Quando, nel 1960, c’è stata offerta l’opportunità di collaborare con la Redazione del mensile “Futuribile”, foglio di varia informazione diretto ai Connazionali all’estero, abbiamo accettato. Più per curiosità che per specifico convincimento. La Redazione, costituita da cinque elementi, tutti studenti, era animata da un ex Emigrato, con trentennale esperienza in Svizzera, che svolgeva l’attività di tipografo e, di conseguenza, stampava anche il nostro periodico. In numero di copie non l’abbiamo mai contato. Certo è che, per questioni logistiche e di spesa, il nostro impegno, a livello di volontariato, era circoscritto solo al Vecchio Continente che, tra l’altro, stava superando il numero di Connazionali oltre confine rispetto alle Americhe. Da allora, non abbiamo più smesso la cura di un giornalismo che, nella maggior parte dei casi, è restato a livello informativo. Quello d’opinione, certamente più gratificante, lo abbiamo sempre lasciato ad altri. Indubbiamente più preparati e politicamente indottrinati. Dopo circa 53 anni al servizio degli italiani in Europa, pur con qualche “uscita” anche in Nord America, l’Emigrazione italiana s’è evoluta. Più per necessità, che per oggettiva convinzione. In Europa non ci sono più “Emigranti”: La libera circolazione d’esseri umani in UE è una realtà, ormai, storica. Oggi, solo ci si “sposta”. Il motivo, però, è rimasto immutato: La necessità di lavorare per sopravvivere. L’Italia, pur con la sua storia, non è stata mai in grado di mantenere tutti i suoi Figli. Chi non è andato all’estero, è stato oggetto di una Migrazione interna che, almeno per un decennio, non è stata meno dolorosa di quella d’oltre confine. Dall’anno del nostro incontro con la realtà Migrante, si sono succedute almeno due Generazioni d’Italiani all’estero. La terza, in via di sviluppo, sarà la prima d’italiani solo sotto il profilo della cittadinanza. Sempre per chi l’ha voluta mantenere. Il termine “oriundo” è tornato d’uso pratico. Questa terza Generazione ha più interessi socio/culturali con il Paese ospite che con quello d’origine dei genitori e dei nonni. L’integrazione, gran panacea di tanti mali, ha fatto il suo corso. Meglio così per tutti. Certo è che, al tramonto dei primi 13 anni del Nuovo Millennio, la realtà degli italiani all’estero non ha più affinità con quella che aveva salutato, da oltre confine, il primo numero del “Futuribile”. Proprio per la nostra esperienza in merito, che ha girato la boa del mezzo secolo, riteniamo che la “nuova” emigrazione, quella dei “colletti bianchi”, dei tecnici, sia più variegata di quella che abbiamo analizzato nella seconda metà del secolo scorso. Solo un aspetto, a parer nostro, è rimasto immutato: la voglia di lavorare. La Penisola, come tanti anni fa, non è in grado di garantire un futuro vivibile a tutti i suoi Figli. In questa sede, le motivazioni, anche quelle politiche, non avrebbero pregio. L’estero, fortunatamente quello vicino, consente di riacquistare la speranza. Il “Futuribile” chiudeva la pubblicazione nel 1966. L’Emigrazione, magari con difforme nome, continua.
Giorgio Brignola