Dal 2002, in sostanza dal nostro ingresso un Euro Zona, s’è registrato un progressivo decremento del reddito nazionale. Nel primo semestre del corrente anno, si è evidenziato un rincaro del 9,2% sul costo della vita riferito allo stesso periodo del 2012. Per il 2014, sarà anche peggio. Questa situazione, che è delicata, dovrebbe essere di stimolo al Governo ed al Potere Legislativo per proporre una nuova via che non tenga solo conto delle pregresse esperienze ma, anche, dei plateali errori sul fronte economico ancora ai tempi della Lira. Solo gli economisti, magari non politicizzati, sapranno spiegarci, a tempo debito, i reali motivi di questo “sconquasso”. Per ora, hanno la meglio le linee di principio che non cambiano un bel nulla. Basta fare due conti in tasca propria per comprendere l’italico andazzo. Anche se lo abbiamo già scritto, confermiamo che sono venute meno quelle premesse indispensabili per farci sperare in tempi meno tribolati. La macchina Italia è ferma. Non si rilevano movimenti capaci d’indicarci una meta raggiungibile. Siamo nel “nulla” e ci rimaniamo. Per carità, nessun pessimismo, ma un sostanzioso realismo che dovrebbe essere assunto anche da chi gestisce la politica. I segnali di sofferenza economica potrebbero essere la premessa d’altre rovinose cadute. Meglio, quindi, non dimenticare i fenomeni settoriali che si rispecchiano anche a livello UE. In definitiva, l’Italia soffre di una forma atipica di mancanza di liquidità che ha bloccato, per paura, o mal celati interessi, la nostra economia che è tornata a livelli del secolo scorso. Forse, più che aspettare che la mano sia tesa, potrebbe essere opportuno tenderla. Un’articolata sinergia industriale e commerciale, allargata a livello internazionale, potrebbe, almeno, ridare “fiato” a chi vuole “correre”. Sicuramente, liquidità e produttività dovrebbero filare su binari paralleli ed alla stessa velocità. La formula ideale sarebbe: ridurre gli utili a fronte di un minor carico fiscale sul fatturato. In questo modo, il consumismo dovrebbe riavviarsi su parametri meno mortificanti. Invece, quei pochi che hanno preferiscono lasciare sepolti nelle banche i loro capitali. Col rischio che si svalutino; proprio perché non possono produrre ricchezza. Nonostante la Grand’Europa, l’Italia è ancora vincolata ad un sistema economico molto parco che non “vince” e non “perde, ma con parecchi risultati in “pareggio” non si va avanti. Tutto questo influenza negativamente gli ipotetici investitori d’oltre Alpe che preferisco indirizzare i loro interventi verso Paesi oggettivamente emergenti. Il “Benessere” ha un costo che l’Italia non si può più permettere di pagare. Perché si trova nelle condizioni d’essere più debitrice che creditrice. Come da parecchi decenni, ci mancano gli “economisti” e gli “statisti”. I politici, per validi che siano, sono tutt’altra cosa.
Giorgio Brignola