare la parte centrale del campo, quella denominata come ‘T’. Lo squash, in sostanza, è semplice: chi riesce mandare la pallina più vicina ai muri laterali e a dominare il centro del campo, vince.
Una volta approcciata questa disciplina sportiva, qual è la strada vincente per raggiungere buoni risultati? Grinta, carisma o strategia: cosa deve possedere il giocatore di squash ideale?
Una delle caratteristiche più belle di questa disciplina è quella di essere uno sport completo. Ci sono alcuni giocatori che puntano tutto sul fisico, altri che si focalizzano sulla tecnica e altri ancora sulla tattica, in base alla propria fisicità o al proprio carattere: lo squash è uno sport aperto a tutti. Solo dopo aver acquisito le basi, è importante capire quale tipo di giocatore si è e quali sono i propri punti di forza.
Per gli agonisti, la grinta è sicuramente un aspetto fondamentale visto che lo squash è uno sport intenso che richiede una buona dose di sfida. In un certo qual modo, bisogna amare la fatica fisica e, al tempo stesso, aver piacere nel far soffrire l’avversario.
Un giocatore ideale di buon livello dovrebbe racchiudere un po’ tutte le caratteristiche principali senza possedere evidenti punti deboli. Inoltre, pur avendo degli aspetti del gioco in cui si eccelle e che possono essere considerati dei punti di forza, è importante avere una forte lucidità mentale unita ad umiltà, ottimismo e perseveranza.
Per i principianti, basta amare questo sport: una bella sudata, a mio parere, è il modo migliore per scaricare la tensione, sfogarsi e ricaricarsi se si è sottoposti a una vita stressante.
Quali sono i tuoi consigli nella scelta dell’attrezzatura più adeguata per praticare lo squash? Come scegliere, ad esempio, la racchetta o le scarpe più adatte?
Nella scelta della racchetta da squash è importante valutare un attrezzo che sia adeguato all’età, allo stile di ciascun giocatore e al livello di pratica, professionale o amatoriale. I giocatori molto giovani, ad esempio, dovrebbero utilizzare una racchetta da mini-squash, più corta e più leggera, che facilita l’apprendimento di una tecnica corretta.
Tra le racchette standard, esistono racchette con la gola aperta che danno più potenza oppure con la gola chiusa, quindi con un piatto corde più piccolo, che regalano più controllo. Le racchette da squash hanno un peso che varia tra i 120 e i 150 grammi: una racchetta più leggera garantisce più potenza e meno controllo, e viceversa. Personalmente consiglio un peso medio che oscilli tra i 125 e i 135 grammi. Io utilizzo la Dunlop, azienda che ha una gamma eccellente e versatile di racchette adatte per ogni livello di giocatore e per ogni età.
Per la scelta delle scarpe, è importante optare per una calzatura specifica, progettata per gli sport indoor. I movimenti dello squash consistono in scatti continui, giravolte, fermate repentine e cambi di direzione rapidi: utilizzare una scarpa non adatta e senza la giusta trazione può essere pericoloso. La mia marca preferita per le scarpe è Asics, azienda che offre modelli performanti appositamente dedicati a questo sport.
Siamo curiosi, raccontaci quali sono i tuoi metodi di lavoro. In cosa consistono i tuoi allenamenti e su quale esercizio o tecnica poni il focus con i tuoi ragazzi?
Solitamente, lavoriamo in progressione passando da esercizi di abilità chiuse ad esercizi di abilità aperte, fino alle partite condizionate. Durante un esercizio di abilità chiusa, si praticano i singoli colpi e si lavora sulla tecnica pura. Negli esercizi di abilità aperte, invece, si lavora sulla prontezza di saper leggere il colpo dell’avversario e, conseguentemente, sulla decisione della risposta da eseguire. E siccome lo squash è uno ‘sport di situazione’ in cui si è in competizione diretta contro un avversario e in cui l’esito dell’azione, quindi il risultato, non dipende esclusivamente dal gesto tecnico, ma dalla capacità di trovare le giuste risposte di adattamento a stimoli diversi, attraverso le partite condizionate, l’allievo vine stimolato a sviluppare le diverse tattiche di gioco.
