Per Carlo Spinelli (IDD) ospedali ed RSA della Lombardia vere e proprie bombe al CoVid-19

Il portavoce del movimento Italia dei Diritti per l’emergenza da CoVid-19 mette in risalto i comportamenti quanto meno discutibili della sanità Lombarda nella gestione dei primi casi  di CoVid-19 e anche a epidemia ormai conclamata per i quali quando tutto sarà finito il governatore Attilio Fontana dovrà rispondere

Roma 20 Aprile 2020:  Ormai stiamo convivendo da oltre due mesi con questo mostro a cui è stato dato nome CoVid-19 infatti questo è il tempo trascorso da quel 21 Febbraio quando si è avuta la certezza che il virus era arrivato anche nel nostro Paese partendo dalla Lombardia che ancora oggi è la regione che più ha pagato le conseguenze di questo dannato Coronavirus. Ma perché la regione considerata il motore dell’Italia ha pagato e sta ancora oggi pagando un tributo così alto alla malattia? Prova a dare una spiegazione Carlo Spinelli portavoce del movimento Italia dei Diritti per l’emergenza da CoVid-19 :” Sicuramente qualche cosa a livello organizzativo in Lombardia non ha funzionato dal momento che da quando è iniziata questa pandemia la regione ha registrato più decessi dell’intera Cina ( stando perlomeno ai numero ufficiali che ci giungono dal sol levante ) ed un numero impressionante di positivi. Andando a ritroso nel tempo proviamo ad analizzare i comportamenti tenuti dalle strutture sanitarie lombarde e dall’amministrazione regionale della Lombardia. C’è da dire che, in base a quanto emerso dalle indagini condotte da esperti del settore, il virus pare fosse presente nella regione già dagli inizi del mese di Gennaio quando alcuni pazienti sono stati trattati come se fossero stati vittime di una polmonite più aggressiva del solito, è probabile che già queste persone fossero positive al CoVid-19. Allora però per scongiurare la presenza del virus – prosegue Spinelli – bastava fornire alcune informazioni sulle frequentazioni dei pazienti nei giorni precedenti ai sintomi, era sufficiente non aver frequentato persone che avevano avuto in qualche modo legami con la Cina per scongiurare il virus. Questo è capitato intorno la metà di Febbraio all’ospedale di Codogno, precisamente il 18 quando si presentò al pronto soccorso quello che è stato poi definito il paziente numero 1, i sintomi riconducevano al Coronavirus, ma non avendo avuto frequentazioni con persone legate alla Cina, dopo due ore venne rimandato a casa. Lo stesso però si ripresentava, in condizioni più gravi, nel cuore della notte e veniva ricoverato. Dopo due giorni grazie all’intuizione e alle insistenze di una anestesista, alla quale pare sia stato detto che si sarebbe dovuta assumere la responsabilità dei costi di quell’esame, al paziente n° 1 veniva effettuato il tampone la cui risposta,  dava esito positivo. Ecco quindi che quei tre giorni ( ed i successivi due quando i sanitari ancora non avevano ricevuto indicazioni su come comportarsi dopo l’accertamento del primo caso di CoVid-19 ) sono stati fondamentali per la diffusione del virus. A questo punto fu disposta la chiusura del pronto soccorso per la sanificazione degli ambienti e nella zona intorno a Codogno sono state prese la prime iniziative da parte dei sindaci di chiusura della scuole e locali dove si potevano creare aggregazioni. La stessa cosa però non è stata fatta ad Alzano Lombardo – va avanti ancora Carlo Spinelli – dove il primo paziente riconosciuto positivo, è stato ricoverato ( prima di essere sottoposto a tampone ) per 6 giorni in medicina e dove il pronto soccorso è rimasto chiuso solo qualche ora per poi riaprire senza sanificazione ; non solo ma una paziente ricoverata dal 12 dello stesso mese in medicina per scompensi cardiaci, ha visto la sua situazione clinica man mano peggiorare; morirà la notte tra il 21 ed il 22 per grave insufficienza respiratoria. Il 13 Marzo anche il marito della signora morirà a causa del