Il vice responsabile per l’Immigrazione dell’Italia dei Diritti: “Non posso dichiararmi che felice se le legge pone dei limiti, punendo chi li oltrepassa”
Roma, 13 gennaio 2015 – I fotomontaggi e le numerose immagini circolate sul web e su diversi social network, ritraenti il volto di Cecilé Kyenge, ex ministro dell’Integrazione, come quello di una scimmia non sono etichettatili come mera satira politica. A dirlo è il Tribunale di Roma, che a più di un anno di distanza dai tanti atti vessatori e diffamatori che colpirono la persona della Kyenge dal giorno della sua nomina, ha condannato Fabio Rainieri, segretario regionale della Lega nord Emilia-Romagna per diffamazione aggravata da discriminazione razziale a un anno e tre mesi di reclusione e a pagare un risarcimento di 150 mila euro alla Kyenge che attualmente siede a Bruxelles come europarlamentare del Partito Democratico. Ranieri, infatti, pubblicò sulla propria pagina personale di un noto social network una foto dell’allora ministro per l’Integrazione con il volto ritoccato, in modo da apparire una scimmia. A commento della stessa appariva la scritta “Indovinate chi è?”
Antonino Lo Verde, vice responsabile per l’Immigrazione dell’Italia dei Diritti, si è detto molto entusiasta per questa importante decisione: “Finalmente la legge incomincia ad operare in maniera imparziale, dando il giusto peso alle cose e attribuendo ad ogni connotazione la giusta rilevanza. Un segretario regionale non può e non deve utilizzare immagini così forti e di grande connotazione razziale e discriminante, come appunto quelle che la ritraggono con la faccia di una scimmia, per apostrofare un ministro. Siamo, dunque, contenti che si sia giunti a questa condanna perché dopo i recentissimi fatti della Francia, la strage dei giornalisti e vignettisti satirici di Charlie Hebdo, sembra che la Lega stia rialzando il tiro con vecchi slogan indirizzati indiscriminatamente contro gli stranieri e contro la gente di colore ritornando, così, a fatti di cronaca già tristemente noti. Per questo non posso dichiararmi che felice se le legge pone dei limiti, punendo chi li oltrepassa”.
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