Gli specialisti SIMSPe: E’ necessario migliorare l’assistenza alle persone detenute mediante un approccio nazionale integrato
Dal Congresso di Torino del 18-20 maggio l’invito ad omogeneizzare il sistema. Le leggi attuali delegano il sistema sanitario alle ASL locali, generando così sistemi organizzativi disomogenei nei 205 Istituti Penitenziari Italiani; il Congresso dovrà sensibilizzare proprio su questo, rilevando come si tratti di un problema comune. Le ASL, inoltre, non hanno né i mezzi, né il know how necessario per operare nei luoghi di restrizione della libertà. In epoca di spending review, con la sanità pubblica che subisce grossi tagli, le carceri appaiono come vittime predestinate ad appartenere ad un sistema sanitario di serie B se non di serie C. Serve dunque una cabina di regia nazionale e non una frammentazione delle organizzazioni. L’appuntamento di Torino è quindi un momento importante per portare avanti le iniziative sull’assistenza sanitaria nelle carceri. Il prossimo 28 maggio, inoltre, è un anno dalla sentenza Torregiani, un richiamo della Corte Europea all’Italia per allinearsi a livelli comunitari. Alcuni risultati sono stati raggiunti: il sovraffollamento è sceso dal 50% al 20%, ma l’Europa vuole vedere riforme strutturali. Il passaggio della Sanità Penitenziaria dal Ministero della Giustizia al Sistema Sanitario Regionale è un evento epocale che ha comportato un enorme cambiamento nell'assistenza ai pazienti detenuti, purtroppo non sempre e non da tutti recepito.
XV CONGRESSO NAZIONALE SIMSPe 2014 L’Agorà Penitenziaria “Dalla teoria alla pratica: protocolli operativi in ambito penitenziario” Starhotels Majestic – 18 – 20 Maggio 2014 Direttori Scientifici: Dott. Guido Leo – Prof. Sergio Babudieri (Pres. SIMSPe) Il XIV Congresso Nazionale vuole sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica fornendo nozioni di base, a medici non specialisti ed infermieri, sulle principali patologie carcerarie, con i Corsi Precongressuali, sia sviluppando temi di comune interesse, sia per il personale medico ed infermieristico, con le sessioni congressuali congiunte, sia per il personale della Polizia Penitenziaria, nelle sessioni dedicate alla documentazione clinica, alle responsabilità professionali, alla prevenzione del suicidio. Lo sforzo volto a fornire alla popolazione detenuta la migliore assistenza possibile, in coerenza con quanto offerto al cittadino “non detenuto” passa dalla conoscenza delle principali problematiche di salute, all'intesa con gli operatori penitenziari, all'integrazione con la società civile. In un’epoca caratterizzata da carenza di fondi e da frammentazione dei sistemi sanitari delle varie Regioni, che rende difficile ricreare modelli omogenei di assistenza, quale quello precedentemente garantito dal Ministero della Giustizia, quando unico erogatore del servizio. L'epilogo, lancio per il congresso del 2015, vedrà la costituzione di piccoli gruppi di lavoro, interprofessionali che, formati e stimolati dagli argomenti affrontati, vorranno lavorare nell'ottica dell'omogeneizzazione dell'offerta assistenziale nelle carceri italiane. La SIMSPe, da sempre impegnata come società scientifica, ma anche operativa, si sente investita da questo gravoso compito, che deve passare anche dalla progettazione di comuni linee operative da sperimentare e proporre nelle varie realtà penitenziarie italiane. |
La popolazione detenuta in Italia è cresciuta negli ultimi dieci anni dell’80%. Tuttavia, spazi e strutture sono rimasti sostanzialmente invariati, rendendo le condizioni dei carcerati ai limiti dell’invivibilità. La maggior parte delle carceri hanno dei tratti comuni: bagno e cucina nello stesso locale, cambio di lenzuola ogni 15 giorni, bagno alla turca o water separati gli uni dagli altri da un muretto alto appena un metro, strutture fatiscenti. Il personale è insufficiente, gli assistenti sociali sempre meno del necessario. L’assistenza sanitaria, come si può facilmente intuire da questo quadro, risulta di pessima qualità. A darne una spiegazione è Sergio Babudieri, Professore associato di malattie infettive all’Università di Sassari e Presidente della Società Italiana di Medicina e Sanità Penitenziaria (SIMSPe), una onlus che si occupa proprio di tutelare la salute dei detenuti. La SIMSPe è una società scientifica a livello nazionale, in cui le varie regioni danno un contributo in diversa misura. La SIMSPe elabora studi e numeri su questo tema; si occupa inoltre della formazione di infermieri, psicologi, medici che operano nei 205 istituti penitenziari italiani. Si tratta dunque di un’attività formativa: vengono, ad esempio, stese le linee guida per chi è affetto da HIV, da virus epatitici o da malattie sessualmente trasmissibili. Chi capisce bisogni dei singoli sono proprio medici e infermieri, seconda categoria con cui i detenuti sono in contatto dopo gli agenti; vanno quindi preparati in maniera specifica.
