Il team di scienziati di Havard, guidati dalla dottoressa Laurel Schaider, ricercatrice scientifica presso il Silent Spring Institute negli Stati Uniti, hanno esaminato più di 400 campioni provenienti da 27 diversi fast food. Un terzo di tutti i materiali di imballaggio testati conteneva fluoro sotto forma di composti perfluorurati e polifluorurati (PFAS). I PFAS sono associati al cancro dei reni e alla prostata, colesterolo elevato, diminuzione della fertilità e altre malattie. Secondo lo studio le più significative concentrazioni sono state registrate nella carta utilizzata per il “confezionamento”. Più di ogni altro campione è risultato positivo. In confronto, solo ogni 5 imballaggi di cartone contenevano fluoro. Studi precedenti hanno dimostrato che le sostanze contenenti fluoro possono passare dalla confezione al cibo e quindi entrare in contatto diretto con l'organismo e svilupparne l'effetto nocivo. Si stima, infatti, che quotidianamente nel Nostro Paese diverse milioni di alimenti serviti nei fast food comprese le pizze, vengono preparati e trasportati in confezioni di cartone, che a norma di legge devono essere prodotte a base di cellulosa vergine. Sul tema, la nostra normativa è tra le più severe in Europa e vieta l’impiego di materiale riciclato e anche la presenza di scritte all’interno dei contenitori che trasportano questo tipo di alimenti. La necessità di questo genere di precauzioni scaturisce dall’esigenza di evitare qualsiasi contaminazione di un alimento come la pizza che per natura è umido e ricco di grassi e perciò in grado di estrarre dal cartone sostanze sgradite soprattutto quando viene inserita appena sfornata e quindi calda anche a 60/65°C e per diversi minuti. Tutte condizioni ideali a favorire la migrazione. Nel cartone riciclato, infatti, non è raro trovare tracce di piombo, ftalati e altre sostanze tossiche. Alla luce di tale notizia, Giovanni D’Agata, presidente dello “Sportello dei Diritti” ritiene utile da parte delle autorità sanitarie ma anche dei NAS dei carabinieri, un’indagine a campione sul territorio al fine di verificare l’utilizzo corretto a campione di tutti i materiali di imballaggio utilizzato nei fast food. Lo studio è stato pubblicato sulla rivista Environmental Science & Thechnology Letters.
Lecce, 18 febbraio 2019
Giovanni D’AGATA