In considerazione che la crisi economica sta sgretolando le capacità produttive della società e osservando lo stato di degrado morale e culturale in cui la nazione è sprofondata è un imperativo improcrastinabile attuare un criterio di lavoro bioregionale ed una cultura socialmente ecologica.
Questo discorso riguarda tutti gli ambiti della operosità umana, dalla nuova cultura olistica, all’arte, alla scienza, alle tecnologie appropriate, alla socialità, etc. ma soprattutto deve investire la produzione di ciò che è basilare per il mantenimento della vita, ovvero il nostro cibo. Occorre ritornare ad una agricoltura estensiva che integri la presenza di varie specie botaniche comprendendovi anche quelle animali, sia le simbiotiche con l’uomo che quelle selvatiche.
In seguito al propagarsi del sistema agro-industriale e delle necessità consumistiche della popolazione umana il consumo del territorio è cresciuto al punto di dover sostituire a boschi e foreste campi coltivati e pascoli, eliminando ogni competitore e appropriandosi di sempre maggiori quote dell’energia disponibile. Ma tale processo deprivato della considerazione olistica che il tutto compartecipa al tutto si sta dimostrando ora deleterio per la continuazione della vita sul pianeta. Infatti l’utilizzazione sconsiderata delle risorse e l’economia di mercato stanno mettendo a repentaglio sia la qualità della vita che le espressioni culturali e la sopravvivenza stessa dell’uomo e delle altre specie viventi.
Il bioregionalismo, l’ecologia profonda ed il vegetarismo si pongono quindi come metodo ri-armonizzante della esistenza umana sulla terra, percependola come un insieme di relazioni armoniche fra il mondo vegetale, animale e minerale, e superando allo stesso tempo il concetto di etnia e di specie “privilegiata”, come faremmo nella considerazione fisiologica di un organismo in cui ogni organo è utile e necessario al funzionamento totale.
Dal punto di vista della società produttiva le linee guida necessarie all’attuazione bioregionale sono: mantenere e coltivare la biodiversità – e questo cominciando a promuovere la biodiversità delle sementi, passando da pratiche agricole basate sulla chimica e su un grande dispendio energetico a una produzione alimentare ecologica. Un’agricoltura che sia prudente nell’uso dell’acqua – la conservazione e il recupero dell’acqua dovrebbero essere gli obiettivi primari invece dell’irrigazione intensiva e dell’esaurimento delle risorse acquifere. Favorire i prodotti locali, biologici, freschi e di stagione, nonché le erbe spontanee. Queste azioni si sposano alla perfezione con alcune considerazioni concernenti vegetarismo ed ecologia profonda.
Ma non è tutto, è fondamentale che l’aspetto alimentare e produttivo non superi in importanza la parte culturale della manifestazione. Poiché la creatività, la fantasia, l’amore del bello, la capacità di esprimere concetti elevati, poesia, arte, musica, etc, sono una componente essenziale del vivere bioregionale. Persino la piccola produzione di manufatti necessari all’uso quotidiano hanno in sé un valore che supera l’utilità, infatti è importante riportare la capacità manuale dell’uomo verso una produzione che sia non solo utile ma anche estetica ed ecologica. Che dire poi degli aspetti spirituali e del processo narrativo che sta alla base della cultura umana? L’uomo è un animale sociale ed ha bisogno di esprimere le proprie emozioni in forme concrete, in piena condivisione con i suoi simili, e non attraverso scatole parlanti e piccoli schermi o con un sistema culturale massificato e finto…
Riportiamo quindi l’afflato poetico dell’uomo nel vissuto quotidiano.
Paolo D’Arpini
bioregionalismo.treia@gmail.com