Tempo fa, subissato da una serie, invero abbondante e “sui generis” di messaggi Facebook, provenienti tra l’altro da persone in capo alle quali mai avrei pensato ci fosse stata la voglia di premere una x su “Mi piace” o di “Condividere” anche certe insulsaggini che, secondo il mio modo di pensare, sono più conciliabili con una sorta di “vacatio mentis o di otium monasticus” come direbbero i latini, ho in qualche modo reagito verso questo moderno strumento “sociale” che, per alcuni, anzi per molti, sembra sostituire il…pane quotidiano.
La mia reazione è consistita, come faccio ora, nello scrivere sui giornali, un qualcosa di non proprio estremamente positivo al riguardo ricevendo una serie di risposte che, sia pur espresse con una certa diplomazia fors’anche per rispetto al mittente, come ad esempio un “aggiornati” (invito fattomi con gentilezza da parte di un funzionario pubblico), non mi hanno fatto cambiare idea. Anzi, vorrei aggiungere che, dopo aver ascoltato su alcune emittenti pubbliche vari giudizi negativi su questo modo di socializzare (fake-news docent !), vorrei ribadire una mia convinzione su questo argomento; e ciò, in chiave para-sociologica, pur non avendo una laurea in sociologia.
Premetto di non bocciare “facebook” ma di apprezzarne anzi certi aspetti, ma solo quelli che stanno però più dalla parte del buon senso piuttosto che dalla necessità soggettiva di legare con qualcuno, chiunque esso sia. Trovo infatti demenziale che una persona, pluri-laureata, scriva su Facebook di aver preparato una…frittura mista che era la fine del mondo, perché altrimenti, analogamente, io mi sentirei autorizzato a scrivere che ieri ho indossato un nuovo paio di mutande di puro cotone in quanto le altre mi erano strette…”
Forse avrò anche esagerato nella comparazione esemplificativa, ma la differenza sta solo nel fatto che al posto del pesce fritto si parla di corsetteria maschile..
Ma dove sta la “vacatio” di cui facevo cenno prima ?
Essa sta nel “condividere” a iosa i fatti, anche sentimentali, degli altri. In questo “condividere” o mentre si mette una “x” su “Mi piace” io ricavo la sensazione che, chi condivide, lo faccia perché nel suo “ io “ forse non ha nulla che lo soddisfi e abbia la necessità di prendere a prestito le sensazione degli altri…, fatte salve le opportune eccezioni che pur ci sono.
In questa mia riflessione inserisco anche qualche mio stretto familiare che, malgrado gratificato dalla sua condizione sociale, non fa altro che..quotidianamente condividere.
Potrei continuare all’infinito, ma corro il rischio di smentirmi dando troppa importanza all’argomento, per cui mi astengo, salvo riproporre una scenetta in chiave divertente per alcuni, ed in chiave ironica per coloro che non possono fare a meno di Facebook.
Qualche settimana fa, scrissi quanto segue, forse mutuando il senso da una precedente lettura ilare.
Ecco quanto ho scritto :
“…siccome io non me ne intendo di “social” ho pensato di crearmi un “facebook” per conto mio, imitando coloro che lo usano tutti i giorni per comunicare quanto fanno, che condividono ecc.ecc.
Mi sono appostato davanti a casa mia ed ho incominciato a fermare la gente che mi passava davanti dicendo loro cosa avevo mangiato il giorno prima, che avevo comperato una bicicletta nuova, che dopo avrei lavato la macchina, che mia moglie aveva fatto un “tiramisù” per il compleanno di nostro figlio, che il cagnolino non sta molto bene ecc.ecc.
Pare che l’esperimento sia molto riuscito.
Infatti, dopo questa mia emulazione “in proprio” di facebook ora ho molte persone che mi seguono e che sono le seguenti: due carabinieri, degli infermieri del vicino ospedale che si danno il turno per seguirmi, uno psichiatra, ed un addetto alla igiene mentale di un vicino nosocomio…
Devo ammettere di aver…sbagliato nel non annettere sufficiente importanza a Facebook.
Nane Indrìo da Feltre