Ora è quasi sicuro. Il “nodo” della governabilità potrebbe tornare alla ribalta per “attriti” interni del PD, che per l’Esecutivo delle larghe intese, resta un lembo vincolante. Dopo lo “strappo” in casa PdL, ora è la volta del Partito Democratico. Non per una questione di “rottura”, ma d’incomprensione ai vertici del Partito. Almeno, così sembrerebbe. Da quest’osservazione si può, però, dedurre che il Governo Letta continua a scricchiolare all’alba di una Terza Repubblica sempre meno improbabile. Tra l’Italia di ieri e quella di domani, c’è un Paese con tanti problemi e poche, pochissime, certezze di salvezza socio/economica. Negarlo non servirebbe a nulla. Tanto è palese l’evidenza. A fronte di un “quadro”, sin troppo reale, si muove un gruppo di partiti, sempre più in ordine sparso, che potrebbe non garantire la “maggioranza” a chi, invece, avrebbe bisogno di una fiducia incondizionata. La cobelligeranza tra centro/destra e centro/sinistra sembra non tenere più. Del resto, pur se in poli opposti, i due maggiori partiti antagonisti hanno evidenziato parecchie mancanze organizzative. Tutti, in ogni caso, hanno ben capito che in politica ci vuole tempo per garantire un’organizzazione credibile. Ora è il tempo che manca. Non a caso, anche la Seconda Repubblica, giovane e sofferta, sembra essere al tramonto. Intanto, si continua a tergiversare sul varo di una nuova legge elettorale, proprio quando ce ne sarebbe oggettivo bisogno. Per evitare sorprese, i tempi s’allungano e non ci sono più garanzie politiche per modificare, in meglio, l’assetto socio/economico di una Paese sfiduciato e tartassato. L’unica voce, calma ma sicura, resta quella del Capo dello Stato che sprona tutti i contendenti ad assumere maggiore coerenza operativa di fronte ad un Paese ancora alla deriva. Anche nel recente messaggio di fine d’anno, Napolitano è stato adamantino. Il suo intervento non ha lasciato spazio alle polemiche ed ha messo in chiaro quanto resta da fare oltre ai tradizionali “auguri” per un 2014 nato al segno del “rincaro”. Eppure, da una parte notiamo una Destra che vuole non “morire”, dall’altra una Sinistra che, nella polemica, potrebbe disgiungere la sua “graniticità”. Solo Letta sembra voler tirare dritto per una strada che, in ogni caso, è da tracciare giorno per giorno. Con gravi problemi d’assestamento. Senza l’appoggio di una maggioranza coesa, nessun Esecutivo potrebbe portare avanti l’Azienda Italia. Adesso, abbiamo l’impressione che il Governo sta perdendo i presupposti per ridare fiducia a chi l’ha perduta. Non è detto, di conseguenza, che non ci siano già le premesse per elezioni politiche anticipate. Se mancano iniziative sociali a largo campo, c’è poco da illuderci: Letta potrebbe gettare la spugna; nonostante tutto quello che ne conseguirebbe. L’”emergenza” in Italia è lungi dall’essere rientrata e la buona volontà, non supportata da fatti concreti, non può sconfiggere la “mala sorte”. Del resto, procedere con un Esecutivo d’emergenza non ci convince più di tanto. I tempi “migliori” non si possono attendere; c’è da conquistarli con un impegno che, già da tempo, riteniamo dissolto. Senza un programma coerente e di tutela, per chi è sempre meno tutelabile, non ci sono scelte proponibili. Soprattutto serie. Per ora, le “castagne dal fuoco” siamo riusciti a toglierle. Però, ci siamo anche “bruciati”. Per evitare guai maggiori, è indispensabile varare una riforma complessiva del nostro sistema elettorale; ma non solo di quello. Se non si riuscirà a trovare un’alternativa all’attuale situazione politica, l’unica possibilità valida è la chiamata alle urne. Sopportare sulle nostre spalle anche i “pesi” che non ci competono ci sembra, almeno, improponibile. La pazienza e la buona volontà si stanno dissolvendo. Forse, una “storia” s’avvia alla fine. Il “dopo” proprio non riusciamo a concepirlo.
Giorgio Brignola