“MOSE, SPERIAMO NEL PADRETERNO”, DICO IO, “MA ANCHE NEGLI…UOMINI”, AGGIUNGE UN MIO PARROCO BELLUNESE…

La prova positiva (come leggo e sento dire) delle paratie mobili, volta a fronteggiare l’alta marea di Venezia, chissà perché, ha acceso in me una qualche positiva speranza. Dico subito però che, detta mia speranza sembra essere supportata più da una sensazione “a naso”, come si suol dire, che da oggettività scientifica in quanto aleggia già nell’aria ancora poca voglia, da parte dei tecnici, di esprimersi con sicurezza sul funzionamento di quest’opera faraonica che, col passare degli anni, per evidenti motivi, potrebbe esentare da responsabilità chiunque l’abbia progettata ed attuata. Voglio dire insomma, con gli auguri che i tecnici vivano più a lungo possibile, che alla fin fine non si potranno processare i morti…

Detto questo, anche in veste di detrattore sin dagli anni ‘90 di quest’opera, propenso come ero a modificare la morfologia lagunare risparmiando fior di miliardi piuttosto che affrontare un progetto tanto aleatorio come quello che forse avrà una fine tra due anni, mi auguro e prego il Padreterno affinché le cose vadano nella direzione sperata, atteso che ormai non sarebbe più possibile tornare indietro.

Lo dico sinceramente, col cuore in mano anche per il bene che nutro per Venezia ed accantonando fin da adesso le mie iniziali perplessità, peraltro condivise dai Cacciari, dai Bettin, dai Cipriani e tantissimi altri, che mi piacerebbe o dispiacerebbe che un giorno si dovesse dire che, per effetto della imponderabilità degli eventi, ora che abbiamo finito il lavoro, esso non serve più…”

A buon intenditor… Ergo, speriamo in Dio, come da titolo.

Arnaldo De Porti – ex veneziano

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