Coronavirus. Non è stato mai accertato se il decesso della paziente è dipeso dal CoVid-19 ma tutto lo fa pensare. Di conseguenza per dieci giorni nel reparto di medicina probabilmente era ricoverata una pazienta affetta dal virus. Le domande che ci poniamo sono molte  – continua il portavoce IDD – perché non si è pensato di chiudere l’ospedale di Alzano Lombardo? Perché i pazienti che sono transitati per l’ospedale ed i visitatori che in quei giorni si sono recati presso la struttura ospedaliera non sono stati rintracciati, tracciati e monitorati? E soprattutto perché  in questo caso non si è pensato di chiudere la zona circostante Alzano Lombardo? Non è stato fatto neanche quando l’ISS il due marzo in una nota invitava ad istituire una  zona rossa tra il comune lombardo e Nembro cosa che avrebbe potuto tranquillamente fare anche il governatore Attilio Fontana visto che rientrava nei suoi poteri. Non si è chiuso perché l’area interessata è altamente industrializzata e si temevano forti ripercussioni economiche? Non lo sappiamo, siamo coscienti però che questi sono stati errori,  quest’ultimo in particolare, molto gravi  che  hanno favorito la diffusione violenta del virus. La bomba al Covid-19, come l’abbiamo definita, è stata innescata quindi già dai primi giorni di febbraio ma la sua costruzione risale a tempi non sospetti, potrebbe essere lo stesso sistema sanitario lombardo la causa di tutto. La sanità Lombarda infatti e in gran parte stata privatizzata ( si dice per favorire alcuni personaggi vicini ad una certa fascia politica ma di questo ne parleremo in altra occasione ) e quello che ha fatto diventare la Lombardia una eccellenza sanitaria potrebbe in questo caso, aver avuto un effetto boomerang e ci spieghiamo meglio; in una struttura privata – spiega Spinelli – un posto letto può significare anche 5000/6000 euro al giorno di conseguenza per queste strutture dichiarare il ricovero di un paziente affetto da CoVid-19 ( quando ancora non erano state adibite le strutture ad hoc ) poteva significare chiusura della struttura e ridistribuzione dei pazienti e se anche questi provvedimenti fossero stati solo temporanei ( il tempo di effettuare la sanificazione )  avrebbero apportato un danno economico. Con questo non vogliamo dire che le strutture private abbiano nascosto pazienti affetti da Coronavirus, ma il sospetto è più che giustificato. C’è poi il piano per fronteggiare le pandemie che la Lombardia dieci anni fa approvò sotto la Guida Roberto Formigoni e che venne attuato durante la pandemia H1N1 ( influenza suina ) già in quel caso il piano si presentò lacunoso in molti punti sia per le strutture sanitarie, che per il personale medico soprattutto dal punto di vista formativo ed informativo, sia per la gestione delle RSA (residenza sanitaria assistenziale per anziani ), fortunatamente in quel caso il virus mostrò un quadro clinico modesto e non ci furono grosse conseguenze negative. La regione però si prese l’impegno di rivedere quel piano in base all’esperienza fatta ma in questi dieci anni nessuno ha apportato modifiche a quel piano che è rimasto chiuso in un cassetto con le conseguenze che sono sotto gli occhi di tutti. C’è poi da dire anche che la Lombardia è la regione che più ha trattato il CoVid-19 con l’ospedalizzazione dei pazienti infatti sono stati ricoverati circa il 66% dei malati da Coronavirus a fronte ad esempio del 25% del Veneto (tanto per citare una regione colpita alla pari della regione lombarda dal virus ) che non ha caso è riuscita a fronteggiare meglio la diffusione della Pandemia. Il virologo Roberto Burioni aveva  avvertito, già al verificarsi dei primi casi, che il virus andava combattuto isolando i pazienti affetti mettendo proprio in guardia la regione lombarda su come, possibili errori nella gestione della pandemia, avrebbero portato a gravi conseguenze, i pazienti quindi ( quelli che naturalmente non necessitavano