Roma – Su infezione da Covid-19 e differenza di genere la letteratura e’ ancora scarsa e sono poche le pubblicazioni scientifiche a riguardo. Il virus e’ nuovo e gli esperti hanno imparato a conoscerlo solo da pochi mesi, cosi’ l’epidemiologia e’ in divenire e i dati sono in costruzione. Per saperne di piu’ servira’ del tempo, ma una prima conclusione alla quale si e’ arrivati e’ che il Covid-19 non e’ neutrale dal punto di vista del genere: il sesso maschile, come e’ noto, sta pagando il prezzo piu’ caro perche’ e’ maggiormente colpito. “Ma se e’ vero che esiste una preponderanza di uomini che perdono la vita a causa di questo virus in Italia ma anche in Spagna, cosi’ come e’ stato in Cina, dove circa i 2/3 dei deceduti sono uomini a fronte
di 1/3 delle donne- spiega all’agenzia Dire la professoressa
Paola Parronchi, direttore della Struttura Organizzativa Dipartimentale di Immunologia e Terapie Cellulari all’ospedale Careggi di Firenze – e’ anche vero che a livello internazionale esiste praticamente una parita’ numerica tra i due sessi per quanto riguarda la percentuale degli infetti. Anche in Italia i
dati dell’Istituto superiore di Sanita’ ci dicono che i casi di
infezione riguardano per il 50,2% gli uomini e per il 49,8% le
donne”.
In Italia il 20% circa dei casi positivi al Coronavirus sviluppa una forma clinica grave. Ma chi sono i pazienti che rientrano in questa percentuale? “Ancora una volta sono uomini- risponde Parronchi all’agenzia Dire- e si tratta di pazienti con eta’ superiore ai 70 anni, in larga parte aggregati in due decenni: il 30,8% dei deceduti ha un’eta’ compresa tra i 70 e i 79 anni, il 40,5% ha tra gli 80 e gli 89 anni, mentre il 12,4% ha un’eta’ uguale o superiore ai 90 anni. Nel 13% dei casi, infine, il virus risulta essere letale in pazienti tra i 40 e i 50
anni”.
Questi dati vanno analizzati anche alla luce della piramide demografica ‘sghemba’ dell’Italia, in cui “la popolazione dopo i 70 anni e’ rappresentata soprattutto da donne. Cosi’- spiega l’immunologa- quando andiamo a vedere la differenza tra le morti per Covid-19 di uomini e donne separata per decenni di eta’, notiamo che sicuramente gli uomini pagano uno scotto maggiore in tutti i decenni, ad eccezione dell’eta’ estrema della vita, cioe’ sopra i 90 anni, dove il gap tra i generi si restringe, quasi annullandosi”. Come mai le donne resistono meglio al virus rispetto agli uomini? “Esistono anche motivi sociali di questa differenza. Le donne – fa sapere
Parronchi – affrontano con maggiore disciplina le pandemie, sono
piu’ rispettose delle misure dettate dai governi, indossano piu’
volentieri le mascherine, si affidano piu’ degli uomini alle barriere protettive e sono piu’ ligie al distanziamento sociale”.
Ma la spiegazione davvero innovativa di questa differenza deve
essere ricercata nelle caratteristiche del sistema immunitario
femminile. Gli uomini hanno in genere una peggiore sopravvivenza
anche ad altre infezioni respiratorie e non solo al Covid-19.
“Questo accade infatti anche nelle piu’ comuni ‘polmoniti comunitarie’- dice l’immunologa- durante le quali il sesso
maschile ha una maggiore probabilita’ di morire. Il sesso
maschile, infatti, dal punto di vista immunitario non puo’ essere
considerato il ‘sesso forte’, e sicuramente non lo e’ per il
Covid-19. A parte le possibili differenze tra uomini e donne
nelle molecole che servono al virus per entrare nelle cellule o
per essere riconosciuto, potrebbe essere il cromosoma X a fare la
vera differenza. Il cromosoma X infatti contiene geni
importantissimi per la risposta immunitaria ed e’ cosi’ possibile
che i maschi producano si’ maggiori quantita’ di citochine
(proteine proprie del sistema immunitario) rispetto alle donne,
ma non abbastanza di quelle difensive- conclude Parronchi- bensi’
di quelle che accentuano l’infiammazione che sembra essere il
leitmotiv della malattia grave”.