INTERVISTA: Maryam Rajavi, capo dell'opposizione iraniana, ammonisce l'Europa e gli U.S.A. contro gli accordi eccessivi con il governo di Tehran.
Fonte: quotidiano tedesco Die Rheinpfalz – 11 Febbraio 2015
L'11 Febbraio è una festa nazionale iraniana: viene commemorata la rivoluzione che ha posto fine alla dittatura dello Scià nel 1979. Una delle forze trainanti della rivoluzione fu l'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo, della quale l'attuale presidente è Maryam Rajavi. Da Parigi guida l'opposizione in esilio contro la dittatura dei mullah che ha assunto il potere immediatamente dopo la rivoluzione e che continua fino ad oggi.
Maryam Rajavi ha parlato con il nostro editore Ilya Tüchter.
Sig.ra Rajavi dov'era lei l'11 Febbraio 1979?
Maryam Rajavi: Quel giorno, e i giorni precedenti, ero a Tehran. Mentre l'ayatollah Khomeini stava cercando di far uscire di scena i giovani, in quanto forza principale della rivoluzione anti-monarchica, immediatamente dopo la caduta della dittatura l'11 Febbraio, noi iniziavamo ad organizzare la gioventù amante della libertà, in particolare gli studenti. Io l'ho fatto insieme ad alcuni membri dell'Organizzazione dei Mojahedin del Popolo che erano appena stati rilasciati dalle prigioni segrete dello Scià.
A quel tempo, avrebbe mai pensato che l'Iran sarebbe diventato un nuovo stato di ingiustizia invece che una democrazia?
Maryam Rajavi: Con la nostra cognizione dei nuovi governanti, in particolare di Khomeini, sapevamo che erano retrogradi ed anti-pluralistici con la loro interpretazione reazionaria dell'Islam. Per questa ragione facemmo ogni sforzo, attraverso l'istruzione e l'organizzazione della gente e dei giovani per rinviare l'adesione a questa natura reazionaria e per impedire linizio di una repressione e di una oppressione totale. Tuttavia non immaginavo a quel tempo che una dittatura centinaia di volte più sanguinaria della precedente avrebbe preso il potere. Solo dopo due anni di governo di Khomeini, il numero dei prigionieri politici arrivò a migliaia. Nel Giugno 1981, solo 28 mesi dopo che i mullah avevano iniziato a governare, iniziarono a distruggere un'intera generazione. Nella prigione di Evin a Tehran, certi giorni si potevano sentire 400 colpi di grazia, il che significava che 400 persone erano state giustiziate.
Lei stessa fuggì e guida il Consiglio Nazionale della Resistenza, fondato nel 1981.
Quindi la sua lotta contro il regime dei mullah dura da 34 anni. Dubita a volte che un giorno potrà ritornare nella sua patria?
Maryam Rajavi: No. Non ho mai dubitato che la dittatura religiosa in Iran verrà rovesciata dal popolo iraniano e dalla sua resistenza e che tutti quelli che hanno dovuto lasciare le loro case per combattere contro questo regime ritorneranno nel loro paese.
Qual'è il suo obbiettivo per l'Iran?
Maryam Rajavi: Noi vogliamo una Repubblica basata sul secolarismo, sul pluralismo e sull'uguaglianza tra i sessi. Una società basata sui diritti umani, con l'abolizione della pena di morte e della tortura e senza l'insensata Sharia dei mullah. Un Iran non nuclearizzato. Il nostro obbiettivo può essere riassunto in tre parole: libertà, democrazia e uguaglianza. Questo obbiettivo porta in sé la forza della vittoria.
Il Governo degli Stati Uniti sembra serio nel suo riavvicinamento a Tehran e a causa dello Stato Islamico, si parla persino di una collaborazione militare con gli iraniani in Iraq. Cosa si aspetta dal Presidente Obama o da Angela Merkel?
Maryam Rajavi: Un riavvicinamento ai mullah per combattere l'ISIS è un'esperienza devastante. Il regime iraniano è ancora il peggior fattore di instabilità nella regione. E' la fonte del terrorismo e del fondamentalismo. I comandanti delle Guardie Rivoluzionarie oggi dicono con orgoglio: “Abbiamo un gruppo hezbollah in Libano e molti altri hezbollah nello Yemen, in Iraq e dovunque”. Se i mullah non fossero stati al potere in Iran, l'ISIS non avrebbe mai avuto una tale crescita in Iraq.
Ciò che mi aspetto dalla Cancelliera Merkel è che assuma la guida di una iniziativa internazionale per ridurre questa minaccia, che non è solo confinata in Iraq e Siria, ma sta interessando gran parte del mondo dall'Europa al Sud America.
Persino l'Europa si trova a dover affrontare il fondamentalismo islamico. Anni fa il suo movimento aveva messo in guardia contro tutto questo.
Maryam Rajavi: Il fondamentalismo islamico è un'ideologia autoritaria che cerca di sopravvivere attraverso la misoginia, la discriminazione religiosa e l'esportazione del terrorismo. La nascita di questo Islam politico, si è avuta quando Khomeini si è impossessato del potere in Iran. All'inizio della rivoluzione del 1979 questo fenomeno è divenuto la forza trainante del fondamentalismo in tutti i paesi islamici. La sua antitesi è un Islam tollerante e democratico, nel quale noi crediamo. Un Islam il cui messaggio è pietà e libertà.
Alla fine di Marzo, forse alla fine di Giugno, si dovrà raggiungere un accordo sul programma nucleare iraniano. I Mojahedin hanno ripetutamente rivelato che l'Iran non dice la verità sul suo programma nucleare. Per quel che ne sa, a che punto è questo programma?
Maryam Rajavi: I mullah sono sul punto di riuscire a fabbricare la bomba. Qualunque concessione da parte della comunità internazionale farà sì che Ali Khamenei continui ancora con il suo inganno.
L'ayatollah Ali Khamenei, il successore di Khomeini, resta l'uomo-chiave in Iran. A causa di una malattia ci sono voci di una lotta di potere per la successione. Lei ha qualche riscontro di questo?
Maryam Rajavi: La lotta di potere all'interno del regime va ben oltre la questione della malattia di Khamenei. Il vertice della classe dirigente è profondamente diviso.
Dall'elezione del presidente Hassan Rouhani nel 2013, quantomeno la situazione economica sembra essersi stabilizzata. Si dice che sia una falsità?
Maryam Rajavi: Sì. Se paragoniamo gli sviluppi del 2014 con quelli degli anni passati, vediamo una crescita dei movimenti di protesta. I funzionari dicono che ci sono state più di 3000 proteste, principalmente di operai, studenti e insegnanti. La repressione e la violazione dei diritti umani, tra cui ci sono 1200 esecuzioni durante il governo del presidente Hassan Rouhani, si sono intensificate. Le famiglie sono diventate più povere. Il tasso di disoccupazione secondo una statistica interna del regime dei mullah, è al 41%!