IL COSTO DEL LAVORO

In Italia, la disamina sul costo del lavoro resta un dialogo tra “sordi”. Eppure, dati i tempi, la questione dovrà essere affrontata, e risolta, in tempi brevi. Infatti, il costo del lavoro è correlato alla produttività e, quest’ultima, alla competitività internazionale. In altri termini, il prezzo di un prodotto finito è determinato da quanto è cosato all’imprenditore, alle materie prime utilizzate ed ai tempi di produzione. Una linea d’intesa sul vitale progetto”lavoro”, inteso come occupazione, si ha, di conseguenza, da trovare entro fine anno. Premesso che i salari italiani, quando ancora ci sono, sono tra i più contenuti nell’area UE, per tentare di ridare al Bel Paese competitività sui mercati è necessario trovare una linea d’intesa tra datori di lavoro e lavoratori. Come a scrivere che nell’imminente Legge di Stabilità c’è da tenere in maggiore considerazione il divario tra l’utile ed il necessario. Ogni, ulteriore, diversità potrebbe portarci ad un altro “flop” della nostra precaria economia. In meno di 100 giorni dal fine anno, l’Esecutivo dovrà trovare un accordo che consenta, tra l’altro, la ripresa nazionale. Per ottenere risultati “visibili” e “vivibili” è importante ridurre il carico fiscale e previdenziale sui redditi da lavoro e favorire la libera iniziativa tramite un’esenzione impositiva almeno quinquennale. Ogni raffronto con la realtà lavorativa ed occupazione negli altri Paesi UE evidenzia che da noi le retribuzioni ( al netto d’imposta) sono d’almeno il 6% inferiori di quelle percepite dagli altri lavoratori in area comunitaria. In pratica, per avere un uniforme livello di vita nel Bel Paese si deve spendere di più o consumare di meno. Del resto, il 2013 terminerà con un’inflazione interna non inferiore al 2% e con un Prodotto Interno Lordo (PIL) sempre in area negativa. Maggiori costi, però, non sono compensati da un aumento della produzione. S’esporta sempre di meno e le importazioni ne risentono proprio perché legate, a doppia mandata, con le prime. Per evitare un tracollo, sempre più prevedibile, l’unica strada resta quella della diminuzione, a tutto campo, degli oneri fiscali a carico del lavoratore ed incentivi per favorire nuova occupazione. Il tutto tenendo in debito conto le dinamiche aziendali e favorendo l’esportazione anche nei Paesi fuori dell’Area Euro. Solo ponende freno alla disoccupazione ed ai licenziamenti sarà possibile incoraggiare quella ripresa che, per ora, resta solo sulla carta. Il costo del lavoro può essere manovrato per ridare fiducia agli investitori. Non ci sono altre possibilità: o il volano della produttività si rimette in moto, o la recessione potrebbe trasformarsi in perniciosa. Il tracollo dello Stivale resta, in ogni caso, dietro l’angolo.

Giorgio Brignola

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