Roma – “Non si puo’ pensare di tenere il Paese totalmente chiuso, pero’ ci vuole molta attenzione e i numeri devono essere la nostra bussola nella decisione. Ogni apertura significa per i cittadini del Paese assumersi un po’ di rischio, sara’ compito nostro capire quante ulteriori limitazioni e ulteriori rischi siamo pronti ad accettare”. Cosi’ in un’intervista rilasciata via Skype all’agenzia Dire Giuseppe
Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e membro del Comitato tecnico-scientifico che supporta la Protezione civile per l’emergenza, commenta le nuove misure annunciate dal premier Giuseppe Conte che di fatto dal 4 maggio daranno il via alla fase 2 del Coronavirus con una riapertura, seppur parziale e graduale, del Paese.
Fra pochi giorni sara’ possibile spostarsi all’interno della regione per fare ‘visite mirate’ ai propri familiari, nel rispetto delle distanze e con le mascherine. Ma andare a trovare i nonni, che magari sono usciti per andare a fare la spesa o in farmacia, non potrebbe essere piu’ rischioso rispetto ad incontrarsi con un amico, che invece e’ rimasto sempre a casa?
“Dobbiamo definire un nuovo modello di rapporti, intanto facendo
un patto tra generazioni – risponde Ippolito – i giovani risolvono piu’ facilmente questa malattia e senza effetti gravi, mentre gli anziani hanno un rischio particolarmente elevato di morire di questo virus. Proteggere gli anziani non significa che loro non dovranno piu’ avere rapporti o non potranno piu’ abbracciare i propri nipoti, ma significa solo mantenere le distanze di sicurezza e indossare le mascherine che, anche se non hanno un’efficacia dimostrata al 100%, in ogni caso riducono l’eliminazione delle droplets (‘goccioline’, ndr) che portano il virus. La nostra vita deve cambiare in funzione di quanto riusciamo a controllare questo virus: piu’ saremo capaci di farlo, mettendo in atto le misure di distanziamento sociale e gestendo al meglio le situazioni, piu’ avremo benefici. Non dobbiamo pensare ‘tana liberi tutti’, ne’ tantomeno avere posizioni demagogiche e antiscientifiche. La scienza non ha certezze, chiunque dice ‘e’ cosi’ perche’ l’ho detto io’ o perche’ ‘lo ha dimostrato questo studio’ rischia di essere smentito domani. Bisogna avere il beneficio del dubbio e l’umilta’ di dire ‘stiamo tentando una soluzione in un momento difficile'”.
Sempre dal 4 maggio ci sara’ anche la riapertura dei parchi, ma con ingressi contingentati nelle aree riservati ai bambini, e ripresa degli allenamenti, ma solo individuali, all’aria aperta. Restano insomma vietati gli assembramenti per evitare il rischio, che per alcuni e’ una
certezza, che il contagio torni a diffondersi. Secondo quando si
potra’ tornare alla normalita’, solo quando ci sara’ il vaccino?
“Non sono sicuro che il vaccino sia pronto a breve come molti
pensano – dice il direttore scientifico dello Spallanzani – Credo sia necessario definire che cos’e’ una nuova normalita’ e soprattutto capire come va l’epidemia. E man mano che questa epidemia va avanti, noi dovremo adeguare la nostra vita. Difficilmente potremo invitare a casa nostra 40 persone per una festa, stando tutti in piedi, e difficilmente riusciremo a dire ‘non e’ nulla, ha solo un po’ di febbre’ oppure ‘ha solo un po’ di raffreddore’. Ognuno di noi dovra’ essere in grado di monitorare le persone con le quali e’ in contatto e anche se
stesso, anche se ci viene il sintomo piu’ banale”.
Diventa obbligatorio indossare la mascherina negli uffici, nelle fabbriche, dentro i negozi, sui mezzi di trasporto. Pensiamo pero’ all’estate, quando inizieranno ad essere accesi i condizionatori. Avra’ sicuramente letto lo studio condotto da alcuni ricercatori cinesi, secondo cui a gennaio in un ristorante un commensale asintomatico avrebbe trasmesso il virus ad altri clienti, proprio attraverso il forte getto di aria. Allora, serviranno interventi speciali di manutenzione e igienizzazione, per esempio negli impianti sugli aerei o sui treni? “Negli ultimi 30 anni ci siamo abituati ad una vita innaturale, abbiamo
violentato la natura, abbiamo deciso che il caldo era terribile e
che quindi dovevamo usare i condizionatori – risponde Ippolito
all’agenzia Dire – Abbiamo sostituito anche i nostri vecchi e cari
termosifoni con impianti di condizionamento che producevano aria.
