La notte dell’orrore cominciò con l’aggressione ai pescaresi. Heysel, 30 anni dopo. Il ragazzo con lo zaino arancione racconta. – di Domenico Logozzo *

di Domenico Logozzo *

PESCARA – “Noto uno Juventus Club, in particolare, lo Juventus Club Pescara, che viene investito dal lancio di bottiglie. Alcuni signori si toccano la testa, forse sono stati colpiti e si voltano a protestare verso gli inglesi responsabili del gesto. Per tutta risposta ricevono il lancio di altri oggetti: mi sembrano sassi, oppure pezzi di intonaco dello stadio che sono stati staccati per essere usati come pietre”. Tra i primi ad essere stati presi di mira dai tifosi inglesi nella “notte dei barbari dell’Heysel” furono gli abruzzesi. E’ quanto emerge dalle pagine del libro “Il ragazzo con lo zaino arancione. Io, sopravvissuto all’Heysel, 29 maggio 1985” del giornalista Alberto Tufano e dello scrittore Francesco Ceniti della Gazzetta dello Sport, che l’ha pubblicato nel trentennale della tragedia. 39 vittime, due abruzzesi: Rocco Acerra e Nino Cerullo di Francavilla al Mare. “Torneremo con la Coppa”. Tornarono in due bare. Non ci fu nessuna pietà per i morti. Corpi straziati dalle autopsie e non ricomposti. Tutto l’Abruzzo fu vicino al dolore della comunità francavillese. Ai funerali parteciparono più di trentamila persone.

Un racconto “da dentro l’orrore”. Sconvolgente. Scrive Ceniti: “Per come si svolge, il racconto di Alberto sembra quasi romanzo, sceneggiato e pensato in ogni punto. Non è un romanzo: è tutto tragicamente vero”. Scrive Tufano su facebook: “Io e Francesco abbiamo scelto di narrare i fatti come se io avessi ancora i 16 anni che avevo all'epoca, per far vivere al lettore l'atmosfera e il dramma, momento per momento. Onore a 39 vittime innocenti, martiri senza bandiera di un calcio sbagliato”. L’assalto degli “animals” al settore Z, ha trasformato la finale di Coppa dei Campioni tra Juventus e Liverpool in un campo di battaglia. Alcool, furia, follia. Un’orda di ubriachi all’assalto e nessuno ha fermato il massacro. Tufano è miracolosamente sopravvissuto alla strage degli italiani travolti, aggrediti e schiacciati. Un inferno. “Ma quanti saranno? Devo cercare di scivolare verso il basso. E quelli cosa sono? Perché tutti quei corpi a terra? Sono morti o svenuti? Morti, sembrano morti, porca puttana! SONO MORTI! Le urla mi stanno entrando nel cervello”.

Per quasi trenta anni quelle urla e quelle immagini di furia e di terrore le ha tenute per sé, intimo ricordo di un dramma mai dimenticato. A spingerlo a “rompere il ghiaccio” ed a scrivere “io sopravvissuto” con Francesco Ceniti – autore fra l’altro del libro-inchiesta su Pantani che ha fatto riaprire le indagini – è stata una foto che non conosceva e che nel 2012 è stata ripetutamente pubblicata dai giornali di tutto il mondo. Lo ritrae in piedi, con lo zaino arancione in mano in mezzo alle vittime dell’Heysel. Tifosi mandati allo sbaraglio in una partita organizzata senza alcuna tutela degli spettatori. “L’Uefa, le autorità locali, la gendarmeria belga e il personale medico: ci sono tanti colpevoli, ognuno ha contribuito primo e dopo a quella che non è stata una drammatica fatalità”, afferma Ceniti. E sottolinea che con amarezza che “soltanto nel 1991 i coraggiosi familiari delle vittime, con l’associazione voluta da Otello Lorentini, papà di Roberto (a cui il libro è dedicato), morto nel tentativo di salvare un bambino, sono riusciti a ottenere la condanna dell’Uefa per omessa prevenzione e delle autorità locali ritenute responsabili del sangue versato in Belgio”.

Erano stati più di seicento i tifosi juventini che dall’Abruzzo avevano seguito la squadra del cuore a Bruxelles. Rocco Acerra e Nino Cerullo erano partiti da Francavilla al Mare sicuri della vittoria bianconera: “Torneremo con la Coppa”. Tornarono in due bare. ”Semplici e inermi tifosi – scrive Ceniti – arrivati a Bruxelles sognando un giorno di festa o, nel peggiore dei casi, di delusione sportiva. Gioia e dolore legati ad un risultato. E invece l’orrore dell’Heysel ha spazzato via il gioco più bello del mondo”. E precisa: “Molto è cambiato dal 1985: oggi sarebbe impensabile organizzare un evento come la finale di Champions con la stessa faciloneria di 30 anni fa. L’Uefa e il Paese che ospita la partita più importante della stagione per i club lavorano 12 mesi per curare ogni dettaglio. E la sicurezza è al primo punto. C’è voluto l’Heysel, purtroppo”. E Boniek nel rievocare nel libro di Ceniti e Tufano le sensazioni vissute quella sera, afferma: “C’era una mentalità sbagliata e tutti facevano finta di nulla. Se la tragedia non fosse accaduta a Bruxelles, sarebbe stata solo questione di tempo. Poco tempo. L’uomo è fatto così: “solo dopo avere toccato con mano il sangue apre gli occhi e rimedia agli errori”.

Errori gravissimi. Misure di sicurezza praticamente inesistenti, come testimonia Tufano nel raccontare l’aggressione subita dai tifosi dal club juventino di Pescara. “Vedo gesti di rabbia anche tra i signori colpiti nel nostro settore e, istintivamente, mi alzo in piedi per capire meglio cosa sta succedendo. Sembra una piccola schermaglia tra un paio di tifosi inglesi e i signori dello Juventus Club Pescara colpiti dalle bottiglie, ma c’è comunque una piccola rete da pollaio che li divide. Poliziotti non ne vedo, anzi ne conto 6 in tutta la curva, tra settori X e Y degli inglesi e il settore Z occupato da noi. Certo, sulla pista di atletica, nei pressi della nostra curva, ci sono anche due poliziotti a cavallo, quindi il totale dei poliziotti presenti è di 8. Sta di fatto che nessuno di essi muove un dito per sedare sul nascere quel piccolo diverbio tra tifosi vicini di settore. Il lancio di oggetti, anzi, si infittisce di più”. La situazione improvvisamente si fa esplosiva. “Un boato, un tuono che scuote lo stadio. Cosa è stato? Cosa sta succedendo? Cos’è questo improvviso fragore? Sono in piedi, fermo, ma tutto intorno a me si muove. E’ un terremoto forse? Dove vanno tutti? In un attimo la curva dei tifosi del Liverpool non è più la stessa: gli inglesi, che prima erano tutti compressi nei loro settori, sembrano essersi mossi improvvisamente tutti insieme di circa cinque metri verso di noi. Vedo uno spazio vuoto, piuttosto ampio alla fine del loro settore X, quello più lontano, però non vedo più i signori dello Juventus Club Pescara che stavano discutendo con gli inglesi… Dove sono finiti?”

*già Caporedattore del TGR Rai

IL RAGAZZO CON LO ZAINO ARANCIONE

di Francesco Ceniti e Alberto Tufano

(La Gazzetta dello Sport – pag. 217 euro 7,99+prezzo quotidiano)

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