Per parlare di Stato Sociale è indispensabile rivedere la concezione del diritto, di cosa sia veramente “un Diritto”. Ad “un Diritto” vengono spesso aggiunti aggettivi e qualificazioni rivelatesi, alla prova del tempo, scorretti. Pensiamo ad “acquisito” “irrinunciabile” “inviolabile” e via discorrendo che, alla bisogna, vengono revocati o modificati. Pensiamo che invece “un Diritto” sia tale in quanto tale a prescindere dagli aggettivi qualificativi che la legge, la Costituzione oppure semplicemente un Saggio possano affibbiare. Orbene, “un Diritto” allora non si può acquisire né concedere, né donare e neanche imporre. Un Diritto è un aspetto connesso indissolubilmente alla vita degli esseri viventi. Per il semplice fatto di essere nati e venuti al mondo esistono, per forza di cose, quelle condizioni necessarie ed indispensabili a rendere possibile, si badi bene, possibile non migliore, il continuo crescere e divenire degli esseri viventi. L’errore, a nostro parere, commesso per eccesso di zelo e di imposizione giuridica sta proprio nella caparbia codificazione delle leggi in una materia, uno stato di fatto ineluttabile, la vita, inconcepibile da gestire attraverso i codici. Pensiamo ovviamente al Diritto quale corredo ancestrale e primordiale connesso alla nascita, non certamente a tutti quegli aspetti che in relazione tra di loro hanno necessità di disciplina giuridica, ci riferiamo a tutta quella massa di diritti con la lettera minuscola. Insomma, il Diritto di cui parliamo sarebbe il minimo sindacabile ed indiscutibile di tutte quelle sfaccettature relativa al semplice fatto di essere venuti al mondo. Questa sola determinazione basterebbe a pensare ad una codifica ulteriore ad intrecci di diritti, questa volta con lettera minuscola, disciplinabili per leggi e regolamenti. Gli assunti finora raggiunti mostrerebbero un aspetto penalizzante rispetto alla concezione del diritto così come le leggi, i codici e la Costituzione ci suggeriscono e sembrano imporci per il bene comune. Non si nega ciò. Ma, di contro, l’aspetto positivo è l’assenza di dispersioni a fronte di una concentrazione di Diritti che nessuno può sovvertire o revocare. In caso contrario significherebbe togliere la vita stessa o, peggio ancora, svilirla si ogni significato. Si avrebbe, nel riconoscere questo aspetto fondamentale, la certezza che un essere vivente, per il fatto di essere vivo, ha dei Diritti, minimi ma certi che gli permettono di sopravvivere. Nessuna carta può e neanche deve potersi esprimere sulla vita e sulla morte. Neanche a chiacchiere. Nessuna legge o Costituzione bella o brutta che sia, dittatoriale o Repubblicana, ha la possibilità e neanche la competenza per poter decidere sui Diritti connessi alla vita. L’errore che si è compiuto, a nostro parere nell’arco degli anni e nella cosiddetta evoluzione socio-politica delle Nazioni, è stato quello di volersi accanire a trovare formule inappropriate se non esagerate a concezioni di diritto (lettera minuscola), cioè pratica delle relazioni tra viventi e Stato confondendoli con il Diritto (lettera maiuscola) senza il quale viene meno la vita stessa. E’ una esagerazione demagogica, per esempio, affermare come afferma la Costituzione americana che tutti hanno diritto alla felicità. E’ una ingenua quanto infantile concessione costituzionale che esorbita i poteri e le leggi stesse. Orbene, se proprio dobbiamo parlare di Stato Sociale anche se ahimé i due termini insieme richiamano solo confusioni, cattivi ricordi e comunisti che mangiano i bambini, lo si deve fare tenendo in conto che la conservazione e la tutela del Diritto è sacrosanto ma non serve e neanche deve servire a migliorare le condizioni di vita. Serve solo, ed allora è Diritto con la lettera maiuscola, a vivere e non se ne parla neanche che qualcuno o qualcosa te lo possa togliere perché equivarrebbe a toglierti la vita. Oggi, abbiamo superato di gran lunga la soglia della decenza umana imbrigliati come siamo nella demagogia quotidiana. Oggi i Diritti di cui parliamo vengono sommersi da una montagna di demagogia cartacea che ha smarrito del tutto la strada e non è in grado neanche di giustificare le proprie contraddizioni e brutture: concedere, revocare, acquisito non acquisito, te lo concedo e poi vedremo e via discorrendo. Oggi quei Diritti di cui sopra vengono letteralmente ignorati. Quel minimo sindacale che è il Diritto che conta ed è intoccabile è colpevolmente trascurato addirittura dato per inesistente. Ricominciare proprio da lì è la strada giusta nella tutela di tutto quanto scaturisce da questa certezza per poi lavorare sulla fitta rete di relazioni dei diritti, (lettera minuscola), tra di loro.