Abbiamo stabilito di avere palazzi blindati, spesso con pareti di
vetro e a volte con alto dispendio energetico, perche’ erano
belli e funzionali. Adesso tutto questo sistema viene improvvisamente messo in discussione. Quale sara’ il rischio dei condizionatori lo dimostreremo, ma dobbiamo pensare anche di
riaprire le finestre, di far circolare tanta aria nelle nostre case e di evitare di pensare di rimanere al chiuso ma con i condizionatori accesi. Cosa succedera’ non lo so, non lo sa nessuno. Una persona esposta ad un condizionatore potrebbe prendere una ‘botta di freddo’, come si dice in gergo, potrebbe iniziare a starnutire, ma noi non sappiamo perche’ lo sta facendo. In un momento come questo, andrebbe considerata la possibilita’ di accendere per poche ore la sera i riscaldamenti, quando fa ancora freddo, per evitare che le persone abbiano senso di freddo e starnutiscano. Perche’ ogni starnuto puo’ essere indicatore di qualcosa che sta succedendo. Nel momento in cui allarghiamo i sintomi di questa malattia perche’ le conoscenze aumentano (e proprio ieri, per esempio, i Centers for disease control hanno proposto un nuovo modello di considerare i
sintomi), dobbiamo fare di tutto per stare attenti agli sbalzi di
temperatura. Dal momento che il gasolio e l’energia costano cosi’
poco, si potrebbe anche pensare di autorizzare per qualche ora
l’accensione dei riscaldamenti nelle case, soprattutto nelle zone
piu’ fredde. Questa e’ una considerazione personale, ma penso
agli anziani, ai bambini e a tutti coloro che potrebbero aver freddo. Dobbiamo scrivere un nuovo codice di rapporto tra noi e gli altri”.
Aumentano intanto i pazienti che non necessitano di essere ricoverati in ospedale. Ma l’attenuazione dell’aggressivita’ del virus e’ solo presunta, lo conferma?
“Non abbiamo prove che il virus si sia attenuato, ma abbiamo imparato a gestire meglio questi pazienti – dice Ippolito – per i quali,
ricordiamolo, non c’e’ un trattamento efficace. Continuiamo a
dire o a leggere sui giornali che c’e’ il ‘farmaco del miracolo’,
ma non c’e’ assolutamente un solo farmaco che si e’ dimostrato
efficace nella gestione di questa malattia. È ancora presto per
decidere che cosa dobbiamo fare e come lo dobbiamo fare, c’e’
bisogno di molta attenzione. Noi dobbiamo controllare i sintomi,
ma abbiamo anche verosimilmente avuto un grande accesso alle
terapie intensive. Il professor Gattinoni, che e’ uno dei padri
della rianimazione in Italia, ha sottolineato come bisogna
valutare attentamente l’opportunita’ di attaccare le persone ai
respiratori. Se non lo si fa in maniera appropriata, rischiamo di
fare piu’ danni che benefici. È anche un fatto etico: noi abbiamo
la cultura di dire tutto a tutti, talvolta senza pensare quanto
queste operazioni potrebbero anche essere non secondarie per il
destino delle persone”.
Un’ultima domanda: in un’intervista lei ha dichiarato che
‘bisogna avere anche il coraggio di non sapere’. Secondo lei e’
anche per questo che stando ad un recente sondaggio lei e’ il
piu’ credibile degli scienziati?
“Ringrazio questo sondaggio. Ognuno di noi dovrebbe essere valutato per quello che fa e per quello che ha fatto. Chi si occupa di scienza dovrebbe essere valutato per i programmi nazionali e internazionali che ha gestito e per il numero di pubblicazioni che ha prodotto. Probabilmente bisognerebbe smettere di parlare troppo ai media, dando spesso informazioni contrastanti. Ognuno di noi ha un sano o insano desiderio di protagonismo – conclude infine Ippolito – ma nei momenti di emergenza il protagonismo e’ assolutamente
pericoloso”.