Da parecchi segnali, sembra che il Partito Democratico (PD) intenda coinvolgere anche il potenziale elettorato che non ha ancora idee politiche ben definite. Con una mossa che ha del mirabile, il PD, che della vecchia “sinistra” ha più ben poco, intende rinnovarsi e non solo negli uomini di spicco. Anche se già sarebbe molto, per il Partito sembra non bastare. I vertici dovrebbero rinnovarsi entro la prossima primavera. In ogni caso, in tempo per avere una nuova “nomenclatura” prima delle prossime elezioni politiche che potrebbero ancora essere gestite con una normativa “atipica”. A parole, tutto sembra fattibile e ragionevole. Sono i fatti che ci lasciano dubbiosi. Non crediamo, invero, che, in una stagione, il PD possa cambiare “anima” pur non tradendo i “desiderata” dei tanti iscritti della prima ora. Gli impegni politici da assumere, in ogni caso, sembrano complessi e non rileviamo sostenuti “cori” né d’incitazione, né d’approvazione. La governabilità d’Italia è una questione troppo seria perché sia portata sulle piazze ed alle adunanze “oceaniche”. La Penisola è molto cambiata e contano, meglio tardi che mai, più i fatti, che le promesse. Ci sono dei punti nodali che non possono più essere minimizzati e non c’è Partito che non interpreti a modo suo l’impegno per scioglierli. Se il 2014 sarà, veramente, l’anno delle riforme, non siamo stati in grado di coglierne gli indispensabili presupposti. L’inverno è iniziato con più problemi di quelli che c’avevano accompagnato sino alla fine dell’autunno. Per evitare una “crisi” di Governo, i politici si sono adattati alla “conta”. Quella che in Democrazia ha una sua valenza; ma solo se surrogata da mete raggiungibili in tempi ragionevoli. Con l’attuale esecutivo, i programmi non mancano. Sono i risultati che ci sfuggono. Senza entrare nei meandri di un’economia asfittica, tutti ci sentiamo condizionati da una serie d’eventi che, per il passato, non avremmo neppure vagliato. Nell’anno di Grazia 2014, la “sinistra” non ci preoccupa più di tanto. Come, del resto, ciò che rimane di una “destra” delusa e frazionata. Il centro, come lo abbiamo sempre inteso, non esiste più. O tende a “sinistra” o è imparentato con la “destra”. Manca, insomma, di un’autonomia decisionale che gli permetta una vita politica autonoma. Per andare avanti, o indietro, c’è da legarsi, a doppia mandata, da una parte o dall’altra. Ecco, così, l’impianto del “centro/destra” e quello del “centro/sinistra”. Come a scrivere che le posizioni parlamentari sono profondamente mutate e le “migrazioni” hanno fatto il resto. In ogni modo si giochino le “carte”, solo un accordo potrà spuntarla. Anche se non osiamo prevedere per quanto tempo. I non “allineati” avranno vita breve. Perché chi non si schiera non potrà mai assumersi delle responsabilità di governo. Qui non ci sono posizioni “astensionistiche” che possono sbilanciare i rapporti di potere. Piaccia o no, c’è la necessità di scegliere. O col “Centro/Destra” o col “Centro/Sinistra”. Quale sia, poi, la scelta migliore è come prevedere la carta buona al gioco delle tre tavolette. Se si riuscisse, almeno, a dare consistenza ad una nuova legge elettorale che non sia “parente” delle precedenti, allora si potrebbe anche ragionare. Certo è che, al momento, si sono dette più parole che palesato fatti. Ciò ci preoccupa e ci consiglia d’evitare il raffronto di posizioni privilegiate. Anche perché, secondo la nostra ottica, proprio non ne vediamo.
Giorgio Brignola