di trattamenti particolari come l’intubazione ad esempio) andavano curati e monitorati a domicilio in modo da poter avere meno contatti possibili con altre persone, questo non è stato fatto e di conseguenza gli ospedali sono diventati delle vere e proprie bombe al CoVid-19. A Febbraio poi si sono verificate anche circostanze sfortunate – va avanti ancora l’esponente IDD –  che sicuramente non hanno aiutato come il treno alta velocità Milano – Salerno deragliato il 6 Febbraio a Ospedaletto Lodigiano; chi è intervenuto per i rilievi non usava le mascherine in quanto ancora si era ben lontani dal pensare che il Coronavirus avrebbe causato un numero così alto di contagiati. Da li a qualche giorno invece alcuni di coloro che sono intervenuti sul posto sono risultati poi positivi tra i quali anche alcuni funzionari delle forze dell’ordine appartenenti a caserme e questure dalle quali il 19 febbraio sarebbero partiti addetti per il servizio d’ordine della partita di Calcio Atalanta – Valencia disputata allo stadio San Siro. Anche questo episodio ha contribuito in maniera non indifferente alla diffusione del virus; 45.000 tifosi arrivati a Milano con treni, bus ed aerei che hanno frequentato pub, bar e ristoranti del capoluogo lombardo e che sicuramente hanno fatto da vettori per il contagio. 5.000 di quei tifosi provenivano da Valencia guarda caso uno dei maggiori focolai spagnoli del CoVid-19. Per finire parliamo della RSA per anziani, sono già scattate le indagini per accertare se ci sono state o meno violazioni dei protocolli di sicurezza e si è partiti dal Pio Albergo Trivulzio che ritorna agli onori della cronaca in negativo dopo quasi trent’anni quando proprio dal PAT partì l’inchiesta mani pulite. In questo caso si indaga sul comportamento della struttura nella gestione degli anziani con una ventina di nuovi ricoverati a epidemia ormai conclamata   e sulla delibera della regione Lombardia firmata l’otto marzo quando si era in piena emergenza con zone rosse già istituite; la delibera dava il via libera alle RSA per ospitare anziani colpiti dal virus che non potevano essere ricoverati per tenere liberi i posti letto negli ospedali e favorire il ricovero dei pazienti più gravi   ed il PAT era la struttura incaricata allo smistamento di questi anziani che sarebbero dovuti rimanere isolati dagli altri ospiti. Il risultato ha portato ad un aumento esponenziali di decessi nelle strutture ( 180 solo al PAT). C’è poi il problema dell’uso dei dispositivi di protezione come le mascherine che pare, proprio al PAT, fossero vietate; vedere infermieri con le mascherine, si diceva, impauriva gli anziani ricoverati. E su questo – prosegue Spinelli – si sono già aperte le indagini. Questo dunque, in parte, è quanto è successo in Lombardia che non a caso è la regione che più sta pagando dazio al CoVid-19. A fine emergenza speriamo si faccia luce su questi episodi che hanno e stanno condannando a morte molti nostri compatrioti, è giusto indagare checché ne dica Salvini che avrebbe dichiarato, come riportano alcuni organi di informazione, che invece di mandare medici ed infermieri nelle strutture sanitarie si stanno mandando le forze dell’ordine; vogliamo dire al leader leghista che carabinieri, polizia e guardia di finanza non fanno il loro dovere solo quando si tratta di indagare personaggi di altre forze politiche, la sanità è ormai a gestione regionale e se ci sono state colpe e negligenze che hanno portato danno alla salute dei cittadini è giusto che chi ha sbagliato paghi. Se è vero che nel Lazio ( una regione a caso ) le colpe di una sanità inefficiente vengono imputate al governatore Nicola Zingaretti – chiude Spinelli –  ci sembra giusto che se ci sono state carenze nella gestione dell’emergenza sanitaria da CoVid-19 le colpe ricadono su chi governa la regione Lombardia”.

Ufficio stampa Italia dei Diritti

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