Se ci avessero preconizzato la situazione nella quale stiamo vivendo, non ci avremmo prestato fede. Nessuno lo avrebbe fatto. Invece, in giro di poco tempo, viviamo ancora con un Esecutivo fiduciato da un Parlamento che per ben tre volte non è stato ratificato con elezioni generali. Pur se per i “capelli”, l’Italia potrebbe essere “salvata”. Nella Penisola ci sono oltre tre milioni di senza lavoro. Il 40% delle famiglie ( calcolo riferito a quattro persone) è costretta a tirare avanti con un reddito al limite della povertà. Come a scrivere che, solo i più fortunati, possono contare su un introito netto superiore a mille Euro il mese. Eppure, i sacrifici sono la punta di un iceberg che potrebbe mostrare tutta la sua “aggressività” già prima di fine d’anno. Il nostro Paese non è un’azienda in passivo da dover convertire. Sarebbe troppo comodo. Troppo facile. E’ la liquidità che continua a diminuire, mentre l’imposizione fiscale, ora anche quell’indiretta, continua a risalire. Le “cure” propinate ci hanno, di fatto, impoverito. Non siamo neppure certi che il Patto di Stabilità 2014 resterà come lo conosciamo. Le riforme, quelle andate a buon fine, hanno stravolto anche la nostra vecchiaia. I trattamenti vitalizi per il futuro (pensioni) diminuiranno nel numero e nella consistenza. Il concetto d’uniformità sembra un termine eliminato dalle strategie degli aspiranti uomini di potere. Mentre il Governo è in “analisi”, la Penisola resta sul baratro del non ritorno. Investire nel Bel Paese resta un problema che condiziona la ripresa produttiva e l’incertezza politica contribuisce allo sfacelo conseguente. Chi riesce a sopravvivere con 500 Euro il mese, o poco più, è un “miracolato”. Campare alla giornata, in un Paese che è una delle stelle della Grand’Europa, è umiliante. Il fatto di non essere soli non diminuisce questa sensazione. Il Governo potrebbe non sopravvivere al suo canonico quinquennio. Dovrà, in ogni caso, essere quello delle “riforme” vitali per il Paese. Tra le tante, ne rammentiamo solo alcune. Elaborazione di una legge elettorale consona allo spirito della nostra Democrazia. Riduzione, espressiva, del numero dei Parlamentari. Voto, politico “universale” per tutti i cittadini italiani ovunque residenti. Introduzione del voto elettronico. Cancellazione della Ripartizione Estero, applicazione dei vitalizi ai Parlamentari sul principio in essere per gli altri Lavoratori e, dulcis in fundo, la cassazione del finanziamento dei Partiti. Ovviamente, i provvedimenti che sarebbero da adottare sono anche altri. Ci siamo limitati ad elencare i più importanti. In pratica quelli che andrebbero a fare la differenza tra gli “interessati” ed i “disinteressati”. Dietro i simboli dei Partiti ci sono degli uomini. E’ importante renderci conto di che “pasta” sono fatti. Non è più il caso d’essere fatalisti fino all’ultimo. Il modello “Renzi” non deve, necessariamente, piacere. Resta, pur sempre, un progetto nuovo, non per forza originale, che poteva essere preso anche da chi ci ha governato agli inizi della seconda decade del nuovo millennio. Invece, i politici hanno preferito una sorta di “rinnovamento” generazionale che vede Ministri giovani tra le posizioni di un Potere Legislativo ancora legato ai principi gestionali del secolo scorso. Il termine “discontinuità” sembra non piacere come, invece, dovrebbe. Se l’esperienza è anche il frutto di una serie d’errori, i nostri uomini politici non ne sono privi. Del resto, tutte le promesse, sempre che non restino tali, potranno essere definite non prima del 2015. Qualcuno azzarda anche a vedere nella “manovra” l’inizio di una campagna elettorale più sulle persone che sui partiti che rappresentano. In questi mesi, tra l’estate e l’autunno, avremo il tempo, che non è molto, per darci ragione, o meno, di quello che l’Esecutivo Renzi riuscirà a trasportare nel concreto. L’importante è che non si perseveri su una formula che non offre, a ben osservare, nessuna scelta alla ripresa di un Paese che ne ha estremo bisogno. Anche il nostro ruolo in UE non può essere disgiunto dalla politica interna d’Italia. Le responsabilità che ci siamo assunte in UE e l’impegno con la Banca Centra e Europea (BCE) non è vincolante a tempo indeterminato. Ci sono degli aspetti che hanno da essere trattati dalla gestione interna del potere politico e senza condizionamenti comunitari. Tanto per intenderci meglio: gli Stati Uniti d’Europa restano una chimera.
Giorgio Brignola