A chi appartiene la “Casa d’Italia” di Zurigo?


La Casa d’Italia è diventata ormai un luogo estraneo alla comunità italiana, in quanto tranne poche persone che vi si ritrovano ancora per seguire le partite del campionato di calcio, la nostra collettività è stata in un certo qual modo indotta a cercare altrove un posto dove potersi incontrare.


Per fortuna a Zurigo c’è ancora il “Punto d’Incontro” dove gli italiani hanno la possibilità di incontrarsi, discutere, respirare un po’ di atmosfera della nostra penisola e incontrare emigrati di altre nazionalità, conoscere altre culture e tradizioni.


Se si è arrivati a ciò dobbiamo ringraziare il precedente, mediocre e lungimirante Console dott. Mario Fridegotto, che ha dato la Casa d’Italia in concessione all’Associazione “Pro Casa d’Italia”, che vede partecipe una buona fetta dall’attuale Comites uscente di Zurigo. Infatti ne fanno parte il Presidente (Paolo Da Costa), il Vicepresidente (Luciano Alban) e un consigliere (Antonio Putrino), colui che nei fatti avrebbe avuto in concessione l’immobile della Casa d’Italia.


Uso il condizionale perché finora non è stato possibile, sempre grazie al precedente Console, conoscere i termini di questa gestione o concessione di un bene dello Stato italiano.


A me viene spontaneo chiedere se il Comites che rappresenta la comunità italiana locale nei rapporti con il Consolato e di conseguenza è un organo di controllo, possa nello stesso tempo svolgere anche la funzione di amministratore.


Secondo me, no!


Ma questo particolare ed altro verrà esaminato e chiesto nei minimi dettagli dai membri della “Lista Associazioni italiane in Svizzera” che saranno eletti nel nuovo Comites, chiedendo sia all’attuale Console, dott. Francesco Barbaro, sia al Ministero degli Affari Esteri, lo Statuto e la natura della suddetta concessione.


Ecco uno dei motivi per cui la “Lista Associazioni italiane in Svizzera” vi chiede di iscrivervi nelle Liste elettorali del Comites e di votarci, aiutandoci così a ottenere un po’ di trasparenza e correttezza, perché la Casa d’Italia appartiene a tutti gli italiani, mentre si ha la sensazione, la brutta sensazione, ogni volta che ci si mette piede, di essere ospiti di chi la gestisce… Come fosse un bene personale.


Non solo chi scrive nota il cambiamento che c’è stato. Per fare solo un esempio, il salone Pirandello è spesso occupato da Tamil, Indiani, Africani, Sudamericani e altre etnie, e la cosa va benissimo, un incontro con altre etnie e altre culture è sempre cosa buona e giusta. Uno scambio culturale fra italiani e altri emigrati che portano le loro esperienze e le loro culture, è sempre santo e benedetto… Ma è questo, ciò che in questi ultimi anni sta avvenendo?… Non pare proprio. Se il salone Pirandello viene trasformato in un magazzino di vendita all’ingrosso di abiti tradizionali tamil, in cui pochissimi italiani e pochi tamil ci mettono piede, non è scambio culturale. E se le feste delle altre etnie non vengono fatte in modo che ci sia un incontro e uno scambio culturale, non c’è alcun arricchimento. Più che Casa d’Italia è oramai la Casa di chi cerca una sala a basso costo per farci i propri comodi.


Mario Di Ruocco


E se non fosse per gli alunni che frequentano le scuole italiane dall’asilo al liceo, la nostra lingua sarebbe assente. La Casa d’Italia o Casa delle Culture non pare altro che una casa da affittare al miglior offerente per alcune ore, come fosse un capannone di carnevale o una sala per feste private.


Forse sono un inguaribile romantico, forse sono cambiamenti normali, segni dei nuovi tempi, forse gli immobili dello Stato Italiano servono proprio a questo, a darli in gestione a privati che ne facciano quello che vogliono… Ma non chiamiamo Casa delle Culture una Casa d’Italia in cui le culture non si incontrano; anche perché le culture non si incontrano dietro compenso, non esiste compenso quando si parla di culture ed etnie diverse; in compenso esiste una ricchezza che con i soldi ha poco a che fare… A meno che cultura, etnie, incontro, non siano parole usate ad arte da un addetto marketing.

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