Le attività si svolgono sia a livello locale che nazionale, per poi coagularsi nel Congresso Nazionale, l’agorà penitenziaria, una piazza dove si confrontano tutti gli attori del settore penitenziario: operatori sanitari, agenti di polizia, dipendenti del dipartimento di polizia penitenziaria del Ministero della Giustizia, magistrati di sorveglianza e detenuti in attesa di giudizio. Si tratta pertanto di un ambito estremamente complesso.
L’obiettivo principale è quello di divulgare il più possibile una conoscenza specifica della realtà carceraria italiana, far capire la specificità di questo ambito, dovuta ad una particolare complessità. Gli ostacoli sono molteplici: si pensi che talvolta la sanità penitenziaria neppure è riconosciuta. Ciò che sottolinea Babudieri è che ogni persona sana deve essere visitata e si deve certificare che stia bene. Ciò in carcere non avviene, facendo venire meno negli individui la consapevolezza dell’importanza della cura del proprio corpo proprio nel luogo che è un concentratore di patologie infettive. Chi entra in carcere più facilmente può contrarre malattie come AIDS, tubercolosi, epatiti, malattie sessualmente trasmissibili e altre patologie infettive. I prigionieri sono spesso soggetti all’obesità, sono fumatori e costretti ad una cattiva alimentazione. L’attività della SIMSPe risiede pure nel creare consapevolezza negli individui, ponendoli di fronte ad eventuali terapie e diagnosi. A questo proposito, il carcere rappresenta un osservatorio straordinario per coinvolgere delle fasce di popolazione che altrimenti non terrebbero mai in conto il bene salute. “Il detenuto di oggi è il cittadino di domani; in carcere si riesce ad intercettarlo, fuori come si fa?” si domanda Babudieri per far capire quanto sia importante intervenire in questo contesto. “L’importanza di una simile azione è poi testimoniata dai numeri: vari studi dimostrano che i pazienti positivi all’HIV non consapevoli trasmettono il virus sei volte di più di quelli che sanno di esserne infetti” ha proseguito Babudieri.
Da non sottovalutare poi gli aspetti psicologici: l’inevitabile depressione di chi è detenuto, ma anche alcuni rischi specifici. Ad esempio, per alcune categorie vi è la necessità di un approccio tipo psichiatrico: è il caso dei sex offenders, autori dei reati più ignominiosi, soggetti per una sorta di contrappasso a trattamenti massacranti da parte degli altri prigionieri; bisogna intervenire per tutelarli e curarli e per questo servono professionisti di altissimo livello.
La SIMSPe è già intervenuta nel marzo scorso, in Senato al convegno “Salute in carcere oggi”, con il quale si è chiesto con forza a livello politico un Osservatorio nazionale; servono infatti i numeri esatti per poter allocare efficientemente le risorse.
La SIMSPe può avvalersi dei contributi di altre associazioni, come la SIMIT, la Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali, co-patrocinante dell’iniziativa. Elemento di raccordo tra le due entità è Roberto Monarca, Direttore Scientifico e coordinatore dei corsi di formazione nella SIMSPe, mentre in SIMIT è coordinatore per gli studi sulle malattie infettive in carcere. Il suo impegno ha dato anche una proiezione europea al problema: il 15 ottobre 2013, a Londra, ha contribuito alla fondazione della Federazione europea HWB (Health Without Barriers) e ne è stato nominato presidente. Recentemente l’HWB è stata inserita nel network Health Imprison Programme all’interno dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, assieme ad altre organizzazione come la Croce Rossa. “Il prossimo Convegno di Torino” spiega Monarca “servirà per fare il punto sulle principali problematiche del carcere, dalle malattie infettive alle questioni psichiatriche, passando per le numerose patologie che interessano questa realtà”. All’interno del Congresso ci sarà anche il primo meeting internazionale: sarà votato il Consiglio Direttivo, si formeranno gruppi di lavoro su varie tematiche, saranno valutati i progetti europei che si stanno seguendo e quelli per cui si chiederanno finanziamenti; per il momento esistono una segreteria, un sito web in costruzione e sono stati compiuti i primi passi per una strategia di funzionamento. “Con questo meeting vanno distribuiti i compiti per portare avanti i progetti di federazione: fare salute in carcere, non solo per popolazione detenuta, ma per tutte le persone che lavorano in ambiente” afferma ancora Monarca. “Il carcere è generatore di patologie, come lo stress da lavoro correlato di molti poliziotti che lavorano in carcere. La polizia penitenziaria, infatti, è il corpo con la maggior incidenza di assenze per la patologia di lavoro correlata dovuta allo stress”.