La responsabile dell' Italia Dei Diritti per l' Emilia Romagna: ” Un caso davvero delicato e drammatico, che merita tutta la nostra attenzione, l' allerta e la sensibilizzazione nei confronti della società civile, ma soprattutto l' impegno da parte di chi è chiamato a tutelare i diritti alla salute e al benessere di ciascun cittadino, facendosi carico, nelle proprie responsabilità, di chiarire definitivamente vicende tragiche come questa ed assicurare, come nel caso specifico, un futuro il più possibile sereno alla persona coinvolta”
Bologna, 28 ottobre 2013 – Enrica, una giovane studentessa ventisettenne di Pianoro, in provincia di Bologna, nel 2011 si era trasferita a San Francisco per frequentare la scuola di specializzazione in antropologia visuale presso la San Francisco State University. Il 6 agosto 2012, nel corso di un campo di ricerca organizzato dall' Ateneo americano in Tanzania, la ragazza è rimasta coinvolta in un grave incidente a bordo di una Toyota Prado omologata per sette, ma sulla quale vi erano invece nove persone. Enrica ha subito una paralisi della spina dorsale, mentre un' altra giovane ha addirittura perso la vita. A quanto si è appreso, due giorni prima di partire, e con il viaggio già pagato, la giovane di Pianoro ha posto la firma su una liberatoria, a causa della quale non vi sarà alcun risarcimento in merito alle operazioni subite dopo il tragico incidente, ovvero una alla colonna vertebrale e l' altra al cervello. Proprio in virtù della suddetta firma, l' Università americana ha allontanato ogni responsabilità e non vi è un solo studio legale californiano che accetti di occuparsi del caso della sfortunata ragazza tutelandone i diritti. Ricoverata a Nairobi dopo l' accaduto, Enrica è stata poi trasferita in Italia, con una cerebrolesione e la frattura della spina dorsale alta. Ha in seguito trascorso nove mesi presso il famoso centro riabilitativo di Montecatone, nell' imolese. A partire dalla fine di maggio dell' anno in corso, doveva essere spostata all' Albero Blu di Bologna, un centro di riabilitazione per disabili, ma all' ultimo minuto è stato tutto bloccato. L' assistente sociale dell' Ausl di San Lazzaro, che è responsabile per le cure della ragazza, ha di fatto espresso parere negativo, così Enrica è stata trasportata al Nigrisoli, sempre a Bologna. Lo zio della vittima, Giorgio Frabboni, ha al riguardo dichiarato: “La struttura non è adeguata alle esigenze di Enrica. Deve uscire tre volte per fare fisioterapia. Non c'è una stanza ricreativa. Per fortuna vengono tanti amici a trovarla, ma non è un posto adatto a lei”. Secondo lo zio, è probabile che il progetto concordato con medici, psicologi e assistenti sociali sia stato bloccato per motivi di carattere economico, in quanto le spese sostenute per Albero Blu sarebbero a carico del Comune di San Lazzaro. Intanto, all' uscita dall' Ospedale, la studentessa riceverà un assegno mensile di 800 euro, a fronte di una giovane vita spezzata. Lo zio Giorgio, ha deciso di pubblicare una petizione su facebook, con la speranza che la giustizia italiana faccia il suo corso e nel contempo l' Università americana risarcisca la ragazza. Questo perchè l' apposizione frettolosa di una firma a pochi giorni dalla partenza in Tanzania non le pregiudichi per sempre il futuro.
Luana Cinti, esponente dell' Italia Dei Diritti e responsabile per l' Emilia Romagna, in merito ha commentato: ” Un caso davvero delicato e drammatico, che merita tutta la nostra attenzione, l' allerta e la sensibilizzazione nei confronti della società civile, ma soprattutto l' impegno da parte di chi è chiamato a tutelare i diritti alla salute e al benessere di ciascun cittadino, facendosi carico, nelle proprie responsabilità, di chiarire definitivamente vicende tragiche come questa ed assicurare, come nel caso specifico, un futuro il più possibile sereno alla persona che suo malgrado si è trovata a vivere una esperienza come questa da poco resa nota. Siamo certamente di fronte ad una situazione che coinvolge necessariamente diversi attori, anche e in particolare sul piano internazionale, responsabilità precise ancora tutte da appurare in modo definitivo, e problematiche legate ai passaggi burocratici e valutazioni di tipo economico in merito alle cure da offrire necessariamente alla ragazza presso i centri riabilitativi, le quali non hanno fatto che ritardare e rendere ancor più intricata la questione, con evidenti ed immediati effetti negativi sulla possibilità che Enrica trovi nel breve termine le risposte che legittimamente domanda, ovvero trattamenti specifici e prolungati, riconosciuti ed erogati per diritto. Sicuramente le criticità legate direttamente alle sicurezza del mezzo utilizzato per il campo di ricerca in Tanzania, la correttezza e il contenuto stesso della liberatoria, sono state e saranno al centro delle valutazioni da effettuare per tentare di arrivare ad un chiarimento che sia il punto di partenza per un percorso di progressiva rinascita. Enrica sta vivendo una condizione drammatica che, per una serie di questioni ancora da risolvere, ma innanzitutto da comprendere, non le permette di vedere un futuro minimamente positivo, e di fatto il suo caso (come quello di tantissimi altri), rischia di rappresentare non soltanto la storia di un gravissimo danno subito, bensì una beffa, soprattutto alla luce del fatto che con un assegno di qualche centinaia di euro mensili, la sua vita non cambierà affatto, e anzi, potrebbe trasformarsi in un incubo, in un continuo ed inaccettabile salto ad ostacoli. Questa giovane e la sua famiglia non vanno lasciate sole, ma aiutate, con fermezza e continuità di intenti”.
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