Ogni giorno di quest’ultimo semestre del 2014 potrebbe essere protagonista dei cambiamenti che andrebbero a investire la Penisola. Il sistema politico è passato dal malessere ad una sorta d’indiretto recupero. Governo e Parlamento, ora, sono tenuti a “vivere” per concretare le assicurazioni di Renzi. Entro l’anno prossimo, il Potere Esecutivo e Legislativo dovrebbero mettere in pratica la volontà e le esigenze di un Paese alla ricerca di un suo nuovo equilibrio; oltre la crisi economica. Molti schieramenti politici hanno perso di compattezza e affidabilità. Con la scusa di questo Governo delle riforme, che nessuno osa sfiduciare, tutti i partiti si dovrebbero sentire delegittimati. In verità, tali li sentiamo; con la differenza che non tutti abbiamo l’obiettività d’ammetterlo. L’agonia delle idee non consente diverse opinioni su quanto stiamo vivendo. Nonostante i buoni risultati elettorali del PD alle recenti Consultazioni Europee e l’aumentato gradimento di Renzi, si è, infatti, innescato un meccanismo d’auto tutela che non risparmia nessuno. Ci sono ancora troppi punti d’ombra che chiedono d’essere illuminati. Prima di tutto, almeno a parer nostro, si dovrebbero mettere a fuoco i parametri della nuova Repubblica. Chi s’illude di tornare agli Esecutivi del “buon governo” è un utopista in partenza. Tra “nuovo” e “rinnovato” le differenze sono più che palesi. Anche Renzi si troverà nella necessità di una verifica del suo Esecutivo. Sempre che non intenda sottovalutare i fatti. La teoria dei “poli”, che da due potrebbero essere tre, non ci convince. Neppure il Popolo italiano. In questi mesi, non si è ancora sentita la voce di un politico che immagini quale sarà l’assetto della Penisola dopo l’attuale Governo. Meglio riconoscere che tutti i partiti, proprio quelli che ci hanno accompagnato per oltre mezzo secolo, hanno terminato il loro ruolo. Una realtà fisiologica che non dovrebbe implicare espressivi disordini del quadro politico che si è andato a evidenziare anche dopo le recenti Elezioni UE. Renzi, buon per noi, ci ha fatto capire che politica ed economia, pur convivendo, marciano su binari che non dovrebbero incrociarsi più. Il Paese non ha bisogni d’altri raffronti per tirare avanti. La ripresa non ci sarà se dovrà essere ancora impostata solo sui sacrifici degli italiani, dentro e fuori i confini nazionali. Siamo inseriti in Europa a testa alta e dobbiamo rimanerci alle stesse condizioni. Il ghetto dell’ipocrisia, che ancora condiziona tanti uomini politici, affossa anche il buon tratto di chi sarebbe meritevole. Del resto, cambiare al “buio” non giova e la Democrazia è un bene troppo prezioso perché si giochi su posizioni sconsiderate. Così, pur muovendoci verso il nuovo, non ci sentiamo di sminuire le nostre perplessità per l’immediato futuro. Se è vero che la speranza è l’ultima a morire, non vorremmo che fossimo privati anche di questa. La via del recupero nazionale è ancora tutta da percorrere ed è in salita. Il nostro ruolo nel Consiglio d’Europa è da ottimizzare anche nei confronti degli altri Stati membri. Anche l’egemonia tedesca dovrà segnare il passo. Ciò che non mancheranno saranno altri sacrifici generali. Comunque necessari per garantire un’Italia più protesa verso quell’Europa che castiga ogni posizione non confortata da una stabile economia. Ora l’abbiamo capito tutti e, di conseguenza, ci comporteremo. L’importante, a questo punto, è che la politica interna, che resta sempre il più preoccupante polo nazionale, non vada a confondersi con quell’UE. Anche perché gli apparentamenti in Unione Europea non avrebbero futuro se applicati ai singoli Stati membri. Lo abbiamo, più volte, già scritto: confondere i problemi interni con quelli dell’Europa Stellata sarebbe l’imperdonabile errore che la Comunità Europea non ci accorderebbe. Non a caso, lo stesso Renzi, pur nell’euforia delle preferenze al PD, s’è ben guardato dal manifestare ipotesi tra lo “status” d’Italia a quello d’Europa. L’Unione è una realtà di tutto rispetto; ma l’organizzazione interna degli Stati membri è tutt’altra cosa.
Giorgio Brignola