Prendo subito le mosse dall’incipit decisivo e controverso, quello più ostico per il popolo di centrosinistra: l’accordo del Nazzareno tra Renzi e Berlusconi. Io, che mi considero un fiero antiberlusconiano e che giudico una corbelleria il mantra, purtroppo assurto a luogo comune, secondo il quale in passato avremmo ecceduto nell’antiberlusconismo ideologico (?), penso tuttavia che quel dialogo fosse necessario. Le regole della competizione politica si discutono con tutti, su di esse è doveroso cercare il più vasto consenso, l’opposto di ciò che fece il centrodestra quando fu varato il porcellum.L’Italicum è perfetto? Certo che no. Come quando si discorre della nazionale di calcio, ciascuno ha le proprie preferenze, la propria ricetta. Molti sono i profili critici o comunque controversi: le liste bloccate, la (omessa) parità di genere, il meccanismo delle soglie, il ballottaggio solo eventuale, la misura del premio di maggioranza (troppo per alcuni, poco per altri), le candidature multiple… E’ correggibile al Senato? Mi auguro di sì (sia consentita una bestemmia: il vituperato bicameralismo è oggi invocato come una benedizione). Ma non mi illudo. Anzi, mi preoccupo che non si esageri, temo il suo affossamento. Lì si sommeranno il proposito da più parti annunciato di una profonda revisione al limite dello stravolgimento dell’impianto con le resistenze dei senatori a un via libera che rappresenterebbe un altro decisivo passo verso il superamento, plausibilmente non graditissimo, del Senato stesso.Ho detto dei limiti. Dal mio punto di vista, tuttavia, l’impianto vanta qualche merito: una ragionevole misura di semplificazione del sistema politico (le resistenze dei piccoli partiti sono l’altra faccia dell’efficacia della riforma), la stabilizzazione del bipolarismo, la certezza del vincitore con la conseguenza del no alle larghe intese. Sarò ingenuo, ma io ho preso sul serio il motto renziano: l’accordo con Berlusconi è per non farci più governi insieme. Naturalmente ciò vale per chi si riconosce nel paradigma di una democrazia maggioritaria, non certo per chi, più o meno esplicitamente, si ispira a un sistema multipartitico a base proporzionale. E’ il caso di larghi settori interni al PD. Ma qui merita notare che, sul punto, le primarie vinte da Renzi hanno sancito un preciso indirizzo. Magari non su altre questioni, sulle quali egli esagera nell’invocare il responso delle primarie, quasi che esse abbiano “consacrato” un organico programma di governo, del tutto ignoto agli elettori di quelle consultazioni. Ma su bipolarismo, maggioritario ed elementi di democrazia d’investitura è difficile negare che si sia avallato un indirizzo. Né sarebbe saggio riaprire intempestivamente e surrettiziamente il congresso PD, come è sembrato in qualche passaggio parlamentare dell’Italicum.Si può dunque eccepire su più punti e tuttavia sarà difficile discostarsi molto dall’impianto del testo varato alla Camera. Pena il fallimento della riforma elettorale, con la quale prende il via il più complessivo carro delle riforme istituzionali, finalmente senza più strappi all’art. 138. Va detto che l’Italicum è stato azzoppato con l’esclusione della sua applicazione al Senato. Lo si è motivato con ragioni di coerenza nella sequenza delle riforme – visto che ci si propone, non l’abolizione, ma la trasformazione del Senato in Camera non eletta – ma sarebbe ipocrita tacere le motivazioni politiche dello stralcio: scongiurare la minaccia di elezioni ravvicinate. L’autore dell’originario emendamento per lo stralcio, Gennaro Migliore, ha confessato apertamente che esso fu concepito in chiave ostruzionistica e che non avrebbe immaginato facesse tanta strada. E’ argomento tabù: l’azzoppamento dell’Italicum priva Renzi dell’arma di eventuali, ancorchè non auspicabili, elezioni anticipate. Personalmente non me ne compiaccio. L’agibilità delle elezioni non va letta come un’arma impropria regalata a Renzi, ma come uno strumento utile alla bisogna per sottrarre il governo a esorbitanti condizionamenti di partiti e singoli parlamentari, come un efficace deterrente che, per paradosso, avrebbe giovato semmai alla stabilità e qualità/efficacia della sua azione. Tutti ci auguriamo che il governo operi bene, ma, nel caso perfettamente possibile che così non fosse, non sarebbe saggio né giusto privare gli italiani della possibilità di andare al voto a motivo della bizzarria di due opposti sistemi elettorali per Camera e Senato.Franco Monaco