Qual è il tuo approccio con chi è alle prime armi e con i più piccoli nell’insegnare questa disciplina?
Prima di tutto si insegnano il rispetto, le buone maniere e il divertimento: tutti gli sport svolgono un ruolo vitale nell’apprendimento di questi principi. Lo squash non è uno sport come la ginnastica che richiede una specializzazione iniziale. Per questo, cerchiamo di sviluppare nei più piccoli un’abilità sportiva generale a 360°, che serva quindi per praticare tutti gli sport e per imparare a condurre una vita sana.
Da un punto di vista tecnico, puntiamo sull’equilibrio, sulla fluidità e sul controllo della palla. Quando si osserva per la prima volta una partita squash, soprattutto se in campo ci sono due amatori, si ha spesso la percezione che per praticare questo sport si debba correre forsennatamente su e giù per il campo e tirare il più forte possibile. Invece, quando si osservano i professionisti, si ha una percezione totalmente diversa, quella di uno sport facile e soprattutto fluido, quasi fosse una danza. In realtà, lo squash è un sport fatto di ritmo, di tempismo, di tocco e di precisione. Quindi, fin dall’inizio, insegniamo ai più piccoli ad arrivare alla pallina in equilibrio, a non sforzare i colpi e ad avere il controllo della pallina.
Solitamente gli atleti sono focalizzati ad allenare il proprio fisico, a migliorare la tecnica, per poi concentrarsi nello scegliere e adottare materiali maggiormente all’avanguardia. L’allenamento che spesso manca e che potremmo definire fondamentale, soprattutto nello squash, è quello mentale. Che strategia consigli per mantenere alto il livello di concentrazione in campo?
Il fatto che lo squash sia fisicamente impegnativo vuol dire lo sport in sé aiuta sviluppare la forza mentale. La maggior parte della forza mentale deriva da un duro allenamento, dall’essere messo sotto pressione e dal mantenimento della concentrazione dopo una distrazione, di qualunque tipo essa sia, da una decisione arbitrale sbagliata fino alla rottura di una corda in un momento cruciale della partita. Nello squash è importantissimo non mollare, indipendentemente del punteggio, continuare a spingere anche quando si è stanchi e non perdere mai l’attenzione, neanche nelle brevi pause tra un punto e l’altro. Sono tutte abilità che si possono creare in allenamento attraverso degli esercizi specifici eseguiti sotto pressione e tramite le partite condizionate.
Sono due i miei mantra preferiti:
- Champions do extra: i campioni fanno di più;
- If it doesn’t challenge you, it doesn’t change you: se non ti sfida, non ti cambia.
Marcus, qual è il campo più bello dove hai giocato un torneo di squash e nel quale un giocatore, secondo te, si dovrebbe misurare almeno una volta nelle vita? E quello invece a cui sei più legato a livello affettivo?
Sicuramente, il campo più bello che abbia mai visto è stato quello in vetro de Il Cairo, nello scenario più unico al mondo, davanti alle Piramidi, durante il Campionato Mondiale a Giza nel 1999. Purtroppo non sono riuscito giocare in quel campo perché i miei incontri erano stati programmati in un altro centro, ma sono andato a seguire le partite insieme ad altri 5000 spettatori, nel deserto, di notte, vista Piramidi: niente male!
