Leonardo Malà, da Perugia, su Repubblica.it del 16 aprile: «L'immagine più toccante di Cabu, politiquement incorrect! sta nel sorriso inoffensivo del celebre vignettista che si fa ancora più aperto quando gli chiedono se davvero si può ridere di tutto, perfino della propria morte. Jean Cabut, in arte Cabu, non ha dubbi: “Non è che si può. Si deve”». Ovvio che si può ridere della propria morte. Io credo, però, che il celebre vignettista non avrebbe sorriso per niente se gli avessero chiesto: “Si può ridere della morte altrui? Non so, tanto per fare un esempio, della morte di una persona molto cara magari ad un potente della terra? Della morte di un suo bambino?”. Io non credo che il celebre vignettista avrebbe risposto affermativamente, perché esistono cose sulle quali non si può, non si deve ridere, non si deve sghignazzare. E si dà il caso che per una moltitudine di persone Gesù è più caro dì un familiare. Per una moltitudine di persone Maometto è più caro di un familiare. Ma non occorrono leggi per stabilire su che cosa si possa ridere, non ci vogliono leggi, ci vuole solo il buon senso, la coscienza. Coscienza che sembra essere venuta fuori dopo i fatti tragici di Parigi, da condannare ovviamente come ogni violenza, come ogni omicidio, come ogni strage. Leonardo Malà scrive: «E' una storia a dir poco sorprendente, quella del documentario girato da Jerome Lambert e Philippe Picard, voluto dagli organizzatori del Festival internazionale del giornalismo per ricordare la strage di Charlie Hebdo… I due registi ammettono che dopo la tragedia del 7 gennaio la leggerezza e la ferocia di Charlie Hebdo sono venute un po' meno… sulla religione il clima è cambiato: sarà per il timore ancora addosso, sarà perché dopo quanto è accaduto è logico non trovare nulla da ridere nello sbeffeggiare Allah, “sembra l'abbiano vinta loro”. No. Non hanno vinto loro, ha vinto la consapevolezza che non si può ridere di tutto, sghignazzare su tutto.
Elisa Merlo
