Almeno per questa volta, lasciamo stare il caos politico che è figlio di chi ci governa, ma anche di chi lo vorrebbe fare. Andiamo al concreto. E’ meglio per tutti. Il detto: “Tutto il mondo è paese”, non è più applicabile in Italia. Almeno non lo è sotto il profilo dei rincari già previsti per l’imminente autunno e con particolare riferimento ai generi alimentari. Da tempo, la penisola è interessata da aumenti sul fronte del vitto che non hanno eguali in UE. Come a scrivere che, tra poche settimane, la spesa quotidiana costerà di più. Il bilancio familiare, già compromesso dalla crisi occupazionale, si farà ancor più pesante. Una proiezione su quanto ci costerà “vivere” potrà essere d’aiuto per comprendere quanto il “piatto piange”. Prima della fine di questo tribolato 2013, la spesa, accessori compresi ( detersivi, condimenti, servizi, ecc.) andrà a rincarare del 9%. Ma, dato che non si vive di solo pane, sono anche previsti rincari sulle imposizioni dirette ed indirette. Far quadrare il magro bilancio familiare sarà più difficile. Anche se c’è chi ha il coraggio d’affermare che stiamo uscendo dal “tunnel” della recessione. Sarà. Intanto l’economia spicciola, che è quella che non risparmia nessuno, s’è fatta più “problematica”. A nostro avviso, l’attenzione sembra essere solo diretta alla precaria situazione politica del Bel Paese. Peccato che le buone parole ed i progetti disattesi non abbiano mai sfamato nessuno. Neppure quelli che, spudoratamente, “tirano il sasso e nascondono il braccio”. Non ci sono, infatti, prospetti per contenere il caro vita e tutto è lasciato al buon senso degli italiani che di sacrifici, a fondo perduto, ne hanno già fatti molti. Eppure, da noi i rincari colpiscono, percentualmente, il necessario. Mai il superfluo. In pratica tutto quello di cui si può fare a meno. Dall’entrata in vigore della moneta unica, piaccia o no, i rincari dei generi di prima necessità hanno sforato il tetto del 30%. Ora è inutile chiederci il perché. La questione era, e rimane, squisitamente politica. Ed è meglio non dimenticare che chi ne fa parte, o ne ha fatto parte, non ha mai rinunciato di spingere “l’acqua al proprio mulino”. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Saranno cambiati i simboli dei partiti, ma l’essenza di quest’innegabile realtà non ha subito evoluzioni di sorta. Almeno per i fatti che realmente contano. Le certezze sul nostro futuro restano ben poche. Di sicuro s’è registrato un progressivo impoverimento per l’indispensabile e la forzata imposizione ad ipotecare il nostro futuro. Soprattutto quello delle nuove generazioni. Mancando un equilibrio tra ciò che si può spendere ed il necessario per tirare avanti, resta l’incertezza per il “giorno dopo”. Su questa linea, riteniamo di non essere una voce stonata tra il coro degli scontenti e dei pentiti d’aver dato fiducia a chi ha dimostrato di non meritarla. Tra circa cento venti giorni, anche il 2013 vedrà il tramonto. Dopo l’autunno “caro”, sarà la volta dell’inverno “freddo”. Questo lo scenario che andrà a salutare il 2014. Anno ancora in “salita”.
Giorgio Brignola