MARGINALMENTE n. 55 del 14.nov.2015

C’era una volta la mafia…

La lettura dei giornali, ma anche la fugace visione di qualche telegiornale, sono capaci di dare un’impressione generale di cosa sia diventato questo Paese. Insomma, questa nostra Italia una volta era il Paese della mafia, prodotto così originale, tipico e di “qualità”, da essere persino esportato. Erano i tempi della mafia con la coppola e la lupara, dei picciotti e degli scassapagghiari. Poi c’è stato il perfezionamento territoriale e la d.o.c., la denominazione di origine controllata: la ‘ndrangheta in Calabria, la camorra in Campania e persino la sacra corona unita nella solitamente pacifica e operosa Puglia.


E adesso? Adesso tutti questi uomini di disonore sono solo dei dilettanti, romanticoni del crimine: oggi la mafia vera, coi soldi veri – “i pìccioli” dicevano Totò ‘u curto e zu Binnu – la fanno i politici, i magistrati e i monsignori. Ma leggete le cronache! Dei politici, il più pulito “c’ha la rogna”: i politici ladri – allora alle prime armi – un tempo affollavano la potente Dc; poi corsero nel rampante ( e arraffante) Psi; quindi – di corsa, col fiatone – nella Forza Italia dei tempi belli; infine, con esodo biblico, all’ombra dell’ “uomo solo al comando”, il grande “one man show”, colui che può fare ministro persino una Marianna Madia, o può gettare nel lago di fuoco della Geenna quel baffo canuto di Dalema: Re Renzi. E i magistrati? Mamma che fame anche loro! Beh, oggi chi ha una causa in corso, piuttosto che chiedere quanto costerà la parcella dell’avvocato, può essere tentato di chiedere se e quanto – eventualmente – può costare… il giudice. Dei tanti, troppi monsignori che sguazzano nel lusso, tra ostriche e champagne, fra attici e cocaina, rubando persino le elemosine per i poveri, non scrivo per evitare “cognati di vomito” come diceva il buon Frassica.


Così va il mondo, quello stesso (per restare alla cronaca) in cui se sei madre ed è destino che tu debba finir male, è probabile che a farti la pelle sia un figlio; e se sei figlio, ed è scritto che tu debba morire giovane, è facile che ti tolga dal mondo chi ti ci ha messo. E se, ubriaco e drogato uccidi un poverocristo che in bici torna dal lavoro, passerai molti meno guai che se non pagassi una rata di Equitalia.


Ah, la mafia, quella sì che era una azienda italiana… seria!


Io le faccio causa!


Il prefetto Cantone, commissario nazionale Anticorruzione, ha chiesto conto alla Atac, l’azienda trasporti pubblici di Roma, di due milioni e mezzo di euro spesi in parcelle legali all’esterno, quando l’azienda ha, al suo interno, un proprio ufficio legale. Giustissimo. Ma il governatore della Puglia, Emiliano, si è trovato di fronte a una sorpresina ben più sgradevole. Ha trovato in Regione un conto sospeso di ben 25 milioni di euro di parcelle esterne nonostante il corposo ufficio legale regionale. Un conticino salato dieci volte quello dell’Atac di Roma. L’enormità di questa cifra (pari – se non avete compreso bene – a 50 miliardi delle vecchie lire) deriva da 17mila cause intentate contro la Regione ma – attenzione! – smistate ad appena quindici studi legali; e per alcune singole cause sono state presentate parcelle da oltre centomila euro. Nei panni del governatore, d’ora in poi, pagherei sull’unghia ogni richiesta dei cittadini evitando di resistere in giudizio. Forse sarebbe economicamente più conveniente.


Rivera politico per caso


Intervistato da Giancarlo Perna per Libero, Gianni Rivera si è detto soddisfatto della carriera da deputato ma che non ne aveva la vocazione. cinque anni da sottosegretario alla Difesa e sono stato eurodeputato. Non volevo le cose a tutti i costi: quel che mi è capitato ho preso>. Beh, per un ex calciatore sarà stato un po’ meglio che aprire un bar in paese. Sembra quasi che qualcuno debba chiedergli scusa per avergli dato oltre vent’anni da deputato senza che ne avesse né vocazione né preparazione!


Poste…a cavallo


All’ufficio Poste del mio quartiere ho fatto una raccomandata con ricevuta di ritorno e ho speso circa cinque euro. L’ho spedita da Taranto il 15 ottobre e, siccome era raccomandata, è arrivata a Roma il 20 (cinque giorni! Presumo sia andata con un postale a cavallo). Timbrata a Roma la ricevuta il 20 ottobre, il cartoncino è tornato a Taranto, nelle mie mani, il 6 novembre (17 giorni! Stavolta ha viaggiato a piedi). Totale, 22 giorni. Non so voi, ma io non ho comprato le azioni di Poste SpA.

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