Clan Cacciola, le condanne dell’operazione “Onta” e il blitz “Mauser”

Si è concluso con quattro condanne ad altrettanti imputati il rito abbreviato per la morte di Maria Concetta Cacciola, la testimone di giustizia morta il 20 agosto 2011 dopo aver ingerito dell’acido muriatico. Il padre Michele Cacciola (nella foto), la madre Anna Rosalba Lazzaro e il fratello Giuseppe sono stati condannati rispettivamente a 6 anni e sei mesi, 4 anni e dieci mesi, 5 anni e otto mesi; a 4 anni e sei mesi è stato inoltre condannato l’avvocato della famiglia, Vittorio Pisani, appartenente al Foro di Palmi. Un altro avvocato, Gregorio Cacciola (penalista della Piana di Gioia Tauro), coinvolto nella stessa inchiesta, ha scelto di essere processato con il rito ordinario. Il procedimento nasce dall’operazione denominata “Onta”, del febbraio 2014.
L’accusa è di concorso in violenza privata e minaccia per costringere a commettere un reato al fine di far ritrattare alla testimone di giustizia le dichiarazioni rese ai magistrati antimafia della Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria.
Alla notizia di ieri, mercoledì 30 luglio, relativa alle condanne emesse dal Gup di Reggio Calabria, si aggiunge quella di oggi: sedici arresti di persone appartenenti al clan Cacciola (tra cui figurano Domenico Cacciola, Gregorio Cacciola e Francesco, Maria, Vincenzo e Giovanni Battista Cacciola), attraverso un blitz messo in atto tra Reggio Calabria, Olanda e Germania. Le accuse sono di traffico internazionale di cocaina, sequestro di persona e riduzione in schiavitù, come da richiesta del pm Alessandra Cerreti della Direzione distrettuale antimafia reggina; ma nella vicenda ha avuto un ruolo centrale Giuseppina (detta Giusy) Multari, cugina di Maria Concetta Cacciola.
La storia di Giuseppina Multari, 35 anni e tre figlie piccole, è contenuta nelle carte dell’inchiesta “Mauser”. Poco più di 500 pagine di ordinanza di custodia cautelare nelle quali la donna racconta la sua vicenda all’interno della famiglia Cacciola. L’incontro con il marito Antonio quando aveva 16 anni, il matrimonio a 20 e un rapporto coniugale fatto di umiliazioni e botte. Nel 2005 l’uomo si suicida, la giovane vedova viene accusata di essere la causa di quel gesto e per questo viene costretta a vivere in schiavitù. Una situazione inumana che porta Giusy Multari a tentare, l’anno successivo, il suicidio lanciandosi in mare: si salva grazie all’intervento del fratello Giuseppe, che sparirà poche settimane dopo.
La giovane donna decide allora di recarsi dai Carabinieri per raccontare non solo la propria storia personale, ma anche gli illeciti commessi dalla famiglia e per questo viene inserita, insieme alle figlie, all’interno del programma di protezione. Oggi, giovedì 31 luglio, gli arresti.

(Ma.De.)
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