Il torneo al quale sono più legato a livello affettivo, invece, è il Campionato Europeo Assoluto a Squadre del 2011, che si è svolto in Finlandia, durante il quale la nostra squadra maschile ha realizzato il miglior risultato seniores. E’ chiaro che l’affetto ha molto a che vedere con il risultato, ma è stato molto importante anche il contorno. Ricordo un buon rapporto con lo staff (Vinicio Menegozzi, Walter Monti e Andrea Goldoni), una buona organizzazione dalla FIGS ed un ottimo rapporto con i miei compagni di squadra: Stephane Galifi, Davide Bianchetti, Amr Swelim, Andrea Torricini e Mirko Parrecini. È stato come giocare con amici, non con semplici compagni di squadra. Lo squash è un sport individuale, ma ho giocato in un tale numero di squadre da aver imparato che la dinamica e la compattezza di un gruppo contano moltissimo.
Lo squash è una disciplina divertente, salutare, energica che va a braccetto con gioco, fitness, attività fisica, ludica e socialità, riconosciuta dal CIO ma ancora in attesa di essere incorporata in un prossimo programma olimpico. Le premesse ci sono tutte ma lo squash, soprattutto in Italia, ha subito un calo di interesse e partecipazione negli ultimi anni. Cosa pensi del futuro di questo sport?
Sono d’accordo che lo squash sia una disciplina divertente, salutare ed energica, intesa anche come attività ludica, ma esiste anche un importante circuito per i giocatori professionisti che si chiama PSA e che promuove uno sport sempre più veloce, più spettacolare e più visibile. Il fatto che lo squash non è sia stato ancora incorporato nel programma olimpico (e non ho idea di quale sia il motivo), non va a sminuirne l’importanza. A mio avviso, abbiamo la possibilità di praticare uno sport bellissimo che merita l’inclusione, ma se questo non dovesse succedere, continueremo a crescere e migliorare lo stesso.
In Italia c’è stato un calo di interesse dopo gli anni ’90, periodo in cui andava molto di moda, ma credo sia abbastanza normale che nello sport ci siano alti e bassi. Ciò che mi regala ottimismo per il futuro è l’aumento di ragazzini che giocano. Negli ultimi anni la FIGS ha fatto un buon lavoro a livello di attività giovanile attraverso campi gonfiabili, attività nelle scuole, collegiali, festival e raduni. E adesso siamo cominciando a raccogliere i frutti di questo progetto con un aumento importante dei iscritti ai tornei giovanili. Purtroppo quest’anno il Campionato Europeo a Squadre Under 15 è stato cancellato a causa del Coronavirus, ma ci eravamo iscritti al torneo con una squadra Italiana Under 15, cosa che non succedeva da parecchi anni.
Riguardo la scorsa stagione, quali sono stati i tuoi più bei successi personali e tecnici?
Successi personali? Sono inglese, se riesco ad ordinare cibo italiano da un menù senza che qualcuno mi dica “Scusa, non ho capito”, per me è già un successo!
Parlando di successi tecnici, direi il 9° posto di Cristina Tartarone ai Campionati Europei Under 19 Individuali a Praga, il miglior risultato nella storia per una giocatrice italiana Under 19 (attualmente allenata da Salvatore Speranza). Sono inoltre fiero dell’incremento dei Collegiali Giovanili Regionali che svolgo insieme all’allenatore della Nazionale Femminile Tim Simpson e dell’aumento della partecipazione degli atleti ai tornei giovanili.
Domanda bonus: pensando allo squash, ti viene in mente qualcosa che non ti ho chiesto e di cui ti piacerebbe parlare?
Volevo solamente esprimere quanto lo squash abbia arricchito la mia vita e regalato emozioni indimenticabili: ho conosciuto mia moglie e praticamente tutti i miei amici attraverso lo squash, ho visto il mondo per merito dello squash e vivo in Italia grazie allo squash.
Lo squash ha qualcosa speciale e, quando ti tocca, ti dona la voglia di giocare giorno dopo giorno (quantomeno, finché il corpo regge).
Volevo ringraziare te, Katia, per avermi dato la possibilità di fare questa intervista e ringraziare la Federazione Italiana Giuoco Squash per il continuo supporto e per darmi l’opportunità di aiutare a far crescere lo sport che amo in Italia.
Grazie a te, Marcus!