LA PENISOLA

Le settimane che ci separano dal 2014 saranno tutte “difficili”. Sia sotto il profilo politico, che su quello sociale. Del resto, le due variabili della realtà nazionale non s’incontrano più da tempo. Un dialogo tra le parti implicate sembra impossibile e non ci resta che tentare di vedere oltre le “nebbie”di un autunno anomalo e non solo dal punto di vista meteorologico. Intanto, Destra e Sinistra “corteggiano” un “Centro” che, nella realtà, non esiste. Se la politica tornasse alla normalità, si dovrebbe poter evidenziare una “maggioranza” ed un’”opposizione”. Invece, con questo Governo dalle larghe intese che, proprio, non vediamo, l’opposizione non si presenta nei ruoli che le dovrebbero spettare. Non è una questione di “meglio” o “peggio”; il problema resta un’innaturale rappresentatività socio/politica del Paese. Questa realtà, in verità assurda, non può essere sfuggita a nessuno. Però, c’è chi preferisce volgere altrove lo sguardo nell’attesa di tempi “migliori”. Quelli che, in definitiva, speriamo tutti. Chi dovrebbe essere l’artefice dei cambiamenti di programma e di rotta? Non c’è risposta. E’ da qualche anno che l’interrogativo resta tale perché se i “suonatori” sembrano cambiati, la musica è restata la stessa. Se la tendenza non dovesse cambiare, il futuro della Penisola potrebbe essere ancora più compromesso. Su questa tesi concordano tutti: ma nessuno s’è ancora impegnato a tentare, almeno, di modificarne gli effetti. Ora non è più una questione d’Esecutivo. Mancano le fondamenta su cui costruire nuove risorse. Entro il prossimo anno, senza troppi vaticini, dovrebbe essere modificata la legge elettorale ed alcuni “passaggi” costituzionali. Poi, al voto. Senza esitazioni. Con la premessa che chi avrà l’onere di preparare un nuovo assetto al Bel Paese sia, effettivamente, in grado di farlo. Non sarà più questione di “simpatie” o d’effetti mediatici: o si è all’altezza, o sarebbe meglio non tentare la partita. Fare politica dovrebbe tornare ad essere una questione seria. Come lo è stato nei primi decenni della Repubblica. Senza più “compromessi” di nessuna natura e con un programma chiaro per tutti. L’Italia può, e deve, risollevarsi. Le premesse per un Paese diverso ci sono ancora tutte. Manca, però, una coerente presa di posizione politica che sia capace di “reggere” alla naturale durata di un Governo che, in futuro, potrebbe essere preposto alla guida del Paese per un numero d’anni magari inferiori ai “canonici” cinque. Quando è necessario cambiare, non ci sono devono essere Santi. Per evitare il peggio, la Penisola dovrà darsi una ragione dei cambiamenti. Le “crisi”, che non sono mai da un’unica parte, sono deleterie per lo sviluppo della Nazione.

Giorgio Brignola

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