Ricordo quando nel lontano ’70 scorrazzavamo per le vie di Roma con la sicumera della giustezza dei nostri ideali e quanto distavano da noi i concetti raziocinanti e pregni di ostentata concretezza della classe dirigente ed operante di quell’epoca.
Non c’era argomento o base di sistema che potesse collimare con i presupposti realizzativi delle ns. aspettative e tutto ciò ci poneva agli antipodi della realtà che comunque ci escludeva e ci relegava in un ambito di continua e reiterata ricerca di trasformazione nella quale la nostra fame di modifica e cambiamento veniva intesa solo come reazione ad un sistema che, da “loro” collaudato e speri-mentato, rappresentava il “non plus ultra” delle risposte da dare ad una classe lavorativa che si accontentava di quanto raggiunto e priva di una fondata volontà di miglioramento.
Non voglio dire con questo che l’organico umano e lavorativo fosse malato di ignavia psicologica ma che con particolari accorgimenti di utilizzazione del proprio tempo libero, proliferava un sistema di pianificazione del proprio regime economico attraverso l’effettuazione del secondo lavoro che seppur in antitesi con i concetti del lecito erano sopportati da quanti impegnati nell’esercizio delle proprie attività, con un sistema di evasione fiscale, a tutti noto ma mai, seriamente, cercato di debellare.
Oggi, è vero che l’abusivismo continua ad esistere ma in un certo qual modo viene scusato e giustificato come unica fonte di reddito con la quale poter arginare i colpi incalzanti che il corso del progresso tecnologico e commerciale determina sull’aumento dei prezzi dei beni di consumo e di prima necessità e l’avvenimento si spaccia come alternativa al sistema, dagli aspetti pietosamente essenziali, e non come un ricorso illecito per raggirarlo.
Un improprio trattamento retributivo, un eccessivo utilizzo personale delle forme istituzionali, un indecoroso sfruttamento del posto di lavoro statale, considerato come ambìto traguardo definitivo dai più, un esacerbante ed a volte fazioso esercizio dei sistemi di indagine delle forze dell’ordine, la inadeguata efficienza della preparazione scolastica ed universitaria, non sono più sufficienti a smuovere le coscienze e la mentalità dei giovani che ormai hanno imparato a vivere questo nostro tempo quasi con rassegnazione affinando la capacità di adattarsi ad esso con sorprendente facilità e semplicità da originare una sorte di sorpresa in noi, malcapitati spettatori, convinti di ben altri credo e teoremi di vita.
Tutto ciò che pare loro interessare, è rappresentato da effimeri traguardi occasionali intercalati da periodi di passiva assistenza e sopportazione delle ricorrenti realtà giornaliere e questo li pone non al centro della attenzione generale ma a quello della preoccupazione di quanti, coinvolti in un loro processo di crescita sia esso sportivo che scolastico, trovano grandi difficoltà di attuazione.
Chi oggi si sottopone ad un progetto di crescita, costellato di rinunce e sacrifici, è rappresentato dalla massa di stranieri comunitari e clandestini in cerca di lavoro che accettano di tutto pur di lavorare facendo crescere in maniera esponenziale il tasso di lavoro nero e in molti casi disattendendo il rispetto delle norme di sicurezza, situazioni che imprenditori privi di scrupolo, e da sempre ce ne sono e ce ne saranno,disattendono con troppa facile inclinazione.
Se a ciò aggiungiamo il devastante effetto “Cina” che pur di realizzare lucro non si preoccupa di mantenere alto il tasso di sicurezza o tossicità dei propri prodotti a discapito dei compratori che di fronte ad un acquisto dal basso costo non si curano della propria integrità e della propria salute se acquirenti e della altrui se distributori e gli esempi recenti ce ne confermano la drammatica realtà.
Questo fenomeno, spacciato per esterofilia commerciale, genera un meccanismo di degrado delle risorse derivanti dalla distribuzione del nostro prodotto interno, favorendo la vendita dei prodotti fabbricati e confezionati con costi molto bassi ma scarsamente rispondenti alle più elementari norme convenzionali di igiene e qualità.
D’altronde le famiglie ormai pur di soddisfare la richiesta di prodotti di prima necessità, si sono forzatamente abituate al ricorso all’acquisto alternativo, il più delle volte ignorando il pericolo degli effetti collaterali che l’uso di quei generi può arrecare all’organismo sia per l’assunzione che per il prolungato uso di vestiari in genere, ma anche di alimenti, detersivi, cosmetici, che nel processo di fabbricazione sono oggetto di trattazione di sostanze non rispondenti alle norme di sicurezza.
Il quadro risulta desolante ma confidiamo che questa gioventù si riappropri della voglia di vivere un mondo, seppur tutto loro, dai contenuti più rispondenti alle loro esigenze e forse più diverso da quello che siamo riusciti a consegnar loro per la spasmodica brama di riuscire, progredire, arrivare perché in definitiva a noi lo hanno affidato non certo buono, ma a loro lo abbiamo sicuramente consegnato peggio e da qui la responsabilità di caricarci l’onere di supportarli a modificare quanto inquinato da questa classe politica e aiutarli a divenire protagonisti di se stessi e del loro quotidiano politico, sociale e culturale.
Sta a noi quindi cercare di fare uno sforzo per riappropriarci di una dignità politica che abbiamo perduto strada facendo, non comprendendo pienamente la fase di degrado di un progetto di crescita che ci eravamo illusi di tenere sotto controllo e che invece ha coinvolto le nostre coscienze ma non certo la logica delle nostre origini e l’impegno è di riuscire a trasmetterla a questo mondo di giovani per lo più senza progetti, senza aspirazioni, senza futuro ma attori inconsapevoli di uno squallido presente.
Massimo Peruzzi
Convergenza Socialista – Tivoli
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