Gentile Signor Pierri,
mi stupisco del suo stupore….Anch'io ho letto la pagina di Eugenio Scalfari che lei cita da L'Espresso del 12 giugno. Per me, che stimo la persona e apprezzo molti dei suoi scritti, quando leggo le riflessioni teologiche di Scalfari le trovo divertenti, umoristiche e così perentorie da far sorridere chiunque conosca un tantino le ricerche e gli studi sul Gesù storico, sul metodo storico-critico, sui significati ebraici e greci della metafora “figlio di Dio”, “incarnazione”. Scalfari, su questi terreni, non va oltre il catechismo della prima comunione. Per lui ci sono i “credenti” e gli “atei”, tutti ben sagomati e catalogati secondo il suo punto di vista: scatolette teologiche senza una visione storica del variopinto panorama teologico, linguistico, psicologico, antropologico.
Si ricorda delle semplificazioni nel suo dialogo con il papa rispetto all'ebraismo? Cadde nel luogo comune che dipinge il Primo Testamento come il territorio del Dio terribile e il Secondo Testamento come lo svelamento del Dio dell'amore.
Purtroppo Scalfari non è solo. Molti intellettuali “laici” , quando si inoltrano su questioni attinenti la religione, l'ermeneutica, l'esegesi e la storia del dogma hanno una conoscenza che è paragonabile alla mia rispetto alle galassie. Io, però, sulle galassie non rilascio dichiarazioni.
Diventa sempre più importante, a mio avviso, sollecitare i credenti ad una riflessione rigorosa sui testi biblici, sulla storia dei dogmi, sull'evoluzione dei linguaggi…E, per fortuna, non mancano anche in questa Italia, piccole case editrici che “osano oltre il catechismo”.
Un cordiale saluto a Lei, caro Renato Pierri
don Franco