Il Carnevale di Fano

Con la consegna delle chiavi della città, da parte del Sindaco di Fano, al Pupo, una sorta di divinità pagana, ha inizio il carnevale. Dal 1347, la grande manifestazione folcloristica è indissolubilmente legata alla città della fortuna che prende il nome dal Fanum Fortunae il tempio eretto in onore della Dea Fortuna a testimonianza forse della battaglia del Metauro in cui le legioni romane sconfissero l’esercito cartaginese.
Questa grande festa di popolo che rappresenta un’attrazione importante per la regione Marche vede ogni anno la partecipazione di migliaia di persone richiamate dalla magia dell’evento e dalla bellezza del città creata per volere di Cesare Ottaviano Augusto.
Tra le antiche mura della Fano romana, ampliate successivamente dai Malatesta, sfilano dunque gli imponenti carri allegorici lungo il viale principale della città intitolato a Gramsci. Sfilano per tre volte, preceduti da un carro con un Pupo, che è una sorta di capro espiatorio, sul quale verranno scaricate tutte le colpe commesse dalla comunità nei giorni di licenza. Accanto a lui aprono il corteo i suonatori di Musica Arabita.
La manifestazione si sviluppa in tre atti. Nel primo atto avviene la sfilata dei carri allegorici realizzati dai maestri carristi in cartapesta e in gommapiuma; nel secondo atto avviene il “getto”, dai carri allegorici, di dolci e di caramelle. che viene riassunto dallo slogan “bello da vedere e dolce da gustare”. Nell’edizione del 2015 sono stati lanciati ben 80 quintali di dolciumi, per la delizia di adulti e bambini. Sempre nel secondo giro la folla festante e in maschera si munisce di un “prendigetto”, un caratteristico contenitore usato per raccogliere i dolciumi lanciati dai carri. Nell’ultimo atto, detto della Luminaria, i maestosi carri, ormai scesa la notte, si illuminano mostrandosi in tutta la loro magnificenza.
Brucia il fantoccio sulla pubblica piazza, uno dei simboli del Carnevale di Fano, definito bene culturale immateriale. Brucerà all’imbrunire, l’ultimo giorno, martedì grasso e con il rogo del “Pupo”, chiamato anche in dialetto Vulòn, si concluderà la rievocazione dell’antichissima festa folcloristica che risorgerà puntualmente il prossimo anno.

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